A Ivrea per rendere omaggio alla città diventata capitale italiana del libro ma anche per ammirare le bellezze artistiche e storiche della cittadina.
Per esempio il castello che domina la città e che il famoso Arduino, marchese di Ivrea e poi re d’Italia mille anni fa, non ha avuto la fortuna di vedere. È diventato il simbolo di Ivrea dalla seconda metà del Trecento e da sette secoli dall’alto del borgo sovrasta la città e controlla la strada che porta verso la Valle d’Aosta.
Fu fatto costruire dal Conte Verde, Amedeo VI di Savoia, che lo volle fortemente a fianco del palazzo del vescovo e del palazzo comunale ma non fece in tempo a vederlo ultimato perché morì alcuni anni prima della fine dei lavori. Edificato come fortificazione difensiva, interamente in mattoni, si presentava con quattro torri circolari. È infatti il castello “dalle rosse torri”, come l’ha chiamato il Carducci, che tanta storia ha visto scorrere dai suoi torrioni. Purtroppo anche noi non possiamo vederlo in quanto è chiuso al pubblico per lavori di manutenzione. Da alcuni anni è il Comune ad occuparsi del maniero che è attualmente al centro di un grande restauro conservativo nell’ambito di un programma di valorizzazione dei principali beni culturali eporediesi. Leggendo qua e là nella storia locale possiamo però immaginare ciò che accadeva dentro le mura e scoprire che nei saloni del castello, nei secoli passati, si parlava di arte e di letteratura, si invitavano scrittori, sapienti e pittori, si animava la vita di corte con balli, feste e banchetti tra cantori e giocolieri al suono di musiche medioevali. Occasioni di svago per passare il tempo libero lontani dalle guerre o dagli intrighi della politica. È quanto accadeva a metà del Quattrocento con la duchessa Jolanda di Valois, sorella del re di Francia Luigi XI, che, da vera padrona di casa, trasformò il castello di Ivrea in una elegante e accogliente dimora insieme a suo marito, il duca Amedeo IX di Savoia. Sotto l’attenta direzione di Jolanda, donna colta ed energica, il castello di Ivrea fu ristrutturato e abbellito e divenne uno dei luoghi più importanti e prestigiosi del ducato. Di quell’epoca cavalleresca e cortese resta però solo una traccia in una elegante bifora ad archi sormontata dagli stemmi dei Savoia. Innamorata di Ivrea e del territorio circostante Jolanda vi trascorse lunghi periodi. Morì nel castello di Moncrivello e la salma riposa in una cappella del duomo di Vercelli accanto al marito. Toccherà poi a un’altra donna occuparsi a lungo del castello: Beatrice del Portogallo, moglie del duca sabaudo Carlo II e sorella dell’imperatrice Isabella, moglie di Carlo V. Nomi illustri, grandi personaggi, grande storia a Ivrea.
E proprio tra le mura del castello Carlo II e Beatrice organizzeranno una grande festa per la nascita del figlio. La decadenza del castello si avvicinava. Con il trasferimento della capitale da Chambéry a Torino nel 1563 e con la guerra tra francesi e spagnoli nel canavese tra Cinquecento e Seicento Ivrea perse quel ruolo di centralità che aveva acquisito per il ducato nei secoli precedenti. Di conseguenza venne meno anche l’importanza del castello che dovette fare i conti anche con la sorte avversa. Nel 1676 un fulmine colpì la torre di nord-ovest provocando l’esplosione di un deposito di munizioni, la morte di una cinquantina di persone e il crollo della stessa torre che non fu più ricostruita. Rimase mozza con una copertura conica come si presenta oggi. Il castello venne in seguito adibito a carcere subendo radicali trasformazioni. I saloni e le stanze diventarono celle, gli affreschi scomparvero e gli arredi originali sparirono. Restò prigione per oltre due secoli, nel 1970 fu chiuso e nel 2017 lo Stato lo ha trasferito in proprietà al Comune. Filippo Re
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE