Non si dovrebbe dire, ma ammettiamolo: l’abito – in qualche occasione- fa il monaco.
Passeggiando per strada, boccheggiando tra la fiumana del centro il sabato pomeriggio davvero nessuno di voi si è mai soffermato ad osservare alcune persone, pensando ad esempio: “ma quella sicuro è di Crocetta”, oppure “quelli saranno di Barriera”, fino a “vedi quelli di Parella, la zona che cartella”?
Camminate, andature, abbigliamento, modi di dire che ci rendono – tutti quanti, credetemi- stereotipi ambulanti convinti che il luogo comune non ci riguardi.
Ogni città ha le proprie suddivisioni interne, i propri quartieri che si portano appresso giudizi e dicerie, ma a Torino tale aspetto emerge più che da altre parti, quasi come se le zone urbane fossero in realtà ecosistemi indipendenti, accozzati per caso l’uno accanto all’altro, con tradizioni diverse e individui “sui generis” spesso riconoscibili ad una prima occhiata.
Lo sa bene il giovane comico torinese Davide D’Urso, che ha spopolato sui social proprio giocando sullo spiccato senso d’appartenenza dei cittadini alle proprie zone di vita.
Davide riesce a farsi conoscere dal grande pubblico partecipando alla trasmissione televisiva “Eccezionale veramente”, dove stupisce Paolo Ruffini e Diego Abatantuono che lo portano fino al termine del programma in atto. L’avventura di D’Urso continua con l’ingresso nel cast di “Colorado”, in onda su Italia1, in seguito arrivano le collaborazioni con i Pampers e i diversi spettacoli a teatro, tra cui il fortunato one man show “LIVE – É PROPRIO D’URSO”, esibizione dinamica e irriverente, in cui si alternano giochi di magia e monologhi ispirati a storie vere.
Eppure la svolta avviene per caso, dopo la pubblicazione di un post su Instagram che raggiunge nel giro di poche ore moltissime persone che da quel momento in poi iniziano a seguirlo prima sui social e poi nei teatri.
Quando lo chiamo al telefono, Davide mi risponde subito, con cortesia e gentilezza: mi colpisce la sua naturale disponibilità, qualità più che apprezzabile e tutt’altro che scontata, specie tra persone di una certa notorietà. “Ciao Ale!” mi saluta, squillante e amichevole, seguono piacevoli convenevoli, dopodiché entriamo nel merito dell’intervista. Gli chiedo subito dei suoi inizi, mi racconta a ruota libera della sua infanzia e di come in principio abbia dovuto affrontare diverse problematiche, tra cui questioni personali assai spiacevoli.
Davide: “Io nasco come mago, perché, fin da quando ero ragazzino, con dei giochi di magia riuscivo a far sorridere un po’ tutti, a farli stare meglio, e così, molti anni dopo, ho capito (non è troppo tempo che ho preso coscienza di questo fatto), che lo facevo in primis per aiutare me stesso a uscire da quel mio primo periodo triste e problematico. Ho iniziato quindi ad appassionarmi sempre più di magia, al punto che in questo ambito ho frequentato una scuola torinese: il “Circolo Amici della magia”. Diciamo che ero convinto, e speravo, di poter arrivare a un livello alla Sylvan o qualcosa di serio, ero diventato invece un Forest. Allora lì ho iniziato a scrivermi delle battute per i giochi di magia e man mano ho sempre più scritto battute e studiato meno magia, cioè mi sono reso conto che in realtà non facevo appunto magia per la magia in sé ma per far ridere la gente.”
Continua poi il racconto della sua formazione.
