Trapianti, l’efficienza del modello Piemonte

Trapianti, la cultura del “dono prezioso da non sprecare” recepita alla lettera da  Piemonte-Valle d’Aosta: nei primi 9 mesi del 2023, su 74,2 donatori segnalati per milione di abitanti, 41,1 sono gli effettivi e 40,9 quelli utilizzati

 

All’evento online di OMaR dibattito aperto tra pazienti, clinici e istituzioni sulle necessità soprattutto nella delicata fase post-operatoria, sia dal punto di vista psicologico che nella gestione del rischio di infezioni come il Citomegalovirus

 

Correlazione complessa tra malattie genetiche rare e insufficienza d’organo: il trapianto spesso unica alternativa terapeutica possibile

 

 

Roma, 18 ottobre 2023227 di rene, 145 di fegato, 23 di cuore, 22 di polmone e 5 di pancreas: non sono numeri a caso, ma i trapianti di organo registrati in Piemonte e Valle d’Aosta nei primi nove mesi del 2023. Numeri che continuano a crescere, come ha testimoniato Antonio Amoroso, Direttore CRT – Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte e Direttore Dipartimento Trapianti, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino: “In Piemonte sono stati superati complessivamente i 6.000 trapianti di rene e stiamo per raggiungere il traguardo di 4.000 trapianti di fegato e più di 1.200 tra trapianti di cuore e di polmoni. Un lavoro costante che portiamo avanti dal 1981: il nostro è stato infatti il primo Centro Trapianti a fornire diagnosi e consulenza genetica in Italia e continua a rappresentare un punto di riferimento nazionale, in particolare per i trapianti di fegato e reni”. Antonio Amoroso è intervenuto nel corso dell’evento online dedicato proprio all’importanza della donazione di organi, tessuti e cellule staminali, organizzato da OMaR – Osservatorio Malattie Rare – con il patrocinio non oneroso di ADMO Onlus – Associazione Donatori Midollo Osseo, AIDO Piemonte – Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule, AMR – Alleanza Malattie Rare, Centro Nazionale Trapianti e CRT Piemonte – Centro Regionale Trapianti Piemonte – con il contributo non condizionante di Takeda Italia. L’incontro, oltre a evidenziare casi di eccellenze come quello piemontese, è stato l’occasione per parlare con pazienti, clinici e istituzioni, della delicata fase post-operatoria e della prevenzione e gestione delle infezioni opportunistiche come il Citomegalovirus (CMV).

 

Il modello Piemonte è un modello molto efficiente. “Su 74,2 donatori segnalati per milione di abitanti nei primi nove mesi di quest’anno, 41,1 sono gli effettivi e 40,9 quelli utilizzati. La differenza così esigua dimostra come il sistema sia in grado di valutare con efficacia l’idoneità degli organi prima del prelievo, evitando sprechi di tempo e di risorse, ma anche limitando i disagi emotivi per le famiglie”, ha sottolineato Anna Guermani, Responsabile del Coordinamento Regionale delle Donazioni e dei Prelievi di Organi e Tessuti Piemonte e Valle d’Aosta – AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – PO delle Molinette. Questo scenario, però, non è presente su tutto il territorio nazionale: al contrario, le disparità tra Regione e Regione sono rilevanti e a segnalarlo sono spesso anche le associazioni di pazienti. “Sappiamo tutti quanto è importante promuovere la cultura del dono, perché una maggiore disponibilità di organi, tessuti e cellule staminali può garantire a un numero superiore di persone l’accesso a questo percorso salvavita e in tempi più brevi. Allo stesso tempo, però, occorre mettere in atto delle strategie per supportare i pazienti, e con loro le famiglie, che si trovano ad affrontare il lungo percorso trapiantologico che quasi sempre prevede una lunga permanenza fuori casa e la migrazione in una diversa Regione – ha dichiarato la Sen. Elisa Pirro, Intergruppo Parlamentare Donazione e Trapianto di Organi, Tessuti e Cellule – Esistono, ancora oggi, differenze di trattamento e di comportamento a livello regionale: non c’è, ad esempio, una regolamentazione univoca per l’accesso ai Centri Trapianti e questo può influenzare molto la scelta di chi richiede l’accesso alla lista che, pur essendo parte di un sistema nazionale, prevede l’iscrizione presso un solo Centro Trapianti sul territorio a libera scelta del paziente. La prima, tra le tante, necessità da concretizzare è allora quella di garantire l’uniformità di accesso ai Centri Trapianti nell’intero Paese”.

