Spettatore alle Atp, un’esperienza coinvolgente

Arrivo all’Inalpi Arena verso sera. Torino é avvolta in una leggera foschia e pioviggina. La sensazione di spaesamento e di non luogo, così efficacemente descritta da Marc Augé, mi avvolge l’animo.
Ho quattro ore davanti a me e mi dicono che la partita in programma é Auger-Aliassime contro Zeverev, quarto di finale delle Atp Finals. Passo quattro filtri di controllo all’entrata per la sicurezza, di questi tempi non si sa mai. Gente da ogni parte del mondo. Un via vai continuo e dopo una gimcana tra la folla, riesco a trovare il mio posto a sedere. Tribuna laterale lato corto del campo. Si vedono bene i colpi e i giocatori.Inizia il programma con il doppio.
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I britannici Joe Salisbury e Neal Skupski hanno vinto contro Evan King e Christian Harrison statunitensi, e accedono quindi alle semifinali dei primi del mondo.
Il doppio diverte, servizi angolati e pieni di kick, volée e passanti veloci e fulminei. I giocatori si toccano le mani ripetutamente tra un colpo e l’ altro, in segno di intesa, come nella pallavolo. Il record Atp di vittorie nel doppio, mi dice un mega tabellone in entrata è ancora saldamente in mano al duo Fleming-McEnroe, sette vittorie consecutive dal 1978 al 1984. Inarrivabili.
Ho vicino un anziano appassionato, che commenta saltuariamente, ma capisco che se ne intende. Salvo il campo tutta l’arena é avvolta dall’ombra, per creare  un contrasto di illuminazione favorevole alle telecamere. Ma che aliena la chiara percezione del pubblico. Esco vado al bar per una birra e incontro il mio maestro di tennis Roberto Bellotti valenzano, con la figlia Alessia campionessa giovanile plurititolata, all’Inalpi Arena per uno stage di formazione professionale di una settimana, che la avvierà all’insegnamento del tennis. Ritorno al mio posto stanno entrando Zeverev e Aliassime, il primo ex sovietico naturalizzato tedesco, il secondo rivelazione canadese dell’anno.
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Palleggi di riscaldamento e via. La partita viene vinta dal canadese di colore (6-4/7-6) sul russo-tedesco dopo un primo e secondo set giocati alla pari, dove piú che i colpi vincenti a segnare il punteggio tra i due, sono stati gli errori non forzati e i punti determinanti regalati all’avversario. Applausi, fischi, cartelli innalzati con frasi di tifosi indirizzati ai propri beniamini. Qualcuno richiamato dal giudice di sedia, per uso del flash, qualcun altro per mancanza di rispetto al silenzio di gioco. Ritorno a osservare il match.
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Non dico siano dei ‘cinghiali professori di matematica’ come avrebbe detto Fabrizio De Andrè, ma sicuramente due coniugazioni di calcolo razionale e soluzione estemporanea, con pregiate soluzioni tecnico tattiche da primi dieci del mondo. Niente a che vedere con Sinner e Alcaraz, probabili finalisti domenica. Confidando che classifiche avulse dalla sua, l’astro di San Candido possa rimanere sul tetto del mondo. Vai pel di carota! Finisce la partita si chiudono le luci il pubblico fluisce verso le uscite e io con loro.Tra me e me mi dico:
“Speriamo che questa struttura non divenga dopo le Finals di Torino la solita cattedrale nel deserto”.Se ne sappia fare buon uso.
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Aldo Colonna
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