Per vederli ci vogliono i guanti bianchi. Come avviene per tanti altri tesori abbandonati o nascosti nei depositi di musei, gallerie e biblioteche. Sono due fogli di pergamena, due piccoli documenti, intatti, risalenti alla prima metà del Duecento, che dimostrano l’interesse dell’imperatore Federico II di Svevia nei confronti di Chieri.

L’imperatore infatti non si accontentò solo di governare il meridione d’Italia ma cercò anche di sottomettere una parte delle regioni del nord. Il Piemonte a quell’epoca era diviso e spezzettato tra signorie e feudi, marchesati e comuni, c’era il Marchesato di Saluzzo e il Marchesato di Monferrato, entrambi sotto la dinastia degli Aleramici, il Principato del Piemonte sotto i Savoia-Acaia e diversi comuni tra cui Asti e Chieri. E come se avesse confessato ai suoi consiglieri più fidati che Chieri, che contava allora poche migliaia di abitanti, gli serviva, gli apparteneva e quindi doveva sottostare alla sua autorità. Lo scopriamo leggendo due documenti di un’antica pergamena scritti con un’elegante calligrafia dal suo cancelliere personale, mai restaurati, mai esposti in pubblico. Manca solo il sigillo pendente, andato purtroppo perduto. “Federico II, per grazia di Dio, imperatore dei romani, re di Gerusalemme e di Sicilia” dichiara Chieri, nell’aprile 1238, sua “camera specialis”, unendo così strettamente alla sua persona la cittadina di Chieri, diventato comune nel 1168.
