La facciata delle Molinette

Bassi redditi, diete malsane e stili di vita a rischio: studio torinese lancia allarme per la salute dei bambini

Uno studio internazionale mostra come fin dalla culla e in contesti urbani anche molto diversi i bambini con uno stato socioeconomico basso hanno stili di vita più malsani, creando uno svantaggio che inciderà sulla salute lungo tutto il corso della vita.
Torino è una delle undici città europee prese in esame da uno studio che ha coinvolto oltre 60mila bambini, condotto nell’ambito dei progetti internazionali ATHLETE e LifeCycle – a cui partecipa l’Unità di Epidemiologia dei Tumori della Città della Salute di Torino e dell’Università degli Studi di Torino – i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica Social Science & Medicine.
Le altre città sono: Oslo, Copenaghen, Bristol, Bradford, Rotterdam, Nancy, Poitiers, Gipuzkoa, Sabadell, Valencia, dunque contesti urbani eterogenei sotto molteplici punti di vista (ubicazione geografica, amministrazione, popolazione, cultura, ecc.). L’Italia ha contribuito allo studio grazie ai dati raccolti dal [ http://www.progettoninfea.it/ | progetto NINFEA ] , coordinato dall’Unità di Epidemiologia dei Tumori della Città della Salute di Torino e dell’Università degli Studi di Torino (diretta dal professor Lorenzo Richiardi).
“La distribuzione dei rischi ambientali e la vulnerabilità ai loro effetti variano tra i gruppi socioeconomici. Il nostro obiettivo – dichiara la professoressa Costanza Pizzi, prima autrice dell’articolo – era quello di analizzare la relazione tra la posizione socioeconomica (SEP) del bambino alla nascita e diverse caratteristiche relative agli stili di vita dei bambini ed all’ambiente urbano in cui vivono in età prescolare (0-4 anni) in differenti contesti urbani utilizzando l’approccio dell’esposomica.”
L’esposoma, ossia la totalità delle esposizioni ambientali di una persona nel corso della sua vita, è costituito da una moltitudine di esposizioni provenienti da fonti sia esterne (ad es. sostanze chimiche, inquinanti atmosferici, stile di vita, dieta) sia interne (ad es. metabolismo, fattori infiammatori, microbiota), molte delle quali sono interconnesse. In questo studio ci si è concentrati sull’esposoma esterno. I due indicatori SEP presi in esame per lo studio sono: il reddito famigliare ed il livello di istruzione materna.
La prima infanzia, infatti, è un periodo chiave in cui le disuguaglianze in termini di possibili esposizioni esterne (ad es. il tipo di alimentazione, l’esposizione al fumo passivo ed all’inquinamento atmosferico, la fruizione di aree verdi, ecc.) possono modellare le traiettorie di salute nel corso della vita. Le esposizioni sperimentate dagli individui possono differire in base alla SEP, contribuendo ad accrescere le disuguaglianze.
Esaminare la relazione tra SEP ed esposoma nella prima infanzia è essenziale per informare le politiche atte a mitigare le diseguaglianze nella distribuzione di importanti rischi ambientali e le disuguaglianze sanitarie e stabilire come e dove agire più urgentemente.
Nello studio, i bambini con basso SEP (costantemente pur nelle differenti aree urbane) erano allattati di meno al seno e rivelavano un ridotto consumo di uova, pesce, frutta, verdura; mentre risultava maggiore il tempo trascorso davanti alla TV (screen time), il possesso di animali domestici, l’esposizione al fumo passivo, il consumo di latticini, patate, bevande dolci, biscotti salati e patatine, grassi e carboidrati.
Ancora prima di iniziare la scuola, quindi, i bambini con uno stato socioeconomico basso partono svantaggiati rispetto ai coetanei con SEP più elevato.
In che modo dunque intervenire per ridurre le disuguaglianze sociali? Grande attenzione andrebbe posta fin dal periodo dell’età prescolare, con l’obiettivo di intervenire sul miglioramento della dieta e degli stili di vita dei bambini con basso SEP.
I risultati delle associazioni SEP – ambiente urbano evidenziano poi la necessità di un approccio che tenga conto del contesto: pianificatori locali e decisori politici dovrebbero infatti considerare, nella pianificazione urbana, un modello specifico di città che non può più ignorare i rischi ambientali e le disuguaglianze.
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