SOMMARIO: Quartieri che scoppiano – Gli studi classici – Lettere

Quartieri che scoppiano

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Gli studi classici
Ho letto il libro di Marco Testa “Apologia degli studi classici”, ed. Giubilei. Testa è uno studioso serio che non segue le mode ed affronta il tema della cultura classica e del liceo classico. Oggi sono argomenti considerati in disuso se constatiamo che sono in mano al Circolo dei lettori, al paleo filologo e vetero stalinista Luciano Canfora. La cultura classica dei Perelli, Garbarino, dei Ciaffi, dei Pennacini, dei Lana, non c’è più. Per non parlare dei Rostagni e dei Marchesi e sul versante degli studi greci del grande Manara Valgimigli e di Antonio Maddalena. Oggi gli studi umanistici sono visti come perdite di tempo inutili. I cervelli atrofizzati di oggi non sono neppure più in grado di muoversi nella sintassi antica. Aveva ben ragione un mio docente nel dire che quegli studi non sono per tutti. Il libro di Testa merita di essere letto.
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Donne di Torino

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Non ho letto il libro, ma lo leggerò volentieri perché conosco ed apprezzo la curatrice Maria La Barbera; la sociologa che ha raccolto i testi ha dovuto far necessariamente fuoco con la legna a sua disposizione anche perché Torino è egemonizzata da molte di quelle donne che non piacciono alla dottoressa Ferri. Hic Rhodus, hic salta. Il sociologo riflette la realtà, diceva Franco Ferrarotti e La Barbera la fotografa. Ma c’è anche un altro tipo di donne a cui andrebbe data voce. E’ un invito che mi permetto di rivolgere all’autrice del libro. Anzi mi permetto di citare qualche nome di gente importante: Anna Chiusano, Bianca Vetrino, Donatella d’Angelo, Maria Grazia Grippo, Elda Casetta, Stella Bolaffi, Marina Rota, Giovanna Galante Garrone, Anna Antolisei, Anna Rossomando, Patrizia Valpiani, Anna Maria Poggi, Cristina Tabacco, Anna Ricotti Platter, Maria Grazia Imarisio, Elisabetta Cocito, Simonetta Pagano, Rossana Cavallo, Giovanna Pacchiana Parravicini, Cristina Caccia. Ma anche le donne “qualunque” andrebbero ascoltate. Impiegate, operaie, disoccupate, studentesse, soldatesse, immigrate di II generazione ecc. Certo vippume – la lettrice ha ragione – ha già mille posti dove esibirsi. E le “madamazze”, di cui parlava Montanelli, in verità hanno un po’ stancato e hanno anche fatto litigare persino due ministri dello stesso partito.
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Il Generale Amoretti ultimo “bugia nen”

Illustre professore, ho letto il Suo articolo sul Generale Amoretti a cui tardivamente è stata dedicata una via torinese. Il generale è stato un grande torinese che ha creato il Museo Pietro Micca. Ricordo che venne anche osteggiato come sempre accade a Torino. Le sue parole più di ogni altre hanno reso giustizia al generale che era anche uno studioso molto serio. Gian Luigi Ferro
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La ringrazio, ma la figura del Generale va oltre il Museo perché lui, come fece Francesco Cognasso con la sua storia di Torino, ha consentito ai torinesi di riappropriarsi della storia del Piemonte sabaudo settecentesco, delle pagine legato al re Vittorio Amedeo ll e al principe Eugenio. Oltre al Risorgimento c’era quella storia sepolta attorno alla Cittadella che Amoretti ha riportato alla luce anche di fronte al conformismo dei negatori della dinastia sabauda. Non fu facile per un militare in servizio. Il coriaceo Generale fu a suo modo un soldato agli ordini di Cacherano di Bricherasio che capeggiò i piemontesi all’Asietta: l’ultimo dei “bugia nen”.
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