SOMMARIO: Parri presidente del Consiglio nel 1945 – Il referendum e la democrazia plebiscitaria – I fondi per le strade non si toccano – Lettere

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Parri presidente del Consiglio nel 1945
Sono passati 80 anni da quando, dal giugno 1945 al dicembre dello stesso anno, Ferruccio Parri fu presidente del Consiglio dei Ministri. Furono il PLI e il ministro liberale dei Lavori Pubblici Leone Cattani a sfiduciarlo, perché il suo governo più che portare il Vento del Nord a Roma, non riusciva neppure a mantenere l’ordine pubblico, preoccupato solo di realizzare una massiccia epurazione sommaria dopo il 25 aprile. Non discuto Parri nel suo insieme perché alcuni aspetti della sua vita meritano rispetto e anche ammirazione. Ma come capo del Governo fu assolutamente negativo anche per le persone che portò con sé: esponenti del Partito d’Azione fanatici e fuori dalla realtà. Parri non volle capire che la guerra civile era finita e che bisognava voltare pagina. Lo compresero De Gasperi e lo stesso Togliatti che nel 1946 promosse l’amnistia per i crimini dal ‘43 al ‘45.

Parri si distinse per il suo giacobinismo velleitario e nel ‘53 fu contro la legge maggioritaria considerata dai comunisti una “truffa”, contribuendo così all’ ingovernabilità che il premio di maggioranza avrebbe evitato. Nel ‘68 fu il promotore degli indipendenti di sinistra eletti dal PCI, quelli che Lucio Libertini definiva “indipendenti da tutto salvo che dal PCI” come mi disse con sincerità una volta che parlammo di Antonicelli. Indubbiamente un bel cammino per un mazziniano che fu interventista e ufficiale di Stato Maggiore durante la Grande Guerra. Gianni Dolino me lo volle far conoscere e ne trassi più o meno l’opinione di un vecchio che ripeteva un disco rotto. Non lo scrissi, anzi quando morì feci un pezzo di elogio che oggi disconosco quasi totalmente. Lo studio della storia mi ha fatto cambiare idea sul mitico “Maurizio” della Resistenza. Solo uno come Sogno poté rischiare la vita per liberarlo. E mi ha sempre sorpreso molto la sua sepoltura a Staglieno accanto alla tomba di Giuseppe Mazzini. Con dileggio volgare il fondatore dell’”Uomo qualunque “Giannini, storpiandone il nome e il cognome, scrisse “Fessuccio Parmi”, un’espressione triviale che rivela il gusto sguaiato di una certa destra populista del dopo guerra. Una citazione che rende bene l’idea dello scontro politico, ridotto a vile attacco personale, nell’Italia di allora. Anche i fascisti e i comunisti amavano storpiare i cognomi per dare più vigore alla loro vis polemica.
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Il referendum e la democrazia plebiscitaria
Il non voto al referendum è legittimo perché la Costituzione contempla un quorum (50 % +1 dei votanti) senza il raggiungimento del quale esso è nullo. Chi dice il contrario non è in buona fede, esprime un giudizio partigiano che nega la stessa Costituzione. Sono semplificazioni manichee dei cosi’ detti attivisti, una parola che mi provoca l’orticaria: gli intellettuali non possono essere degli attivisti. Lo stesso Mattarella che è un giurista di vaglia, nel 1999, quando era vicepresidente di D’Alema, disse che le opzioni erano 4: votare, non votare, votare sì o votare no. La stessa raccolta di appena 500mila firme per indire un referendum appare oggi insufficiente per evitare un referendum voluto da esigue minoranze.

Mezzo milione è oggi una cifra ridicola rispetto al 1948 ,quando venne varata la Costituzione. La possibilità di raccogliere le firme attraverso internet ha reso infatti troppo facile un possibile uso improprio e strumentale del referendum per raggiungere effetti politici che vanno oltre il quesito referendario. La democrazia diretta è importante, ma le leggi sono e devono tornare ad essere competenza prioritaria del Parlamento. La democrazia plebiscitaria per chi conosce la storia è a volte assai poco democratica. Il referendum implica inoltre una spesa molto alta per l’allestimento dei seggi, gli scrutatori, la macchina elettorale periferica e centrale. Dopo le esagerazioni del passato che avevano screditato il ricorso al referendum senza raggiungere il quorum, si parlò autorevolmente di aumentare il numero delle firme necessarie, ma poi non se ne fece nulla. “Più Europa” non può riproporsi come il nuovo partito radicale e personaggini politicamente esangui e perdenti come Magi non sono neppure la fotocopia sfocata del grande Pannella.
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I fondi per le strade non si toccano
Come ho più volte lamentato le buche nella viabilità non sono state colmate a Torino; ritengo che i vistosi tagli voluti da Salvini – il Piemonte è una delle maggiori vittime designate -alla viabilità provinciale e nazionale siano del tutto inaccettabili e rivelino la scarsa competenza e soprattutto la non affidabilità politica del leghista lombardo, già dimostrata tante volte quando era al governo con Conte.

Spero per lui che non sia vera la notizia dei tagli per finanziare il ponte sullo stretto di Messina: sarebbe una follia politica. Dovendo scegliere è meglio garantire la sicurezza nella viabilità ordinaria. La notizia è giunta per tempo: domenica si vota a Genova dove la situazione è molto difficile per il centro-destra. Di queste scelte avventate la Lega pagherà lo scotto perché governare richiede equilibrio e capacità di amministrare.

Stermini novecenteschi
Ho letto che uno storico in voga molto osannato ha detto che i gulag sovietici non sono neppure lontanamente paragonabili ai campi nazisti. Cosa ne pensa? A me più che storia sembra propaganda. Ettore Damiano
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Il discorso sarebbe lungo e complesso e non riassumibile in una risposta necessariamente breve. Mi limito a sintetizzare qualche riflessione: il “metodo” tedesco e quello sovietico furono diversi, ma i fini furono identici: l’eliminazione degli ebrei e degli oppositori politici dalla vita civile fino alla loro morte violenta. In realtà l’antisemitismo fu una caratteristica della Russia zarista e di quella sovietica. Le sole vittime di Stalin furono decine di milioni a cui vanno aggiunte quelle di Mao, spesso dimenticate. La distruzione degli uomini attraverso diverse forme di sterminio furono le caratteristiche dei regimi totalitari del ‘900. Anche quello armeno fu un genocidio , come le foibe jugoslave furono un episodio di pulizia etnica circoscritta, ma non meno grave. Nessuno può storicamente parlare di altri genocidi: si tratta sovente di giudizi politici usati oggi come slogan a sostegno di terroristi, eredi di alleati di Hitler durante la seconda guerra mondiale e visceralmente antisemiti da sempre.
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Musica sacra
Il maestro Riccardo Muti in occasione dell’elezione del nuovo Papa si è augurato il recupero della musica sacra. Se il Papa contribuirà al suo ripristino, farà un’operazione anche culturale di valore storico. Lo dico da non credente. Isabella Usai

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Credo che sarebbe un ripristino importante. Le chiese invase da chitarre e urlatori è una triste realtà da decine di anni. Con la riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II è stato di fatto archiviata con il Latino una tradizione molto importante. Già l’ateo dichiarato Massimo Mila poneva in evidenza il fascino irresistibile del Gregoriano. Il Papa Francesco ha addirittura vietato la Messa in Latino. Essa va liberamente consentita, ammesso che ci siano ancora sacerdoti in grado di celebrarla. Anche nei seminari lo studio del Latino non è più importante. Muti ha ragione e non a caso il suo appello è stato minimizzato.