Pubblicità regresso

Chi di noi non ricorda le campagna di “Pubblicità e progresso” che, a partire dal 1971, hanno diffuso comunicazione persuasiva in ambito sociale?

Campagne destinate a vari aspetti del sociale, dalla Giornata nazionale della memoria e dell’impegno alla Colletta alimentare, da Conosciamo la Sindrome di Tourette a Giallo plasma per citarne solo una ridottissima parte, hanno portato a conoscenza di molti alcuni problemi della nostra società suggerendo come intervenire, come poter contribuire alla loro soluzione.

Di recente, tuttavia, i media tanto cartacei quanto radiotelevisivi sembrano aver invertito la tendenza, portando a conoscenza del pubblico solo alcuni eventi, per la quasi totalità negativi, impedendo alla comunità persuasiva di indirizzo sociale di produrre i suoi frutti.

Mi riferisco, ad esempio, ai TG che dedicano la maggior parte della programmazione serale (l’ora con maggior audience) a stragi, guerre, omicidi efferati, terremoti e ciò che di peggio sia successo di recente; è evidente, poi, che l’audience dei vari TG sia in calo (fonte il Sole 24ore, settembre 2025).

Non intendo dire che i media non debbano occuparsi di tali notizie, anzi, il diritto di cronaca è sacrosanto, ma se le campagne di cui sopra richiamano sottoscrittori e questi, poi, non vengono adeguatamente informati sui risultati ottenuti grazie al loro contributo, si rischia di vanificare l’intera campagna.

Presi come siamo in un vortice di impegni, notizie, scadenze, ecc. è evidente che quasi nessuno di noi riesca a seguire direttamente, ad esempio sul sito di questa fondazione o quell’associazione di ricerca o quell’ente no profit, quale sia stato il raccolto di una campagna, o il risultato di una ricerca reso possibile grazie a tutti i soci.

Ecco che lì i media avrebbero, e sicuramente possono avere, un ruolo primario nella diffusione della campagna, dei risultati e nella conseguente adesione ad ogni campagna successiva dei soci finanziatori.

Si parla tanto di volontariato ma, a detta di moltissime associazioni, specie tra i più giovani l’adesione al volontariato è in calo, complici l’asocialità di molti di essi, uno stile di vita che non consente di essere performanti fino al tardo pomeriggio, la scelta di dedicare il proprio tempo ad attività passive anziché di aiuto al prossimo.

Appare, dunque, evidente come i media di ogni genere (social, radio e TV, carta stampata, affissione stradale, camion vela e altro) abbiano un ruolo fondamentale nel prima, durante e dopo: campagna di sensibilizzazione e raccolta, comunicazioni sull’andamento, comunicazione dei risultati economici e sanitari o sociali della campagna (acquistati 1 milione di vaccini, inviato 100 mila razioni di cibo, ecc).

Credo fortemente che ogni impresa, particolarmente se operante nella comunicazione, non possa e non debba sottovalutare l’aspetto etico: va bene realizzare profitti, è la naturale missione di un’impresa, ma rinunciare ad una minima parte di profitto per favorire la comunicazione persuasiva di tipo sociale (ad esempio applicando tariffe di favore) sono sicuro non sia un dovere menoimportante.

Direttori del marketing, direttori di testata, webmasters e chiunque si occupi della comunicazione su un mezzo di informazione dovrebbe tener presente questo gap nella comunicazione: forse non aumenterebbe la tiratura o l’audience, sicuramente renderebbe un servizio alla società e, perché no, in alcuni casi aumenterebbe la vendita di spazi pubblicitari.

Sergio Motta

Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articolo Precedente

Manutenzione straordinaria per quattro ponti cittadini

Articolo Successivo

Esperti per il Piemonte, la Regione a fianco degli Enti locali

Recenti:

IL METEO E' OFFERTO DA

Auto Crocetta