L’ipertrofia dell’ego

A chi non è capitato di incontrare persone che si consideravano Dio e, invece, erano poco più di un manichino che respira?

Periodicamente cerco nuove modelle per i corsi di fotografia che organizzo annualmente e, talvolta, anche fotografi per affiancarmi in alcune attività.

Ed ecco che, tra le molte schede visionate, salta sempre fuori la top model “due camere e cucina” che mette subito le cose in chiaro: “Ho iniziato a posare da poco ed ho ancora molto da imparare. Non poso in TF (sistema di collaborazione dove fotografo e modella lavorano entrambi gratuitamente a vantaggio reciproco, NdA) ma poiché sta diventando un lavoro chiedo di essere retribuita.”

A parte il fatto che dovrebbero mettere almeno alcune foto descrittive del genere che intendono trattare (fashion, glamour, nudo, gothic), per quale motivo uno dovrebbe rischiare fotografando chi non possiede capacità professionali anziché andare sul sicuro con modelle di provata esperienza?

Una volta contattai una di queste non-modelle che nella scheda aveva tre foto, di pessima qualità, e pochissime note personali: le scrissi chiedendo quali esperienze avesse maturato e se potesse inviarmi almeno altre 2-3 immagini dove si vedesse meglio il viso e la figura intera.

La risposta fu sintomatica del disagio mentale che questa ragazza stava attraversando: “Le foto le mando a chi dico io, se ho scritto che sono carina devi fidarti. Per privacy non posso diffondere le mie esperienze.”

Chissà se avrà mai lavorato in seguito?

Allo stesso modo altre modelle, agli inizi della loro “carriera” precisano subito che trattandosi di lavoro effettuano soltanto servizi retribuiti, salvo contraddirsi scrivendo di aver scattato, poche volte, e solo con fotoamatori.

O, ciliegina sulla torta, quando precisano che posano solo dietro compenso ma non rilasciano liberatoria, il che significa che scatto, mi guardo le foto e penso quanto io sia fortunato ad averla potuta fotografare, peccato però non poterla mostrare né usare per lavoro.

E’ palese che molte, troppe, fanciulle pensano che posare per professione sia divertente, gratificante, al contrario del lavoro impiegatizio o della cassiera, faticoso, mal retribuito, a sopportare i malumori dei clienti.

Non pensano, nella loro superficialità, che essere modella di professione sia uno dei lavori più faticosi se svolto bene e se hai la fortuna di diventare qualcuno: tralasciando le modelle che viaggiano nei vari continenti che hanno problemi di jet lag, di lingua, di doversi adattare a clima e alimentazione diversa, anche una modella nostrana deve fare sacrifici continui.

Non fare tardi la notte se l’indomani ha uno shooting, altrimenti sarà distrutta, non bere né mangiare in eccesso se no addio linea, rinunciare a feste, viaggi e feste in famiglia se ti chiamano per posare.

Stiamo parlando di modelle vere, quelle che hanno studiato pose, comunicazione prossemica, che sanno recitare con la mimica; per le altre il selfie allo specchio del bagno è già tanto.

Ma finché ci saranno sedicenti fotografi che scattano con ogni essere che respiri, ci saranno non-modelle che si ritengono bellissime, simpatiche, professionali e che sono in grado di rifiutare il fotografo.

Dulcis in fundo le modelle che citano categoricamente i generi trattati (praticamente tutti quelli “non proibiti”) precisando di non chiedere altro. Salvo poi aggiungere “per quanto non indicato scrivere in privato”.

Sergio Motta

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