“Sento ancora il profumo dei fiori sul palcoscenico, allora ancora quello del Salone delle feste del Casinò, e ricordo l’emozione per la vittoria inaspettata che continua ad essere uno dei momenti più belli della mia vita”, racconta Gilda Scalabrino, la vincitrice del Festival di Sanremo 1975.
Vive a Torino, in pieno centro, la trionfatrice di 50 anni fa: Gilda. La sera del 3 marzo di quell’anno, a sorpresa, a 24 anni, si aggiudica la venticinquesima edizione della manifestazione con il brano “Ragazza del Sud”, da lei composto; è la prima e unica cantautrice ad avere vinto un Sanremo e la prima autrice femminile che compare nell’Albo d’oro del Festival.
Gilda proviene dalla frazione Scalabrino della località di Masserano, allora ancora nel vercellese, ed ora in provincia di Biella.
Quando hai iniziato e come sei arrivata a Sanremo?
” Ho cominciato quando avevo solo 14 anni e già cantavo nelle feste di paese a Masserano e dintorni, poi un giorno alcune mie amiche scrissero a “Specchio dei tempi”, la rubrica de “La Stampa”, per farmi avere l’occasione di emergere. Venni subito dopo convocata dalla Fonit-Cetra e feci un provino. Uno dei primi a complimentarsi con me fu Franco Tozzi, che è recentemente scomparso, il fratello maggiore di Umberto Tozzi, che aveva appena partecipato al Festival. Tutto è poi nato sul finire degli anni ’60 quando continuavo a fare serate in giro per l’Italia ed in Svizzera soprattutto, insieme al mio gruppo musicale; ho inciso con la Pdu, la casa discografica allora appena fondata da Mina, il mio primo 45 giri intitolato “Nu ferru de calzetta” Poi mi sono iscritta alla Siae come compositrice, perché prima ero solo iscritta come autrice di pezzi, e così come Gilda ho potuto firmare le mie canzoni anche con l’indispensabile aiuto ed i consigli del maestro Vittorio Buffoli. Nel 1974 inviai “Ragazza del Sud” che avevo scritto durante un viaggio di ritorno dal Meridione dove anche lì facevo molte serate, ma non venne ammessa dalla commissione selezionatrice.
Ci riprovai poi l’anno dopo ed andò tutto bene e quindi sono arrivata finalmente a Sanremo praticamente autoproducendomi. Successivamente pubblicai “Bolle di sapone” ed altri dischi, ed intanto continuavo a fare serate in giro per l’Italia, in piazze e teatri, ed anche, come da sempre, in Svizzera, Belgio e Germania”.
Accompagnata sul palco, quell’anno il Salone delle feste del Casinò era tutto di colore blu e viola con decorazioni stile liberty, da un gruppo con i costumi tipici del folklore del sud, eccola quindi a Sanremo. In quegli anni i discografici avevano uno scarso interesse per la manifestazione e quindi il Comune è costretto ad organizzare il Festival da solo. Un Sanremo con pochi nomi noti in gara, ma ricco di un repertorio di motivi ben confezionati e alcune canzoni di ottima qualità. Ma è anche un Festival con tanti illustri sconosciuti, ad eccezione di Rosanna Fratello e Angela Luce. Molte di quelle che sembrano le migliori canzoni in concorso, restano fuori dalla finale. Ci sono anche altri piemontesi in gara quell’anno: La Quinta faccia, un gruppo di ragazzi biellesi, l’astigiano Piero Cotto e la quindicenne torinese Antonella Bellan. Quello di cinquanta anni fa è anche l’unico Festival nel quale venne fatto un sorteggio per passare alla finale, tra i pari merito Stefania e Franco e le Piccole Donne, e la fortunata Stefania ebbe la meglio, ed è anche la prima volta che Sanremo ha un suo logo ufficiale stampato sui dischi in concorso, sui manifesti e sul materiale promozionale.
“Ricordo inoltre con piacere che nell’orchestra che ci accompagnava, diretta dal maestro Enrico Simonetti, un gran signore, c’era anche il batterista Tullio De Piscopo che ritrovai anni dopo ad una manifestazione e quello fu davvero un bell’incontro”.
Ma come hai reagito alla vittoria?
“La serata finale era organizzata in maniera tale che le canzoni ancora in gara arrivarono prima a dodici, poi a sei, e c’erano la Fratello e Angela Luce, molto sostenuta dal pubblico in sala, quindi ho pensato che avrebbe vinto una di loro due; difatti dopo la mia ultima esibizione sono rientrata di corsa nei camerini a cambiarmi perché l’abito che indossavo era troppo pesante. Poi ad un certo punto, improvvisamente, un giornalista venne a bussare e a chiamarmi per risalire sul palco perché avevo vinto! Ero sorpresa e incredula nel camerino entra mia mamma che mi chiede: ma è vero!? Ed io rispondo: vado a vedere”.
Molti ritengono ingenerosamente che quella del 1975 sia stata l’edizione più brutta di Sanremo, invece va sicuramente riconosciuto che questa manifestazione ci restituisce una panoramica del mondo musicale degli anni ’70, migliore e di certo più completa di tante altre edizioni di maggior successo.Il colpo di grazia al Festival del venticinquennale lo diede però, già come negli anni precedenti, ancora una volta la Rai: purtroppo, la trasmissione televisiva presentata in diretta dal Casinò da Mike Bongiorno con Sabina Ciuffini, viene interrotta prima della proclamazione della vittoria di Gilda che si conosce quindi solo nel corso del telegiornale della notte. Il canale Nazionale non si collega nuovamente con il Casinò neanche per la ripetizione della canzone vincitrice.
Quattro anni dopo un altro biellese, Mino Vergnaghi, originario di Trivero, trionfa questa volta al Teatro Ariston nel 1979 con il brano “Amare”. “Un altro bellissimo ricordo è quello della festa che qualche giorno dopo la mia vittoria organizzarono a Masserano, al Palazzo dei Principi, c’era tutto il paese con il sindaco in testa ad accogliermi”. Ed aggiunge: il Festival lo guardo sempre con piacere ed attenzione, sono stata la prima cantautrice a vincerlo e questa è una grande soddisfazione, e poi mi vedrete presto in tv per raccontare la mia storia”.
Igino Macagno