Raccontare ai giovani l’oppressione sistematica di cui sono vittime le donne in Iran e Afghanistan per stimolare una nuova coscienza civica. È stato questo l’obiettivo dell’incontro per le scuole superiori, organizzato al Polo del ‘900 il 5 dicembre, dall’associazione culturale Sapori reclusi, in collaborazione con il Comitato regionale per i diritti umani e civili e la Consulta regionale delle Elette.
“L’iniziativa si inserisce nella rassegna di eventi organizzati dal Consiglio regionale in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e vuole ragionare su una piaga sociale che in alcuni Paesi assume contorni allarmanti”, è intervenuta in apertura Valentina Cera, consigliera segretaria del Consiglio regionale. “Ma la violenza di genere si esprime in molte forme e sfumature anche nelle nostre comunità e c’è bisogno dell’impegno di tutti, a cominciare dalle giovani generazioni, affinché si attui quella rivoluzione della parità per costruire insieme una società più giusta per tutte e tutti”.
Per ricordare l’importanza di eventi di sensibilizzazione come questo ha preso la parola Giampiero Leo, in rappresentanza del Comitato regionale per i diritti umani e civili: “il rispetto della parità di genere è un paradigma fondamentale per comprendere il grado di civiltà di un Paese”.
“In Iran e in Afghanistan non esiste uno Stato di diritto ma una commistione fra norme civili e religiose che relega di fatto le donne in una condizione di inferiorità”, ha commentato Marcella Genta, di Sapori reclusi. L’associazione culturale ha promosso una mostra, R-Women, Donne che resistono, realizzata da 10 fotografi iraniani e afghani che, lontani da ogni forma di censura, illustrano la trasformazione di questi Paesi dagli anni ’80 a oggi.
La testimonianza dell’attivista Azam Bahrami e un video-documentario hanno messo in luce la repressione del dissenso nel regime totalitario iraniano, dove la violazione dei diritti delle donne è istituzionalizzata per legge, specialmente nei confronti dei movimenti studenteschi come Donna, vita e libertà che manifestano per la libertà femminile e contro la dittatura.
“Dal ritorno del regime talebano, nell’agosto 2021, le donne in Afghanistan non possono lavorare, né parlare in pubblico né uscire di casa se non per motivi di salute, è come se non esistessero più, se fossero in carcere”, ha denunciato attraverso un video-intervento Monira Najibzada, ex pubblico ministero fuggita tre anni fa dall’Afghanistan.
“Vogliamo mostrare a voi ragazzi che cosa succede in altre società per aprirvi gli occhi e perché vorremmo che il vostro senso civico crescesse. Ci auguriamo che un domani possiate essere voi a favorire un cambiamento, anche facendo pressione sui governi democratici in modo che disconoscano i regimi che negano i più basilari diritti umani”, ha concluso Genta.