Con la personale “Domani torno”, visitabile dal 30 ottobre al 22 marzo 2026
“Domani torno” è la più ampia personale che sia stata dedicata a Enrico David, nato ad Ancona nel 1966, la più importante delle mostre realizzate in Italia. I suoi lavori sono stati esposti maggiormente all’estero, dove vive e opera da circa quarant’anni, che in patria, dove spiccano le sue partecipazione alla Biennale d’Arte di Venezia. Curata da Marianna Vecellio, la mostra include oltre 80 opere in un percorso articolato attorno a sei grandi ambienti, che rappresentano altrettanti pilastri della produzione creativa dell’artista, ripensati in una nuova installazione.
L’ampia retrospettiva dà conto di tre decenni di pratica artistica, un bagaglio che si raccoglie intorno a linguaggi rappresentati da un percorso non cronologico che mescola passato e presente, sperimentazioni e grandi installazioni, materiali e strumenti espressivi, immergendo il pubblico in un viaggio quasi nevrotico, a tratti isterico intorno a territori che sfiorano il carnevalesco, il grottesco, il teatro e il folklore.
L’allestimento, progettato dall’artista nella Manica Lunga del Castello, si snoda attorno a “Madreperlage”, prima grande installazione creata per la personale dedicata a David nella galleria Cabinet di Londra, nel 2003; “Ultra Paste” è stata esposta all’Institute of Contemporary Art di Londra nel 2007; “Absuction Cardigan” è stata selezionata nella short list per il Turner Prize 2009, ed esposta alla Tate Britain in quella occasione; “Tutto il resto spegnere” è parte del lavoro esposto al padiglione Italia della 58esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia nel 2019.
Si tratta di quattro opere che sono simboliche rappresentazioni dei pilastri angolari di una dimora costruita al termine di un viaggio di ritorno, il celebre “Nostos” greco ideale. Il percorso della mostra si snoda in una successione di fermo immagini, quasi dei fotogrammi onirici, con funzione a volte teatrale, altre quasi rituale, funeraria e religiosa, che si legano sempre alla scena madre della vita dell’artista, ossia la morte improvvisa del padre nel corso di una cena, quando David era ancora adolescente. Partendo dalle origini ad Ancona, seguite dal trasferimento a Londra nella metà degli anni Ottanta, la mostra segue la nascita di una pratica fondata sulla ricerca di uno spazio linguistico in cui esistere . Questo spazio si ritrova, non a caso, in un altro riferimento al mondo paterno: l’allestimento. La messa in scena evoca infatti l’atmosfera delle fiere campionarie negli anni Settanta, che l’artista frequentava da bambino con il padre, attraverso l’utilizzo di elementi sospesi, tra l’oggetto e l’opera d’arte, pedane da esposizioni, arazzi e quadri rotanti. Un invito a immaginare un “mondo altro” rispetto a quello in cui siamo immersi. Partendo da opere esili, si arriva a sculture realizzate con i materiali più disparati, tra cui il gesso artificiale. Tutte le sue opere partono dal disegno, inteso come l’armatura che tiene la scultura. Il contatto quotidiano, nell’adolescenza, con le maestranze artigiane dell’azienda paterna, dove si realizzavano mobili di design, ha influenzato il lavoro di David. La manualità nutre il suo retroterra, e trova espressione nella sua opera attraverso una molteplicità di strumenti: dall’art nouveau alle brochures, dall’uso delle arti applicate al gesamtkunstwerk.
Oltre a lavori già noti come “Trenches Reason”(Trincee della Ragione, 2021), “Le bave” (Solar Anus, 2023), “Aurora” (2014-2024) e “Racket II”(2017) sono presenti nuove opere, una particolarmente significativa, “Il centro dei miei occhi è 160”(1995-2025), non a caso posta all’inizio dell’esposizione, un quinto elemento a completamento di quattro pilastri e che si integra con uno di essi: l’immagine di una donna in neon, esplicito richiamo al nome dell’azienda paterna, la Neon Ancona, che si affianca a “Ultra Paste”, riproposizione in chiave surreale di un ambiente domestico, ossia la cameretta da bambino, che realizzò il padre per lui, riprodotto in tinta verde smeraldo e con un letto a ribaltina, abitato da un ragazzo ritratto di spalle.
In dialogo con i lavori di David, sei opere provenienti dalla collezione di Villa Cerruti, tra cui un Giorgio De Chirico.
“Se in un modo dominato dalle tecnologie digitali – afferma la curatrice Marianna Vecellio – in cui l’IA stabilisce il nuovo confine umano, le opere di Enrico David esprimono una resistenza assoluta alla decodificazione, sono altrettanto un elogio del corpo fisico, materiale e dell’esperienza del singolo. Quello che stiamo vivendo oggi è erosione dell’immaginazione. Di fronte a noi, ostaggi della digitalizzazione, la mostra di David è la celebrazione dell’immaginario”.
“Rifletto spesso sul ruolo dell’immaginazione – osserva Enrico David in un dialogo con Francesco Manacorda – e sulla responsabilità che abbiamo di salvaguardarla come un sacrosanto diritto. Potrei dire che il soggetto unificante del lavoro sia l’autorità, che come artista ho il compito di mantenere il massimo controllo della mia immaginazione”.
La mostra sarà anche l’occasione per presentare in Italia l’opera “Il centro dei miei occhi è 160”(1995-2025), prodotta dal Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea in collaborazione con la Kunsthaus Zürich, grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, nell’ambito del programma “Italia Council 2025”.
Info: Castello di Rivoli – piazza Mafalda, Rivoli / info@castellodirivoli.org / tel: 011 9565222
Orari d’apertura: mercoledì-venerdì 10/17 – sabato, domenica e festivi dalle 11 alle 18
Mara Martellotta
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