 

Il Centro Nazionale Trapianti (CNT) riporta che in Italia, nel 2022, è stato registrato un incremento delle donazioni e quindi un aumento di trapianti di organo: il numero complessivo di trapianti è stato di 3.887, quasi 100 in più rispetto al 2021 (+2,5%). Nello specifico 2.038 di rene, 1.474 di fegato, 254 di cuore, 138 di polmone e 38 di pancreas. Numeri significativi anche per l’attività di donazione di tessuti: i prelievi sono stati 11.031, soprattutto per quanto riguarda le cornee e il tessuto muscolo-scheletrico, in leggero calo invece i trapianti (20.459, nel 2021 sono stati 20.979). Secondo il report del CNT, il 2022 è stato un anno da record per l’attività inerente a midollo osseo e cellule staminali emopoietiche: sono state 329 le donazioni effettive realizzate e 961 i trapianti, miglior risultato di sempre in entrambi i casi. A proposito di trapianti di cellule staminali emopoietiche, il Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte-Valle d’Aosta ha registrato, nei primi sei mesi del 2023, 60 trapianti allogenici (ossia provenienti da un altro organismo) e 86 autologhi (cioè appartenenti allo stesso organismo del soggetto).

 

Sebbene attualmente in Italia i pazienti in lista d’attesa per un organo siano più di 8.000 – un fattore da non sottovalutare – è opportuno lavorare sugli aspetti organizzativi e di coordinamento, considerando la delicatezza di tutte le fasi del trapianto: dall’immissione in lista d’attesa al follow up del paziente, che deve essere strettamente monitorato dopo il trapianto per allontanare i rischi connessi al rigetto e alle infezioni opportunistiche, come il CMV, che possono impattare drammaticamente sul paziente trapiantato. “I pazienti trapiantati devono ‘rinunciare’ all’efficienza completa del proprio sistema immunitario con la somministrazione di immunosoppressori, con conseguente attento bilancio tra immunosoppressione e suscettibilità alle infezioni sia comuni che opportunistiche, che in persone sane non comporterebbero pericoli, mentre per i trapiantati rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità – ha affermato Francesco De Rosa, Responsabile Infettivologia Presidio Ospedaliero delle Molinette di Torino – Uno di questi è il Citomegalovirus, un virus appartenente alla famiglia degli Herpesviridae e molto comune: una volta contratto, il CMV rimane nascosto e latente all’interno dell’organismo per tutta la vita, ma può riattivarsi in caso di indebolimento del sistema immunitario, come appunto nel post-trapianto, oltre che essere acquisito con l’organo trapiantato. È opportuno tanto fare prevenzione, ad esempio attraverso l’igiene personale, quanto formare una equipe di esperti capace di gestire le complicanze dovute all’infezione”.

 

“Tutelare il paziente è da sempre un obiettivo prioritario per Takeda. Un impegno che guida tutte le nostre attività, a partire dalla ricerca. Nel caso delle persone che hanno ricevuto un trapianto e che sono quindi maggiormente a rischio di infezioni che ne possono compromettere l’esito, come quella da CMV, , appare quanto mai necessario individuare delle soluzioni a tutto tondo: tra queste vi sono ovviamente le terapie, ma anche tutti i possibili ‘strumenti’ di prevenzione e cura. L’attenzione deve essere su ogni snodo del percorso paziente, che possa dare benefici a lungo termine e migliorare la qualità di vita dei pazienti – ha sostenuto Andrea Degiorgi, Rare Business Unit Head Takeda Italia – Quindi oltre a investire nella ricerca, è fondamentale instaurare un dialogo con tutti i soggetti facenti parte del sistema: ci interfacciamo, dunque, con istituzioni, associazioni pazienti , caregivers e medici per sensibilizzare sulle criticità e sui rischi connessi all’intero processo, dalla donazione alle complicanze post-trapianto, condividendo la fragilità di questi pazienti, l’esigenza di non sprecare il valore della donazione, e sostenendo che debbano avere una propria voce, e informata, al riguardo”.

