Sino a domenica 13 marzo le repliche sul palcoscenico dell’Alfieri
Dicevamo, nei giorni scorsi presentando su queste pagine “Casanova Operapop” di Red Canzian, in scena sino a domenica 13 marzo sul palcoscenico dell’Alfieri per la stagione di Torino Spettacoli, come qualcuno avesse definito lo spettacolo “maestoso”. È questo e molto di più. È elegante e sontuoso (l’allestimento scenico di Massimo Cecchetto, 30 cambi di scena con le immagini di una Venezia deserta e non più potente, che ancora assapora i panorami ormai spenti di Guardi e Canaletto, le invenzioni per il Carnevale per citare una sola delle scene che più spingono all’applauso lo spettatore; il capolavoro che è lo studio delle luci di Fabio Barettin, con i suoi chiaroscuri; i costumi firmati da Desirée Costanzo e realizzati dal candidato all’Oscar Stefano Nicolao), dinamico, fantasioso, con quel tanto di erotico che non guasta, condotto con le sensazioni esatte del ritmo, recitato bene (Gian Marco Schiaretti e Angelica Cinquantini protagonisti, accanto a loro Gipeto, Manuela Zanier, Paolo Barillari tra gli altri), danzato ancor meglio da un invidiabile gruppo di dieci ballerini (trovano anche l’occasione per un omaggio alla “bambola meccanica” felliniana), affidato alle musiche di una delle anime maggiori dei Pooh (gli arrangiamenti sono di Phil Mer), carezzevole nei testi delle canzoni dovuti a Miki Porru, qualcuna te la canticchi uscendo da teatro e te la porti a casa. Appassionato e incantevole, per quell’amalgama che vedi coabitare tra le tanti parti dello spettacolo.
Canzian ha scelto per questa avventura, cullata per circa tre anni e fatta esplodere ad inizio di quest’anno, con un susseguirsi di serate sold out in varie città del Nord, una raffica di canzoni, a perdifiato e senza sosta, 35 brani inediti che fanno e faranno la gioia dei tanti spettatori. Credo che, nell’immancabile successo, sia passata in secondo piano la robustezza del racconto, quei dialoghi qui troppo rarefatti che legano scena a scena, svolgimento a svolgimento (l’anima buia dell’Inquisitore è un boccone troppo ghiotto per lasciarselo sfuggire così), che in un musical non sono il fratello povero delle canzoni e delle musiche, ma che al contrario sono i mezzi forti per delineare la storia nel suo proseguire e i personaggi soprattutto, che avrebbero maggiori occasioni per prendere corpo e affermarsi. Ma le avventure a tutto tondo del seduttore e diplomatico della Serenissima, amante perfetto qui indebolito dalle grazie di una semplice ragazza, hanno il sopravvento con quei brani che la fanno da padrone: e il successo, si diceva, con il pubblico che ha bisogno di una “divertente” serata teatrale, lontano dalle tribolazioni della giornata, è più che confermato.
Elio Rabbione
Le immagini dello spettacolo sono firmate da Jarno
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