Testimonianza da Buchenwald dove morì Mafalda di Savoia

Nelle memorie di Italo Mora,  superstite

La principessa d’Italia, d’Etiopia e di Albania Mafalda di Savoia (*Roma 19-11-1902) secondogenita di Vittorio Emanuele III° e di Elena di Montenegro, morì dissanguata per una seticemia causata da un assurdo intervento eseguito nelle baracche adibite a sale operatorie il 27-8-1944.Gli esperimenti pseudoscientifici sui prigionieri diedero la peggior fama al campo.La morte fu attribuita a Gerard Schiedlausky poi condannato  all’impiccagione nel 1948 dal tribunale di Amburgo.Ilse Koch, moglie di Karl comandante del campo,fu definita la strega di Buchenwald per il crudele sadismo nei confronti dei detenuti,scuoiandone la pelle per abbellire i paralumi della propria casa.
Criminale di guerra, odiata e definita cagna dagli stessi nazisti, morì suicida nel 1967.I prigionieri venivano inviati al lavoro forzato anche all’esterno nelle vicine fabbriche di Weimar in attesa di vederli morire dalla stanchezza e dal digiuno.Infatti a Buchenwald (bosco di faggi) le camere a gas erano pressoché inesistenti.Il campo, costruito su una collina densa di faggi tra il 1937 e il 1945, divenne uno dei più spaventosi lager della Germania nazista.
Le baracche furono costruite dai detenuti con il legname della vicina foresta prediletta da Goethe.Le SS salvarono l’albero sotto il quale il poeta amava scrivere le proprie opere, distrutto in seguito dal bombardamento USA del 24-8-1944.Oggi la strada che attraversa il bosco é denominata blutstrasse (via del sangue)in memoria degli oltre 54000 detenuti uccisi.Weimar non viene così solo ricordata per la nascita della prima costituzione democratica,ma anche per il memoriale costruito nel 1958 dalla DDR dove furono riportati i nomi delle 18 nazioni di provenienza dei morti nel campo di concentramento.
Mio zio materno Italo Mora (1922-2014)era stato arruolato nel battaglione Exilles della 1° divisione alpina Taurinense che prese parte all’invasione della Jugoslavia.Fu catturato con il suo reparto in Montenegro nel 1944  dalle divisioni tedesche in ritirata dalla Grecia.Deportato a Buchenwald, riuscì ad evitare i lavori forzati per la propria abilità ed esperienza in falegnameria.Questo gli permise di stringere amicizie con i carcerieri ed avere contatti con il mondo esterno al campo.Ma il tempo stava per scadere.Infatti il giorno 10-4-1945 era già stato destinato al forno crematorio.
Per fortuna una signora molto amica di Italo conosciuta per il rifornimento dei materiali utili al proprio lavoro nel campo,lo aiutò a fuggire insieme a due compagni di baracca.Rimasero nascosti per una settimana in un fossato ai margini di un campo di patate ricoperti dalle sterpaglie fino alla liberazione avvenuta il giorno 11-4-1945 da parte del contingente americano.
Italo riuscì a farsi regalare alcune fotografie del campo di concentramento da un reporter,conservate ancora oggi dalla propria famiglia.Al termine della guerra incontrò l’amica tedesca che gli permise di sopravvivere e nonostante la perdita di una gamba dovuta ad un incidente sul lavoro non rinunciò ai tanti viaggi in Sudafrica e in Sudamerica.Dopo avermi raccontato la sua singolare esperienza,Italo morì a Morano Po alla veneranda età di 92 anni.
Armano Luigi Gozzano
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