Presentata la nuova stagione del Teatro Stabile di Torino
Sono importanti i numeri, importantissimi. E si è visto con quanto orgoglio e passione la dirigenza dello Stabile torinese snoccioli i propri dinanzi alla sala del Gobetti affollata di pubblico e addetti ai lavori alla conferenza stampa di presentazione della stagione. Sono da sottolineare come vessillo di fiducia quei 440 abbonamenti già sottoscritti senza ancora conoscere quei titoli che avrebbero sviluppato il calendario; su 49 titoli programmati 31 sono scritti da autori viventi e volti ai temi del presente, 9 le produzioni esecutive (si riprenderà “La tempesta” messa in scena da Alessandro Serra per portarla a luglio ad Avignone nel programma del più importante festival teatrale del mondo, quindi in Polonia, in Ungheria, in Svizzera, in Turchia e ancora in Francia: tutto a riaffermare la volontà di esportare il proprio lavoro e di confrontarlo con quanto succede in molti paesi esteri) e 11 le coproduzioni. Saranno settecentosei le alzate di sipario in sede e in tournée, “alle attività di produzione, ospitalità, formazione e ricerca destiniamo oltre la metà del bilancio, una cifra pari a 6,5 milioni di euro; per dare una misura della ricaduta occupazionale della nostra attività, il personale dipendente e scritturato maturerà nella prossima stagione quasi trentamila giornate lavorative”, sottolineano il presidente Lamberto Vallarino Gancia e il direttore Filippo Fonsatti; senza dimenticare che “saranno coinvolti, con perfetta parità di genere, 54 dipendenti a tempo indeterminato e determinato tra impiegati e tecnici, oltre a 300 artisti, collaboratori e tecnici scritturati.
Particolarmente significativo è il dato anagrafico degli scritturati, i due terzi dei quali ha meno di quarant’anni”, come a dire che il TST si sposta sempre più verso una corroborante vena giovanile. Lavoro e traguardi che lo pongono, unico teatro italiano, a far parte di mitos21, il Gotha dei teatri europei, oltre a sedere per un secondo mandato nel consiglio direttivo della European Theatre Convention, organismo di rappresentanza di oltre cinquanta teatri del continente; “inoltre siamo felici di annunciare che il nostro progetto artistico triennale è stato riconosciuto al primo posto dal Ministero della Cultura tra quelli dei Teatri Nazionali e dei Teatri di Rilevante Interesse Culturale Italiani”.
Ma si sa, i numeri, oltre ad essere sì concreti ma tremendamente aridi, non sono tutto quando si decide di immergerli in una sala teatrale, con o senza velluti rossi, quando si ha la possibilità di rivedere le stelle e le sale piene, di gustare una tranquillità e una programmazione dove “l’anima poetica del teatro torna quindi a respirare e ritrova i suoi ritmi più regolari”, come s’illumina il direttore artistico Valerio Binasco. Siamo “Out of the blue” – la ragazzina con il suo ‘puppy’ è l’immagine che ci accompagnerà per una intera stagione, la foto è di MK Slowinski – ma il “fuori” è testimoniato da un elenco di titoli che attraversa pressoché l’intera storia del teatro, guardando ai classici paludati e a grandi importanti tappe dell’Ottocento e del Novecento per arrivare ai giorni nostri, quell’oggi dove su un fiammeggiante red carpet sfilano Romeo Castellucci e Pippo Delbono, Stefano Massini (“Storie” con improvvisazione jazz di Paolo Jannacci e Daniele Moretto) e Melania Mazzucco, Raffaele La Capria (“Ferito a morte”, premio Strega 1961, per la regia di Roberto Andò, “un diario romantico” nella Napoli del dopoguerra), Mimmo Borrelli e Francesco Niccolini, sino ai giovanissimi Liv Ferracchiati, Emanuele Aldrovandi, Matthias Martelli e Diego Pleuteri (ventitreenne, affidato alle cure di Leonardo Lidi, 34, per “Come nei giorni migliori”, ovvero dare una risposta a domande del tipo di cosa si compone un amore? che cosa significa amare? per l’occasione poste al centro di una coppia al maschile). È necessario un humus che tranquillizzi e convinca, che sia pieno di linfa, che porti in sé autori e testi di tutto rispetto, di gran peso.