Davide: “Da lì mi sposto al CAB 41, che è un locale storico torinese, dove ho iniziato i cosiddetti laboratori. Per anni ho fatto il comico in questo teatro, che era un po’ un punto di riferimento, qui mi hanno cresciuto, mi hanno aiutato a stare ore e ore sul palco; certo non posso dire di essermi formato in una scuola, o in un’Accademia artistica, perché questo lavoro l’ho appreso direttamente sul campo, stando davanti alla gente. Mi esibivo lì anche 3-4 volte a settimana, presentavo i comici più famosi che venivano come ospiti e così ho iniziato a far parte del settore della comicità. Dieci anni fa, o poco più, ho conosciuto i Pampers, con i quali ho iniziato a impostare i video sui social: sono andato in tournée con loro, e così ho potuto accumulare tante esperienze. Quindi tramite il CAB, e i Pampers e diverse altre sperimentazioni, sono riuscito a partecipare anche a programmi in TV, come: “Colorado” nel 2016 e nel 2019, e posso dire con mia soddisfazione personale che sono uno dei comici più giovani ad aver presenziato a “Colorado”. Tra le mie esperienze televisive, ricordo: da Amadeus a “Comedy Central”, su La Sette “Eccezionale Veramente” con Diego Abatantuono, Ruffini, Cirilli. Tuttavia, non riuscivo ancora ad emergere, ossia non riuscivo a creare una mia specifica “identificazione”. Allora, pur non tralasciando il mio desiderio di fare spettacolo, mi sono dedicato anche ad altri lavori: il cameriere, l’agente immobiliare, il “call center”, insomma, mi sono attivato per riuscire a vivere. È stato molto faticoso. Ormai ero abbastanza rassegnato a non emergere, erano tanti anni che ci provavo, ma alla fine sono arrivati questi video su Torino, con cui è cambiato tutto. Preciso che, avendo io studiato cinema, inizialmente mi sono dedicato alla realizzazione di video il più possibile precisi dal punto di vista tecnico, ci mettevo anche un mese per crearne uno, campo, controcampo, il drone, il green screen, la proof, però mi rendevo conto che era tutto un disastro, e che quel tipo di linguaggio in realtà sui social non funzionava. Mancava qualcosa, mancava un po’ di verità, e me ne sono reso conto solo col tempo. Quella verità lì l’ho ritrovata raccontando una delle cose che amo di più al mondo, cioè la mia città.
Mi sono chiesto: che cosa conosco bene della mia città e che cosa so fare? Ecco, mi sono dato una risposta, io so percepire i dettagli della gente”.
Provo a insistere e chiedo a Davide se ci possiamo soffermare su questo punto di svolta.
Davide: “ Ma è nato veramente da solo questo format dei video su Torino. Un giorno in cui avevo delle commissioni da svolgere in varie zone, mentre camminavo sentivo che le persone avevano delle parlate e degli atteggiamenti differenti, ho tirato fuori il telefono e mi sono ripreso mentre imitavo ciò che vedevo attorno a me; quando ho finito il video, avevo aspettative zero: lo pubblico, e intanto mi guardo un film, poi riapro Instagram e vedo addirittura 200.000 visualizzazioni in due ore. Quel video è arrivato poi a 2 milioni e mezzo, figurati, e da quel momento la gente mi ha scoperto come il comico di Torino. E la cosa che fa molto ridere è che tutti quelli che mi hanno scoperto per i video, mi dicono quando mi incontrano oppure mi scrivono sui social, “senti, ma perché non fai il comico?”
Ride.
Davide: “E quindi adesso, grazie al potere del social, mi sto dedicando al mio lavoro, ossia sto facendo il comico: presento eventi importanti nella nostra città, sono considerato nelle diverse iniziative che organizzano il Comune e la Regione, insomma sono, per così dire, “tra i punti di riferimento” degli eventi cittadini. e tutto ciò mi rende straorgoglioso! E’ bello che sia nato tutto spontaneamente, questo mi lusinga molto.
Alessia: “E quindi com’è il tuo rapporto con il mondo dei social? È assolutamente tutto un “pro”? Tutto idilliaco? Tutto meraviglioso?
Davide: “Io li odiavo, perché io ero il più grande hater dei social. Un po’ per frustrazione, perché per anni e anni ci provavo e non succedeva nulla. Però in seguito ho capito che il problema ero io, e nient’altro. Un rapporto di amore e odio e sono grato al social per quello che mi sta succedendo. Sono testimonianza che la TV ormai non sposta più gli equilibri come anni fa, il social ti porta tutto perché entri proprio direttamente nella vita quotidiana delle persone. Una lama a doppio taglio, che devi saper usare con assoluta precisione, devi essere sicuro che quello che dici non vada a ledere la sensibilità di nessuno e questo è davvero molto complicato.”
