LIBRI/ Oltre sessant’anni di vita spesa fra passione politica e cultura.
289 pagine di schietta e sincera autobiografia. A poco più di un mese (il 21 maggio scorso) del suo ottantacinquesimo compleanno, Rolando Picchioni dà alle stampe per i tipi di Nino Aragno Editore “La lunga supplenza”, libro autobiografico scritto a quattro mani con l’amico giornalista e collaboratore, Nicola Gallino.
Autobiografia probabilmente progettata e studiata da tempo, in cui è chiara la volontà di lasciare totalmente libera la cascata della memoria, pur di acchiapparne episodi, ragionamenti, volti, figure e verità, più o meno palesi, capaci di dare un senso profondo ad accadimenti piacevoli o addirittura esaltanti, accanto ad altri di amara e dolorosa disillusione. Un’autobiografia ricca, misurata nei toni e nel racconto. Piombatagli addosso senza dargli possibilità di replica o rifiuto. Richiesta dai fatti – tanti e sempre governati con signorile pacato aplomb – dalla vita, dalle passioni e dalle ragioni del cuore. Ma, come sempre accade, “l’autobiografia di chi ha conosciuto un’ampia proiezione pubblica finisce spesso – scrive bene Nino Aragno – per diventare un pezzo dell’autobiografia della nazione”. E, puntuale, questo accade anche per il libro di Rolando Picchioni. Oltre sessant’anni, si diceva, di vita e di politica. Un tutt’uno. Una passione unica. Che lo prende fin da ragazzino, quando incontra a Dogliani l’allora presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Qualche anno dopo gli esordi, giovanissimo, nelle fila della DC, corrente Dorotea, mentore Emilio Colombo. “A 36 anni – racconta in un’intervista lo stesso Picchioni – ero già in Parlamento, nel Jurassic Park di Montecitorio”. Sottosegretario ai Beni Culturali. Da lì parte una lunga, non facile e insidiosa cavalcata (ben narrata nel libro) fino alla presidenza del “Salone Internazionale del Libro” di Torino, dal 1998 al 2015, quando viene indagato dalla Procura di Torino per peculato, a causa di presunte fatture false emesse dalla “Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura” a favore dello stesso presidente. E proprio qui, alla vigilia dell’inchiesta giudiziaria, s’interrompe il libro. “Non volevo avventurarmi – racconta sempre Picchioni in un’intervista rilasciata al ‘Corriere’ – in una terra incognita”. E ancora Aragno: “L’operazione di memoria individuale diventa l’innesco per mettere a fuoco e interpretare, con il ditacco dei tempi lunghi, fenomeni ancora in attesa di un’analisi disincantata o di una necessaria revisione di giudizio. Sottopelle pulsa costante il rapporto tra politica e cultura. L’idea opposta che di questo rapporto avevano una DC fragile e disattenta e un Pci egemone e monolitico. La parabola che negli anni Novanta e primi Duemila vede una politica disorientata ritrarsi e affidare a corpi intermedi – come la Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura – il ruolo propulsore in quella che è stata appunto una ‘lunga supplenza’ ovvero quel ruolo di snodo e di cerniera fra politica e cultura”. Ma il libro non è solo analisi storica e sociale. E’ soprattutto racconto. Che si dipana, attraverso le vicende di una lunga carriera poltica, nazionale internazionale e piemontese, fra decine di eventi restati nella memoria collettiva e i numerosi incontri con i grandi personaggi della Storia più recente che hanno profondamente segnato un’epoca e la vita stessa di Picchioni: da giovane democristiano emergente nella Torino della Fiat di Vittorio Valletta ad assessore provinciale all’Istruzione e alla Cultura negli anni della grande immigrazione, da presidente del “Teatro Stabile” a deputato e vice-responsabile nazionale “Cultura” per lo Scudo Crociato. Fino a diventare capogruppo Dc e poi presidente del Consiglio Regionale del Piemonte, dove diede vita agli Stati Generali, e vicesindaco di Chivasso. Per non dimenticare il ruolo di direttore esecutivo del “World Political Forum” che portò in Piemonte i grandi della terra. E tante ovviamente, le personalità incontrate durante il suo cammino professionale e citate nel libro. Le più significative: Mikhail Gorbačëv, Papa Giovanni Paolo II, re Juan Carlos, gli scrittori Amos Oz e Javier Cercas, Giulio Andreotti, Vittorio Sgarbi, Franco Zeffirelli, il generale Jaruzelski e Lech Walesa. Senza dimenticare l’incontro nel 1981 con l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini che Rolando Picchioni portò in visita alla Reggia di Venaria ancora in rovina convincendolo a recuperarla. Dietro, la narrazione di “tanta vita vissuta, che offre materiali e prospettive inedite a vicende che paiono ben lontane dall’aver scritto l’ultima pagina”.
Gianni Milani
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