Tradizione o intossicazione?

E’ notizia di questi giorni che una signora inglese già da alcuni anni, pur di mantenere viva a casa sua la tradizione del cenone risparmiando (non poco) avrebbe utilizzato gli avanzi delle feste aziendali, convincendo gli organizzatori del catering a “passarle” gli avanzi. Finché, nel 2017, in un cenone che ebbe luogo alcuni giorni dopo aver preso quel cibo, qualcosa andò storto: molti dei partecipanti accusarono malesseri, il marito, la figlia minore, i suoceri alcuni cugini e amici di famiglia a causa di un’intossicazione alimentare.

Questo è sicuramente un caso limite, ma il rischio è comunque presente specie se si utilizzano preparazioni domestiche della cui modalità di preparazione non si è sicuri, prodotti di bassa qualità o, specie nei discount, prodotti con data “best before” superata.

Tutti i cibi conservati sottovuoto e ricchi di acqua possono diffondere il botulino, proprio perché questo è un clostridio anaerobo che vive, quindi, in assenza di aria. E’ più facile reperire questa tossina nei cibi realizzati domesticamente perché minori sono i controlli e le attenzioni; nelle industrie solitamente i controlli di NAS e ASL sanzionano eventuali difformità dalla legislazione vigente.

Sono altrettanto a rischio le conserve vegetali, le salse, tonno e carne in scatola, gli insaccati.

Quale il senso di questa disamina? In queste festività, essendo noi un popolo di poeti, navigatori e, soprattutto, di mangioni diamo molta importanza alla quantità sia nell’imbandire la tavole che nel preparare cestini natalizi. Al di là di ogni considerazione nutrizionale, dietetica o medica, se pensassimo di più alla qualità piuttosto che alla quantità?

Orientarsi su produttori di chiara fama, o mettere nei cestini cibi che non possano costituire pericolo alimentare?

Se sono persone che conosciamo bene, sapremo se posseggano una macchina per caffè a capsule (o cialde) o se usino ancora la moka; in alternativa marmellata, frutta di stagione, frutta secca, formaggio tipo Grana, legumi secchi, biscotti, fette biscottate ma dando sempre la priorità alla qualità.

Molti di noi tendono a esagerare quando si tratta di regalare qualcosa in concomitanza con le festività principali o se organizzano cene temono di sfigurare cucinando solo ilnecessario, di passare per tirchi, che qualcuno abbia ancora fame ma di dovergli dire “non ce n’è più”; e puntualmente tutti gli anni buttiamo via gli avanzi, quando va bene li distribuiamo tra gli ospiti o ci costringiamo a mangiare gli avanzi per diversi giorni a seguire.

Se per fare questo, però, siamo costretti a lucrare sulla qualità di ciò che offriamo qualcosa non funziona; la salute dei nostri commensali e nostra è seriamente a rischio.

Se il produttore non avesse indicato in etichetta tracce di un allergene, anche solo per la presena nello stabilimento?

Se un dono, perché il regalo è un’altra cosa, indica il sentimento che proviamo verso il ricevente, mandarlo in ospedale non sembra il modo migliore per dimostrarglielo; meglio poco, magari tra prodotti di eccellenza (champagne, tartufo, caviale, quello vero, sigari cubani, whisky invecchiato, ecc.) piuttosto che molti prodotti di dubbia qualità.

E’ corretto, quasi doveroso, mantenere le tradizioni anche se alcune andrebbero adattate alle mutate esigenze della società (più nessuno zappa la terra, spacca le pietre o taglia manualmente gli alberi, quindi 3000 calorie al giorno sono eccessive), la vita sedentaria favorisce il sovrappeso e così via.

Cambiano i tempi, cambiano i gusti e le esigenze delle persone per cui sarebbe il caso di adeguarci, se non vi è nulla che ci impedisca di farlo.

Un occhio alla salute, uno riguardo all’ecologia, un’attenzione agli interessi di chi riceverà il dono o mangerà i nostri manicaretti: non solo dimostreremo di conoscere i suoi gusti ma faremo una scelta razionale, dando priorità al suo gradimento e spendendo probabilmente la stessa somma.

Se fossi un matematico potrei dire che il rapporto tra qualità e quantità è una costante: al diminuire di una se aumenta l’altra il risultato rimane invariato.

Ma il fattore umano dovrebbe restare il valore dominante.

Sergio Motta

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