 

Fondamentale è anche tutelare il paziente dal punto di vista psicologico ed emotivo. “Il trapianto è una procedura medica straordinaria sotto molti punti di vista e il paziente trapiantato rappresenta un esempio di fragilità complessa che deve essere salvaguardata al meglio – ha detto Marco Borgogno, Presidente AITF – Associazione Italiana Trapiantati di Fegato – Il supporto, però, non va garantito solo post-trapianto, ma anche prima e nella fase di degenza post-operatoria. Inoltre, è necessario farlo tanto alla persona che dovrà subire il trapianto quanto all’intero nucleo familiare: insomma, bisogna sempre considerare la soggettività, la prevenzione e la cura del distress psichico di tutti coloro che sono coinvolti nel percorso trapiantologico a partire dalla proposta di prelievo di organi, tessuti o midollo, anche nel caso di tumori, senza tralasciare l’assistenza ai familiari dei donatori deceduti”.

 

Infine, all’evento di OMaR, l’attenzione è stata rivolta anche alla complessa correlazione tra le malattie genetiche rare e l’insufficienza d’organo che vede nei trapianti spesso l’unica alternativa terapeutica possibile sia per i bambini che per gli adulti. Un recente studio pubblicato su Orphanet Journal of Rare Diseases ha infatti confermato che in Italia, dal 2002 al 2019, hanno ottenuto un trapianto di cuore, polmone, fegato o rene 49.400 pazienti e a causare la necessità del trapianto sono state 128 patologie, di cui 117 erano malattie rare. “Può accadere anche che un paziente arrivi all’intervento senza avere una diagnosi, cioè senza sapere il nome della propria malattia – ha concluso Ilaria Vacca, Caporedattrice OMaR – Osservatorio Malattie Rare e moderatrice dell’incontro – Sarebbe allora auspicabile prevedere un iter diagnostico genetico prima del trapianto almeno per alcune categorie di pazienti. Considerando poi che per una piccola parte di questi esistono nuovi approcci terapeutici che possono rappresentare una valida alternativa al trapianto, la necessità di una diagnosi precisa in presenza di insufficienza acuta d’organo risulta quantomai necessaria”.

 

All’evento online “Il trapianto è un dono prezioso da non sprecare: il Piemonte come case study” sono stati invitati anche: Carlo Marzi, Assessore alla Sanità, Salute e Politiche Sociali, Regione Autonoma Valle d’Aosta; Lorenzo Angelone, Direttore Sanitario AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – PO delle Molinette; Massimo Cardillo, Direttore Generale Centro Nazionale Trapianti; Stefano Balma, Presidente ADMO Piemonte ODV; Renato Romagnoli, Direttore SC Centro Trapianti di Fegato, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino; Luigi Biancone, Direttore Centro Trapianti di Rene, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino; Vanesa Gregorc, Direttore Centro Trapianti di Cellule Staminali I.R.C.C.S. di Candiolo (TO); Daniela Cilloni, Direttore CFMT – Centro Trapianti Midollo Osseo Metropolitano Torino; Fabrizio Carnevale Schianca, Coordinatore del Programma Trapianti e Terapia Cellulare IRCCS Istituto di Candiolo; Alessandro Busca, SSD Trapianto Cellule Staminali, AOU Città della Salute e della Scienza, Torino; Federica Maria Galleano Gariglio, Presidente AIL Torino; Rodolfo Brun, Coordinatore Servizio Psicologia Medica per i Trapianti CRT – Centro Regionale Trapianti di Torino; Sen. Beatrice Lorenzin, Intergruppo Parlamentare Donazione e Trapianto di Organi, Tessuti e Cellule.

 

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