In piazza 18 dicembre si è svolta la commemorazione del 102esimo anniversario dalla strage di Torino del 1922 alla presenza di istituzioni, associazioni e cittadinanza.
L’eccidio avvenne tra il 18 e il 20 dicembre del 1922, quando le squadre fasciste, capeggiate da Piero Brandimarte, misero in atto alcune violente e tragiche azioni contro gli oppositori del regime, in particolare nei quartieri operai dove si concentravano circoli socialisti e sindacati.
Undici furono le vittime e una trentina le persone rimaste ferite. Furono anche dati alle fiamme alcuni circoli operai, devastata la sede del giornale L’Ordine Nuovo e assaltata la Camera del Lavoro.
A memoria di questi tragici avvenimenti è stata intitolata la piazza di fronte a Porta Susa, dove è collocata una targa recante la scritta “XVIII dicembre 1922” e una lapide riportante i nomi di chi in quei giorni ha perso la vita: Erminio Andreone, Evasio Becchio, Carlo Berruti, Matteo Chiolero, Pietro Ferrero, Andrea Ghiomo, Giovanni Massaro, Leone Mazzola, Cesare Pochettino, Angelo Quintagliè, Matteo Tarizzo.
Ad accompagnare la cerimonia, che ha visto la deposizione di una corona da parte della Città alla lapide, dove già si trovavano quelle dei Sindacati confederali e dell’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti, la Banda Musicale del Corpo di Polizia Locale di Torino che ha eseguito l’Inno Nazionale.
Dopo il minuto di raccoglimento hanno poi preso la parola Federico Bellono, che ha aperto a nome dei sindacati, seguito da Boris Bellone, in rappresentanza della sezione cittadina dell’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti, e a concludere, per la Città di Torino, l’assessore Jacopo Rosatelli.
“Anche quest’anno la nostra città rinnova il suo tributo alla memoria delle vittime del 18 dicembre 1922 – ha detto l’assessore Rosatelli -, un tributo che dev’essere occasione per riaffermare i valori che stanno alla base della nostra convivenza civile e che si rispecchiano nelle biografie di chi ha combattuto per la libertà e nel testo della nostra Costituzione. Fra i caduti della strage del 18 dicembre Berruti e Ferrero, come noto, erano importanti dirigenti sindacali, rispettivamente dei ferrovieri e dei metallurgici, e Berruti anche consigliere comunale del Partito Comunista d’Italia. Proprio contro le libertà sindacali e le autonomie locali il fascismo scatenò sin dalle origini la propria ferocia, annullandole poi con l’assunzione del pieno potere.
Per noi è dunque particolarmente importante avere piena coscienza della sacralità civile che porta con se l’esercizio delle funzioni della rappresentanza di lavoratrici e lavoratori, così come della rappresentanza democratica delle comunità locali.
I fatti di un passato che potrebbe sembrare lontano ci parlano però al presente. Guardando al di fuori dei nostri confini, nazionalismi e forze pericolosamente ambigue e nostalgiche sono più forti che mai. E nel nostro Paese ricordiamoci l’assalto alla sede della CGIL nazionale a Roma, il 9 ottobre del 2021, come le marce che hanno profanato, negli scorsi giorni e settimane, due città martiri delle stragi neofasciste quali Bologna e Brescia.
Il nostro compito è nutrire la consapevolezza di essere libere e liberi perché c’è chi ha lottato affinchè noi lo potessimo essere. Un ringraziamento va quindi alle associazioni che custodiscono la memoria del passato e alle istituzioni che coltivano gli studi e la ricerca sulla storia del Novecento, ma anche agli insegnanti e a chiunque presti il proprio ingegno e il proprio tempo a quest’opera così importante per la qualità della nostra vita collettiva. Come ha fatto instancabilmente fino alla fine dei suoi giorni Bruno Segre al quale va oggi, primo 18 dicembre senza di lui, un deferente pensiero. Dalle ricerche d’archivio alla divulgazione per bambini e bambine della scuola primaria, dall’intitolazione di strade e giardini alla produzione di libri o video, dalle visite ai campi di concentramento a quelle ai musei, tutto contribuisce ad arricchire la nostra cultura democratica e il comune senso di appartenenza alla Repubblica”.
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