Il Bikini, l’invenzione audace che segnò un’epoca

LUIS REARD FU ARTEFICE DI UN FATTO SOCIALE RIVOLUZIONARIO.

Oggi per ognuna di noi, almeno nella parte occidentale del mondo, e’ consuetudine entrare in un negozio ed acquistare un bikini; ne esistono di diverse fogge che consentono di mostrare il corpo secondo i propri gusti e le proprie abitudini e soprattutto senza dover essere giudicate.

Una volta non era cosi’ semplice e accettato e senza tornare indietro nel lontano 1800, periodo in cui le signore andavano in spiaggia con vestiti e ombrellino, e’ noto che nei primi anni del ‘900 si potevano scoprire solo polpacci e braccia e che solo dal 1920, con l’avvento della moda dell’abbronzatura, si inizio’ a svestire le spalle e parte delle gambe, ma l’ombelico no, restava tabu’! Le norme che regolavano l’abbigliamento femminile in spiaggia, e non solo, erano parte di un “pacchetto” sociale e morale che prevedeva una sorta di sorveglianza per cui una donna doveva risultare sobria e riservata; anche la religione, soprattutto quelle cattolica e protestante, ebbero un importante ruolo considerato che condannavano la nudita’ del corpo, anche parziale. Inoltre diverse classe sociali storiche davano sostegno a questa sorta di precetto, soprattutto la buona borghesia che teneva molto alla buona educazione e alla “serieta’”; la pena per eventuali trasgressioni era una sostanziosa gogna sociale.

Il 5 luglio del 1946 avvenne’ il miracolo, un avvenimento liberatorio, sia per tutte quelle donne che in spiaggia in passato avevano patito il caldo, la pesantezza dei tessuti, la pressione della comunita’ senza possibilita’ di appello, ma soprattutto in favore di quelle che non avrebbero piu’ dovuto sopportare questo supplizio: Luis Reard invento’ il bikini, il due pezzi che scopriva quasi tutto il corpo interrompendo anni di censura e di costrizione.

Ma perche’ si chiama proprio bikini? Ecco la spiegazione: l’inventore, non uno stilista, ma incredibilmente un ingegnere meccanico, prese il nome dall’atollo di Bikini nelle Isole Marshall, dove pochi giorni prima erano stati condotti esperimenti dagli USA, per suggerire che il nuovo costume sarebbe stato una “bomba culturale”. Ed effettivamente lo fu.

In un primo momento il nuovo e “indecente” costume da bagno fu demonizzato dalla Chiesa e negli Stati Uniti ne fu vietata perfino la vendita. Ma come ogni cosa che viene vietata, o che diventa tema di dibattito pubblico, e grazie alla sfida audace di diverse attrici, per esempio Brigitte Bardot e Marilyn Monroe, che decisero di indossarlo, il bikini divenne un oggetto di desiderio, le donne lo volevano. Negli anni ’60 e ’70, periodo che vedeva il crescere del femminismo e della rivoluzione sessuale, il due pezzi si trasformo’ in un simbolo di liberta’. Indossarlo non era solo un gesto di seduzione, ma di autodeterminazione e di espressione individuale. Reard creo’ non solo un costume da bagno comodo e piu’ adatto alla spiaggia, ma una vera icona del cambiamento sociale e dell’emancipazione femminile. Fu una azione coraggiosa, da molti considerata scandalosa, ma alla fine divento’ “normale”, legittimo e simbolo di una trasformazione di cui oggi le donne devono andare fiere.

Non serve una morale, ma e’ necessario ricordare che i diritti acquisiti sono frutto di anni di dibattiti, di battaglie, di coraggio e di fermezza. Tante donne hanno lottato per la liberta’, moltissime sono scese in piazza per manifestare a favore di diritti importanti che non potranno essere mai e poi mai messi in discussione.

MARIA LA BARBERA

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