Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Alberto Deambrogio, segretario regionale del PRC di Piemonte e Valle d’Aosta, in vista dell’approssimarsi del 25 aprile, data periodizzante all’interno delle vicende collettive del nostro Paese.
Il 25 aprile è oggi più che mai una ricorrenza decisiva per la memoria pubblica del nostro Paese, è la data spartiacque tra l’opzione aperta alla giustizia, alla libertà, alla pace e quella ripiegata su un profilo antidemocratico, razzista e militarista. L’unicità della nostra Resistenza, anche rispetto a quella francese o norvegese per esempio, sta nel fatto che fu il punto di congiunzione tra una guerra di liberazione nazionale, una guerra civile e, per una parte del movimento partigiano, anche una guerra di classe contro il padronato agricolo e industriale che aveva sostenuto dall’inizio il fascismo. Il punto fermo della Liberazione, con i suoi valori e i suoi sacrifici, ci aiuta a orientarci in una incredibile, continua, sovversione dei fatti storici a uso politico.
Sono questi i giorni sciagurati in cui la quasi totalità della nostra classe politica ci ha detto che occorre ricordare ogni anno l’eroismo e il sacrificio degli alpini a Nikolajewka, dimenticando tranquillamente da che parte stavamo. D’altro canto, nel recente passato, abbiamo pure sancito il dovere di ricordare le foibe per dimenticare i massacri e gli stermini compiuti dagli italiani in Jugoslavia. Il triste paradosso sta nel fatto che, oggi, le forze che richiamano i fatti della Resistenza a copertura dell’invio di armi a Kiev, del riarmo europeo e dell’aumento vergognoso delle spese militari, sono le stesse che hanno istituito una giornata di commemorazione delle truppe fasciste che invasero l’Ucraina. L’aggressione militare della Russia di Putin contro quest’ultima, il massacro della sua popolazione civile, avrebbero bisogno di tutt’altra risposta sul piano diplomatico.
L’eredità della resistenza diede vita a concrete realizzazioni, basti pensare, ad esempio, ai diritti fondamentali alla salute e al lavoro. Questi ultimi ebbero una traduzione materiale attraverso leggi della Repubblica legate a figure partigiane come quelle di Tina Anselmi e Bruno Trentin. In spregio a questa eredità fondamentale, le attuali forze di governo nel mentre si apprestano ad aumentare le spese militari fino al 2% del PIL, riducono di un miliardo all’anno per i prossimi tre anni il finanziamento al Servizio Sanitario Nazionale. Rinunciano a qualsiasi intervento diretto per l’aumento dei posti di lavoro, soprattutto nella sanità, nella scuola e nella conversione ecologica, a dispetto di tutti i buoni propositi enunciati durante la pandemia.
Chi, come l’ANPI e il suo presidente, chiede con fermezza e autonomia di far rispettare l’art. 11 della Costituzione è sottoposto a un’ordalìa permanente. Oggi mantenere spirito critico e capacità di analisi complessa è qualcosa di molto difficile. Eppure è esattamente questo atteggiamento che garantisce che l’ANPI sia percepita come un patrimonio nazionale, ed è in forza di ciò che mi sento di esprimere all’Associazione Nazionale Partigiani la mia piena solidarietà. Non sfuggirà a nessuno, infatti, che il bersaglio grosso dietro Pagliarulo e la sua associazione sia ormai la nostra Carta costituzionale.
Alberto Deambrogio
Partito della Rifondazione Comunista