Sino a domenica repliche all’Alfieri di “Amanti”
Lui è Giulio, signore tranquillo che ha superato la quarantina, una moglie e tre figli che gli ricordano più una baby gang piuttosto che un’adorata discendenza. È lì nell’androne di un palazzo, sta salendo con l’ascensore al quarto piano dello stabile per l’appuntamento che ha settimanalmente, del tutto tranquillo davanti al proprio avvenire. Lei è Claudia, caotica, femminilmente pasticciona, a casa un marito più giovane che la ama, l’assenza e il desiderio di un figlio che scopriremo è la sua spina nel cuore. Lei da quel quarto piano è appena scesa, terminato l’appuntamento che pure lei ha settimanalmente. Le presentazioni, una stretta di mano. Poi, nella scena successiva – dopo che su di un trasparente, come in un film che si srotola sul grande schermo, sono apparsi titolo, attori, “sceneggiatore” e regista e produzione -, Giulio e Claudia sono a letto, a far l’amore in una stanza d’albergo che diverrà la loro seconda casa, un altro mondo, quella dell’amore e del sesso, delle confessioni e dei sorrisi, dell’allegria e dei sensi di colpa, dei loro sette mesi che fanno non una storia ma una relazione, di quelle che, tra alti e bassi, tra ferree decisioni e languidi tentennamenti, ti sconvolgono l’esistenza. Due clandestini, due persone che hanno bisogno d’amore, due persone che a poco a poco scivolano verso la sincerità e la necessità di un amore che non può essere abbandonata. Non cancellando quell’appuntamento settimanale – svolto da soli o con i rispettivi coniugi, una terapia di coppia che dovrebbe sistemare parecchie cose – che è stato la miccia che ha deflagrato ogni attimo, le sedute da parte di ambedue sul lettino dell’analista Gilda Cioffi, un’ora tu e un’ora io, uno all’insaputa dell’altro, finché il gioco regge e il meccanismo non s’inceppa, tra piccole e grandi menzogne, tra imbrogli e momenti sbagliati, tra equivoci e sfiducia, tra bugie da manovrare e appuntamenti da inventare, mentre tutto si appiana e tutto s’incasina.
Quale sia lo sbocco finale di una felicissima commedia è meglio tacerlo al pubblico che vorrà divertirsi nella sala dell’Alfieri sino a domenica. “Amanti” la si deve alla raffinata scrittura, sempre leggera e mai volgare, alla piacevolezza, al grande mestiere del napoletano Ivan Cotroneo (classe 1968), prolifico autore cinematografico (per tutti, “Io sono l’amore” di Guadagnino, “Mine vaganti” di Ozpeteck, “La kriptonite nella borsa” da lui stesso diretto) e televisivo (per tutti, “Tutti pazzi per amore” di Riccardo Milani, “Sirene” di Davide Marengo, “La Compagnia del Cigno”, ancora lui alla regia), qui per la prima volta pronto a cimentarsi con un’opera teatrale. “I temi di ‘Amanti’ – spiega Cotroneo – mi appartengono da sempre. Nei miei romanzi, nei film, nelle serie televisive che ho scritto e diretto, il confronto tra il maschile e il femminile, tra rottura degli stereotipi di genere, la prepotente forza del sesso e quella ancora più devastante dell’amore, hanno sempre avuto grande spazio, nel tentativo continuo di raccontare l’evoluzione della società e del costume attraverso le relazioni amorose”. Questo e l’intero racconto della vicenda gli è venuto benissimo, una serie di spaccati gustosi, un autentico addentrarsi nelle differenti psicologie, nell’approfondimento di tutti i caratteri, nei sentimenti che prendono corpo giorno dopo giorno, nei bisticci e nelle rappacificazioni, una scrittura fluida e appassionata, divertente e precisa: unico appunto, Cotroneo invece di chiudersi nel recinto della lingua partenopea e nella napoletaneità avrebbe dovuto di tanto in tanto italianizzare e allargare i confini, con buona soddisfazione delle altre piazze dello stivale.
Godibilissimo Massimiliano Gallo, mattatore della serata, un panorama di allegria e di battute (ripeto, per chi scrive alcune infelicemente perdute) e di monologhi in cui l’attore – grande Malinconico o signor Tataranni o capo drappello di Pizzofalcone – si fa maschera, sempre più erede di Troisi e del grande Eduardo. Basta guardarlo mentre come il primo lavora con le mani accanto al viso o come il secondo s’arrotola frase dopo frase, parola dopo parola, pausa dopo pausa, silenzio dopo silenzio. Grandioso. Fabrizia Sacchi è una Claudia giusta e animata in questa sua richiesta d’amore, nella ricerca dei momenti di felicità e nella costruzione del suo covo segreto, nella sua oasi in mezzo al deserto, serena e contraddittoria, tutta tesa alla serenità finale, che non è certo fuori dalle lacrime. Anche per Orsetta De Rossi, analista dispensatrice di consigli e di kleenes, non esente suo malgrado dagli scatti d’ira, applausi a scena aperta, meritatissimi. Con loro i più che apprezzabili Eleonora Russo e Diego D’Elia. Successone e pubblico alle stelle: non guastava neppure la colonna sonora (da Tenco a Vanoni, da Endrigo a Paoli, giù giù verso i Sessanta/Settanta) che non faceva che ribadire l’amore di Cotroneo per la canzone – gli intermezzi canterini degli attori già apprezzati in certi sceneggiati televisivi – e per queste sospensioni, con evidenti coretti in sala.
Elio Rabbione
Nelle immagini, gli interpreti principali Massimiliano Gallo e Fabrizia Sacchi, il gruppo al completo del cast con pure, al centro, l’autore e regista di “Amanti” Ivan Cotroneo.
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