L’esistenza del feudo di antica origine, considerato una piccola isola autonoma soggetta alla giurisdizione di Vercelli, non era concepibile nell’epoca in cui le fortune aleramiche erano in auge in Monferrato e venne assorbito dalle dinastie del marchesato. Sorto, come opposizione al potere dei nobili, Cereseto acquistò una personale fisionomia solo nel 1358 con la pubblicazione degli statuti e la costituzione dei consorzi famigliari che tutelavano sia i feudatari che i sudditi. Nei parlamenti di Moncalvo del 1388 e di Pontestura del 1432 furono trattate le questioni commerciali, i tributi, la libertà personale, le milizie, la polizia interna, il diritto personale civile e il foro ecclesiastico dei comuni. Il gettito tributario del comune signorile di Cereseto era superiore di quattro volte il gettito dei comuni maggiori e di quindici volte quello dei comuni minori. Il consorzio si manifestò con la costruzione della torre e della loggia comune, simbolo di prestigio e potere. L’abitato si era spostato dalla collina di San Cassiano sull’attuale colle nel XVI° secolo e la antica pieve venne unita ai benefici della vecchia parrocchiale di San Pietro, situata accanto all’antico castello in stato cagionevole e rovinato del tutto già alla fine del XVII° secolo. Il feudo di Cereseto fu investito dal duca Vincenzo I° Gonzaga al marchese Germanico Savorgnan, celebre ingegnere militare e architetto veneziano quale ricompensa per la progettazione della Cittadella di Casale.
Dal 1693 al 1700 il feudo era proprietà del marchese Giacomo Bartolomeo Gozzani di Treville, vice presidente del Senato monferrino, succeduto al marchese Mario Germanico Savorgnan pronipote del famoso ingegnere, difeso nella disputa dal conte Cesaro Antonio Ardizzoni. Il marchese Gozzani era difeso dal causidico Francesco Lodovico Perracino, podestà del castello di Pontestura e padre di Brigida, moglie del cugino Bernardino Gozzano ultimo proprietario della casa Gozzano di Luzzogno abitanti nella villa Monromeo di Serralunga di Crea, antica casa dei discendenti del condottiero Facino Cane. Nella lista dei beni feudali sono elencati: un molino nella contrada Collobrio, la cascina Merli e la contrada Tavolara proprietà del castello con i terreni sopra le fini di Ozzano e Pontestura, le masserie delle Sturelle e Buffalora, i beni della pieve di San Cassiano, il palazzo del castello con le sue fosse, l’osteria e le case adiacenti.
Il palazzo esistente tra la chiesa e l’antico castello era sede dei diciotto notai di Cereseto dell’epoca e di Giacomo Meda, notaio e castellano, ormai con poche stanze abitabili già nel 1711. La linea dei Savorgnan si estinse nel 1726 con la morte di Francesco e il feudo, devoluto alle finanze, venne acquistato dal primo marchese di Cereseto e secondo conte di Piová Massaia Francesco Antonio Ricci nel 1728. Governatore di Casale, comandante della polizia urbana e mercante di tela, non riuscì ad elevare a marchesato la contea di Piová. Sposato con Maria Maddalena Callori, era figlio del podestà Fabio Federico, primo conte di Piová e cognato del conte Antonino Gozzani di San Giorgio. Il secondo marchese di Cereseto e terzo conte di Piová Fabio Federico Ettore Ricci, sposato in seconde nozze con Giulia del Carretto, decurione e provveditore di Casale, edificò la villa Ricci sui ruderi dell’antico castello di Cereseto e il palazzo di Piová.
Il quarto marchese di Cereseto e quinto conte di Piová Giuseppe Ricci, sposato con la contessa Teresa Visconti figlia del conte Emanuele Luigi e di Giuseppina Gozzani di San Giorgio, vendette la villa barocca e i beni di famiglia del feudo di Cereseto ereditati dallo zio Vincenzo Stanislao, terzo marchese di Cereseto e quarto conte di Piová, al conte savoiardo di Caraz e Castelgrana Giovanni De Maistre, figlio del conte Luigi e di Giuseppina Sannazzaro di Giarole. Giovanni dilapidò il patrimonio al gioco e vendette la
villa Ricci e il castello di Motta dei Conti, poi riscattati dalla moglie Giuseppina. La elegante villa di Cereseto con giardino all’inglese passò in eredità al genero Giuseppe Lovera dei marchesi di Marie (contea savoiarda di Nizza) e alla figlia Giulia De Maistre, venduta nel 1908 dal loro figlio Giacinto all’industriale e mecenate conte Riccardo Gualino. La villa Ricci fu alienata per costruire l’attuale maniero neogotico per l’ambiziosa moglie e cugina Cesarina Gurgo Salice su progetto del casalese ing. Vittorio Tornielli. La splendida dimora fu inaugurata nel 1912 in occasione del loro quinto anniversario di matrimonio e gli invitati indossarono abiti medioevali per essere in accostamento allo stile del castello.
Nei primi anni del ‘900, Cesarina frequentò il collegio femminile gestito dalle Filles de la Sagesse, congregazione di monache monfortiane provenienti dalla Vandea fondata da San Luigi Grignon da Montfort nel 1703 (Alta Provenza) che migrarono in Italia e nel mondo dopo che la Francia aveva messo al bando gli istituti religiosi, istituto che si era trasferito da Casale al castello di San Giorgio proprietà del conte Giuseppe Cavalli d’Olivola, figlio di Alessandro e della contessa Paolina Gozzani. Nel teatro del castello di Cereseto il maestro Alfredo Casella diresse un concerto dedicato a Igor Stravinskij e nel circolo culturale dei coniugi Gualino entrarono grandi personaggi: Emma Gramatica, Jacques Dalcrole di Ginevra padre della danza moderna, Pietro Canonica scultore di Moncalieri, Carlo Levi, Luigi Pirandello, Benedetto Croce, Amedeo Nazzari, Leonardo Bistolfi, Felice Casorati e la moglie Daphne Maugham, Sibilla Aleramo, Rajssa Gourevitch (che sposerà nel 1927 Giorgio De Chirico) e Richard Strauss. La collezione della musa Cesarina, stregata da Lionello Venturi storico e figlio del critico d’arte Adolfo, fu valutata in 250 milioni di lire nel 1931, compresi i sette Modigliani acquistati a Parigi nel 1921 e parte delle opere furono destinate alla Galleria Sabauda.
Oltre al castello, i coniugi Gualino lasciarono come unica testimonianza la lapide in bronzo del Canonica posta alla base del maniero, altorilievo neogotico destinato al monumento dello zar Nicola II° a San Pietroburgo, acquistato dal Gualino dopo la rivoluzione bolscevica. Però la grande notorietà fu il seme della loro rovina. La crisi americana del 1929 coincise con il tracollo finanziario del Gualino ed ebbe inizio la decadenza del castello, messo all’asta dalle Finanze nel 1933 unitamente alla tenuta Gambarello dei marchesi Ricci. Gualino fu incarcerato in Francia e a Torino ed in seguito confinato per cinque anni a Lipari nel 1931, rappresentando l’opposizione liberale alla dittatura mussoliniana. Dopo l’avvento dei diversi proprietari, l’immagine dei castello fu deteriorata nel 1980 da una gang di malviventi nota come French Connection che produceva eroina fornendosi di oppio e morfina dal Medio Oriente, segnando il culmine della decadenza del maniero.
Armano Luigi Gozzano
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