Alessia: “Con la questione de”politicamente corretto” diventa difficile dire qualsiasi cosa, cosa ne pensi?”
Davide: “Sì, è così. Come ti dicevo, non è facile mettersi nei panni di tutti proprio per la questione politically correct, perché una parola sbagliata può portare il pubblico a sfogarsi contro di te, che è il lato oscuro del social, dietro la tastiera tutti si credono Jason Momoa”
Alessia: “Questa attenzione così forte nei confronti del “questo lo posso dire, questo non lo posso dire” secondo te c’è sempre stata??
Davide: “No, no, basta andare a vedere i video degli youtuber o dei creator di dieci anni fa e se li riguardi oggi quasi ti stupisci. Perché una volta non c’era tutta questa attenzione alle differenze, e, se ci riflettiamo un po’ su, anche questo è un discorso che potremmo portare avanti all’infinito. Per me non ci sono differenze e quindi mi viene da scherzare su tutto, perché siamo tutti uguali, no?
È delicato dal mio punto di vista, perché faccio ironia e satira. Sai, se fai musica, basta che parli d’amore, parli d’altro. Se fai comicità, devi andare a toccare anche temi un po’ particolari, ed è complesso. Per questo io sposo la filosofia di mettere un contenuto quando è pronto e non stare dietro ai ritmi che ti chiede l’algoritmo, preferisco inserire un contenuto quando so che quel contenuto ha una certa valenza.
Ma il mio obiettivo non è vivere dei social, è vivere di teatro, quindi a me basta avere una fan base che crede in me e in quello che faccio e che viene a vedermi agli spettacoli. Questo è il mio obiettivo finale. Anzi, se arrivassi un giorno al punto in cui posso non usarli, vuol dire che è andato tutto bene.”
Alessia: “Quindi l’ambiente, il mondo che ti piace di più è quello del teatro?”
Davide: “Sì, sì. Vorrei fare tournée, portare il mio spettacolo ovunque. E poi un domani magari sogno il cinema, però senza alcun tipo di fretta. Mi piace avere il pubblico lì a contatto, perché è un’altra cosa che nel cinema manca. E manca anche nei video, manca sempre un riscontro immediato dei commenti delle persone, averle davanti è un’altra cosa, è un’emozione inspiegabile e quindi io punto a questo aspetto in assoluto.
L’empatia a teatro sale tantissimo, anche l’ascolto, perché poi quando sei sul palco ormai il tuo copione lo sai a memoria, non pensi più a quello che devi dire, pensi a viverti il momento e a capire come adattarti al pubblico. Io ad esempio ho fatto queste due date a teatro, lo spettacolo è lo stesso, ma sono venute due serate completamente diverse, perché era diverso il pubblico”.
Alessia: “A riguardo ci sono stati dei momenti che assolutamente ti ricordi? Degli spettacoli significativi dove è capitata magari un’interazione specifica col pubblico, nel bene o nel male?
Davide: “Per fortuna sempre nel bene. Mi ricordo una volta di una ragazzina che videochiama il padre, io scendo, prendo il telefono e rispondo. Inizio questo dialogo con la ragazza dicendo che il padre in quel momento non può rispondere. Adesso non ricordo i dettagli, però è stato esilarante. Aveva tipo 15-16 anni quindi è stata anche al gioco, ed è stato incredibile.”
Alessia: “Invece riguardo a quest’idea di prendere spunto dai vari quartieri di Torino, quello che ti fa un pochino più ridere?”
Davide: “A me piace tanto imitare gli abitanti di Carmagnola, da quando andavo al liceo con il mio migliore amico e riuscivamo a imitare un papà di un nostro compagno che parlava proprio con quella cadenza. Quindi è una cosa che lego a questa storia inconsciamente e mi diverte farlo, perché per me sto ancora imitando il papà del mio compagno dopo 15 anni.
Mi metto là, scelgo un tema, Natale a Torino, immagino il Natale in tutti i quartieri e quei 5 o 6 che mi fanno più ridere li metto poi nel video. Tanti invece dicono, ma perché non fai quel quartiere lì? Perché non fai l’altro? Ah, ce l’hai con noi di Pozzo Strada perché non ci nomini mai, ce l’hai con noi di Barca, ce l’hai con noi di…. In realtà non ce l’ho con nessuno, è che il video deve durare un minuto e mezzo, non posso metterli tutti sempre.”
