Nelle viuzze del Quadrilatero, in pieno centro, la piccola comunità greco-ortodossa torinese si raccoglie in chiesa.
Si prega, si ascolta, si commentano i fatti e non si trascura la storia, le vicende dei greci dominati per quattro secoli dai turchi, l’indipendenza dal giogo ottomano, le tragedie di cent’anni fa, i massacri, la fuga e la gioia di vivere in patria, nella propria terra. Ma quanti lutti, quante sofferenze patite dai greci a causa di eventi storici che molti neppure conoscono. I greci del Piemonte, alcune centinaia di persone, ci ricordano quel passato con un grande manifesto su cui compare la scritta “1922, la catastrofe dell’Asia Minore”, appeso sul portone della chiesa della Santissima Annunziata delle Orfane, oggi utilizzata dai greci-ortodossi, in via Delle Orfane angolo via San Domenico, a pochi passi dal Mao e dalla Consolata. Perché la catastrofe?
Il periodo storico è quello della guerra greco-turca che si svolse, da maggio 1919 a ottobre 1922, tra la Grecia e la nuova Repubblica di Turchia nata sulle ceneri dell’Impero ottomano. Il Trattato di Sèvres (10 agosto1920) successivo alla Prima guerra mondiale, aveva assegnato alla Grecia i territori dell’Anatolia, della Tracia e la città di Smirne e fu proprio il passaggio di questa città ai greci che scatenò la furia dei turchi. La Turchia di Ataturk vinse la guerra e ottenne i confini attuali ma per la Grecia la fine del conflitto provocò lo stravolgimento dell’assetto demografico del Paese. Nell’estate 1922 i soldati turchi entrarono a Smirne con l’obiettivo di cancellare ogni elemento greco dell’Asia Minore. È quello che fece il comandante dell’esercito turco repubblicano Nureddin Pascià il cui scopo era quello di sterminare i cristiani di Smirne.
Per attuare il piano furono commessi crimini terribili, le case furono incendiate, migliaia di greci torturati e uccisi, i distretti greco, armeno ed europeo della città rasi al suolo. I due terzi di Smirne furono distrutti. Le vittime furono oltre 30.000. Solo l’area turca rimase intatta. L’incendio di Smirne per i greci dell’Asia Minore rappresentò il culmine degli eventi chiamati dagli storici greci con il nome di “Catastrofe dell’Asia Minore” da cui riuscirono a salvarsi 250.000 cristiani che fuggirono in Grecia. Un testimone d’eccezione che descrisse il dramma degli abitanti di Smirne fu Ernest Hemingway, allora giovane corrispondente di guerra nell’Impero Ottomano. I suoi articoli raccontano in modo terrificante l’odissea della popolazione greca. Nello stesso anno si concluse anche la tragedia dei greci del Ponto, regione storica della Turchia nord-orientale sul Mar Nero, la cui popolazione scampata allo sterminio dei turchi fu compresa nell’accordo sullo scambio di popolazioni tra i due Paesi stabilito dal Trattato di Losanna del 1923 con il quale la Grecia perse tutti i territori che aveva ottenuto con il Trattato di Sèvres nel 1920. Losanna stabilì in pratica le frontiere della Turchia moderna di Ataturk. Si creò così un immenso esodo di profughi nelle due direzioni, circa un milione e mezzo di cristiani greco-ortodossi verso la Grecia e oltre 500.000 musulmani verso la Turchia. Tutti costretti da un giorno all’altro a lasciare case, paesi, città e beni per spostarsi in un territorio sconosciuto che diventerà la loro patria.
La “catastrofe dell’Asia Minore” è considerata la più grande calamità nella storia moderna della Grecia. Ancora oggi greci e turchi si detestano ricordando il passato e le ferite aperte portano a volte le due nazioni a un passo da un conflitto. Secondo diversi studiosi il numero totale dei morti varia da 300.000 a 900.000 vittime. Ogni anno, il 14 settembre, la Grecia commemora lo sterminio dei greci dell’Asia Minore da parte dei turchi. È trascorso un secolo da quella tragedia. “Non dimenticate la nostra storia, chiedono i greci del Piemonte.
Filippo Re
nelle foto Chiesa greco-ortodossa in via delle Orfane
interno chiesa greco-ortodossa
Incendio di Smirne
Conquista turca di Smirne
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