Un convegno a lui dedicato presso il Palazzo di Giustizia di Torino che porta il suo nome: la sua figura, il suo operato
Era il 26 Giugno del 1983, una calda domenica di inizio estate nella quieta precollina torinese ed erano ormai le 23,30 di quel giorno di elezioni nel capoluogo piemontese. La giornata volgeva al termine e la notte precollinare venne percorsa da alcuni spari, secchi, mirati, di quelli che non lasciano scampo. In quella bella strada elegante e silenziosa che dai grandi corsi sul Po sale tranquilla verso il Monte dei Cappuccini, da un auto, una 128 Fiat, due uomini spararono alcuni colpi colpendo a morte il Procuratore Capo di Torino Bruno Caccia, mentre portava a spasso il suo cane al termine di una giornata finalmente in relax trascorsa con la sua famiglia. E’ questa la cronaca di un omicidio efferato, il primo avvenuto ai danni di un magistrato ucciso dalla mafia nel Nord Italia come ha detto anche la figlia Paola che con la sorella Cristina hanno rievocato la figura del loro indimenticabile padre nell’anniversario del suo omicidio di cui ancora oggi dopo più di quarant’anni sono tante le ombre ed altrettante le domande senza risposta che ancora l’accompagnano. Proprio nella ricorrenza della sua morte, a quarantadue anni di distanza, nella sua Torino che per molto tempo lo ha quasi dimenticato, è stato commemorato questo grande uomo, magistrato integerrimo, nell’aula Casalbore presso il Palazzo di Giustizia, nel centralissimo Corso Vittorio Emanuele, luogo più che mai commemorativo poiché porta il suo nome. L’evento “ Bruno Caccia, un solo intento: perseguire il pubblico interesse “, ha visto la partecipazione della famiglia, di amici, magistrati, esponenti di quel complesso mondo che è stato quello elettivo di Bruno Caccia, oltre a giornalisti ed a quanti hanno inteso partecipare a questo momento importante aperto a tutti i cittadini. L’iniziativa a suo ricordo è stata promossa, con la partecipazione del Movimento Agende Rosse, da “ Libera ” , l’Associazione di promozione sociale presieduta da Don Luigi Ciotti che non è soltanto impegnata contro la corruzione, la criminalità ed ogni forma di ingiustizia ma anche a favorire e promuovere la verità, la giustizia sociale, la tutela dei diritti. Maria Josè Fava del Direttivo Nazionale ha ricordato la figura di Bruno Caccia come uomo, padre e magistrato mentre il Procuratore generale di Torino la Dott.ssa Lucia Musti ha sottolineato l’importanza del ricordo come dovere per sviluppare la crescita collettiva ed anche per diffondere un validissimo modello per i nuovi giovani magistrati. Per la figlia Cristina la speranza che il ricordo del padre e questo convegno a lui dedicato siano importanti riferimenti perché studiando il passato si possano evitare in futuro simili tragedie.
Nella seconda parte si sono avvicendati alcuni relatori molto noti: il Dottor Giancarlo Caselli ex Procuratore generale che ai tempi dell’assassinio del Procuratore Caccia ricopriva l’incarico di giudice istruttore ed erano sempre a stretto contatto tra loro, ha parlato di una Torino, quella di allora, che viveva in un difficilissimo clima di terrorismo, omicidi, corruzione, criminalità organizzata, tratteggiando con queste parole la figura di Bruno Caccia : “ era una di quelle persone che non vengono a patti con la criminalità, scrupolosissimo non faceva sconti a nessuno e seguiva la strada segnata dall’articolo 101 della Costituzione italiana “ . Questa la figura di uomo e magistrato incorruttibile, tutto d’un pezzo, schivo, un esempio ieri come oggi quello che coralmente è apparso da questo importante incontro e che il legale dei figli del Magistrato, l’Avvocato Fabio Repici, ha sottolineato con forza. Ben si sa che la morte violenta del proprio padre è un evento che non può che marchiare a fuoco le vite dei figli protesi sempre a raggiungere la verità quasi per un dovere verso quel padre a loro strappato con brutale violenza. Alla Figlia Paola la conclusione dell’incontro in cui ha puntato l’attenzione sulla scarsa e soltanto parziale verità dei fatti che ha accompagnato questi lunghi quarantadue anni nella speranza che le molte lacune ancora esistenti sulla vicenda possano essere colmate e che quella pesante sensazione di oscurità possa lasciare il posto alla luce della verità nella sua totalità.
Patrizia Foresto