Alessia: “E hai dei punti di riferimento diciamo reali per ogni quartiere?”
Davide: “Sì, sì, per ogni quartiere ho un punto di riferimento. E non c’è nessuno mai che ci sia rimasto male, si sia un po’ offeso, è una cosa molto divertente. Una delle battute che mi dicono di più è, no vabbè, ma sei uguale al mio amico, sei uguale alla mia amica. Incredibile. Come fai a farlo in maniera così accurata? Ecco, “accurato” è il commento che mi è stato detto di più. Accurato. Ad esempio, il mio tamarro di Mirafiori, no? Da tanti personaggi è stato realizzato il tamarro nella vita, tanti comici hanno interpretato il tamarro, però sempre sopra le righe, in maniera eccessiva. Invece a me hanno detto: tu sei proprio il mio amico, sei esattamente così, non è uno stereotipo, è proprio reale. E la cosa è assai divertente, oppure quelli di Nichelino. Ormai gioco con i miei amici a indovinare le zone solo guardando le persone. E oh, quelli di Nichelino, non sbaglio mai, mai, perché già l’approccio è diverso. Quando mi fermano per strada arrivano dicendo, secondo te di che zona sono? Sono gli unici che lo chiedono, quindi già che mi fai la domanda, dico, ok.”
Alessia: “Quindi noi di Nichelino, abbiamo anche questo primato!”
Davide: “Sì, sì, sì. Poi è bello che ora si chiamino “sbraua” – il verso è di difficile trascrizione- tra di loro. sento la gente per strada che si chiama “sbraua”, questa roba è fantastica, è entrato nel gergo popolare dei ragazzi.
Vado spesso anche nelle scuole a parlare ai liceali, ad esempio Primo Levi, Einstein, Alfieri, Volta. Adesso devo andare al Majorana. E quando entro parte il coro Sbraua! Quella cosa lì mi piace un sacco perché sono entrato nel loro gergo, questo è bellissimo.”
Alessia: “E com’è il pubblico? Com’è fare uno spettacolo davanti a dei ragazzi adolescenti?
Davide: “Nelle scuole vado a parlare, a fare delle interviste, quindi non è mai show. Ci sono state volte un po’ più complesse perché magari non avevano tanta voglia, se no di solito c’è molta curiosità. Ecco, ho notato che non osano comunicare. Perché quando chiedo, ragazzi, fatemi tutte le domande che volete, alzano due o tre mani. Allora ho fatto un test un giorno e ho detto scrivetemi le domande su Instagram, ok? E io le leggerò in maniera anonima, non dirò chi me le ha scritte. I ragazzi mi hanno scritto delle robe allucinanti, sia profonde sia di altro tema, insomma hai capito. Cioè, tanti ragazzi seduti davanti a me non sanno rispondere alle mie domande, poi gli dai quello strumento lì in mano, gli chiedi la stessa identica cosa e mi arrivano questioni senza filtro.. Però è bello, mi piace. Poi alla fine chiedono tutti le foto, stanno là. Magari sono timidi, quindi non si sono lanciati durante l’incontro a essere molto partecipi, però poi dopo vengono e mi chiedono un abbraccio. Se posso fare il video ai genitori. Sei l’idolo di mia nonna.. Fai un video a nonna Rosetta che ti saluta. Là capisci di essere arrivato, quando fai i video per nonna Rosetta”
Alessia: “Un’ultima domanda: i tuoi idoli?”
“Per quanto riguarda il teatro, Gigi Proietti, Aldo Giovanni e Giacomo, due mondi completamente differenti di fare comicità, però adoro entrambi. E mi piace anche molto la parodia musicale alla Checco Zalone, anche Checco, il Checco di tanti anni fa però, quello di Zelig, non quello dei film. Anche se i film sono dei cult per me, però trovo molta ispirazione nella musica e nelle storie di cantanti. La musica mi ha suscitato l’ispirazione più grande, forse. Ad esempio i Pinguini, ci conosciamo, siamo diventati amici e ora andrò a tutte e quattro le date dei loro spettacoli.”
ALESSIA CAGNOTTO
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