Lo sguardo s’allarga all’area angloamericana, dove troviamo Lucy Kirkwood (“The children”, un incidente nucleare coinvolge e sconvolge le vite di due scienziati, Elisabetta Pozzi e Giovanni Crippa), Patrick Marber (“Closer”, scritto nel 1997, ha avuto una trasposizione sullo schermo di successo con Mike Nichols, oggi l’interprete e regista è Fabrizio Falco; e “Don Juan in Soho”, rivisitazione del dissoluto di Molière, che nella Londra di oggi fa il dj), David Moore, Alexander Zeldin (che dirige la quasi ottantenne Marie Christine Barrault in “Une mort dans la famille”, testo da lui scritto e diretto per l’Odéon parigino) e Enda Walsh (“Lazarus”, scritto in collaborazione con David Bowie e seguito ideale di “L’uomo che cadde dalla luna”, avrà le sembianze di Manuel Agnelli); per segnalare ancora l’argentino Claudio Tolcachir con il Piccolo di Milano, il francese Daniel Pennac (“Storia di un corvo” con Giuseppe Cederna) e la bosniaca Tanja Šljivar.
Guardando alle produzioni di casa, Valerio Binasco s’è ritagliato il compito di riscoprire un testo scritto da Melania Mazzucco circa vent’anni fa per la radio e premiato al 53° Prix Italia come miglior radiodramma dell’anno, “Dulan la sposa” (la storia di una coppia in luna di miele, tormentata dal fantasma di una ragazza morta nella piscina del loro condominio) e affronta “I sei personaggi” pirandelliani, uno dei capolavori del nostro Novecento, nell’intento di scoprire quanto ancora di ignorato e di non espresso ci possa essere in quel gruppo d’attori, tra umanità e maschere, tra parole costruite e vita reale. Filippo Dini, regista residente, apre la stagione il 3 ottobre al Carignano con “Il crogiuolo” (1952) di Arthur Miller, testo poco rappresentato, dove nei personaggi delle seicentesche “streghe di Salem” si lessero in trasparenza le delazioni e le condanne dell’America maccarthista; ed esplora il continente nordamericano di oggi con “Agosto a Otage County” dello statunitense Tracy Letts, premio Pulitzer e Tony Award nel 2008, candidature Oscar per due superbe Meryl Streep e Julia Roberts nel film firmato da John Wells), uno scampolo di famiglia d’oltreoceano che avrà tra gli interpreti Giuliana De Sio. Leonardo Dini, regista associato, oltre al titolo di Pleuteri, proporrà “Il gabbiano” di Cechov e “La signorina Giulia” come spettacolo ospite. La regista ungherese Kriszta Székely, anche lei regista associata in cerchia TST, dopo un non troppo convincente, forzatamente modernizzato “Zio Vanja”, sceglie per la stagione “Riccardo III” di Shakespeare, con l’aiuto di (attesissimo, lui sì) Paolo Pierobon, in attesa noi di sapere dovrà vorrà condurci questa volta; e ci offre pure una rilettura dell’ibseniano “Hedda Gabler”, coprodotto con il Teatro Katona di Budapest.
Ancora In un panorama di albori teatrali, sulla strada tracciata in questo finale di stagione dal dittico “Ifigenia/Oreste” di Euripide, arriveranno “Orestea”, ovvero la triade Agamennone Coefore Eumenidi di Eschilo, proveniente da Siracusa per la regia di Davide Livermore, e tratto da Sofocle Gabriele Vacis proporrà “Antigone e i suoi fratelli”, simbolo di una gioventù, universale e senza tempo, capace di opporsi al potere precostituito e ai compromessi.
Tra le tante ospitalità “Servo di scena” di Ronald Harwood con Geppy Gleijeses, Maurizio Micheli e Lucia Poli, “Spettri” di Ibsen interpretato da Andrea Jonasson e diretto dal lituano Rimas Tuminas, “Il mercante di Venezia con Franco Branciaroli e “Maria Stauarda” di Schiller, diretto da Livermore, dove Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni si scambieranno i ruoli di Maria e l’avversaria Elisabetta di sera in sera, “Uno sguardo dal ponte”, ancora Miller, interprete e regista Massimo Popolizio con il Teatro di Roma. Per le festività natalizie promessa di risate con “Mine vaganti” che Ferzan Özpetek ha tratto dall’omonimo suo film, interpreti Francesco Pannofino, Iaia Forte e Simona Marchini.
Elio Rabbione
Nelle immagini, l’immagine che accompagna la stagione; Valerio Binasco, direttore artistico del TST; momenti tratti da “Servo di scena”, “Spettri”, “Orestea” e “Mine vaganti”, durante le festività natalizie al teatro Carignano.