Brrr… che freddo. Comunque piaccia o non piaccia il 21 marzo è il primo giorno di Primavera. Seconda Primavera con il covid e prima Primavera con il vaccino. Chi mai l’avrebbe detto? Perlomeno difficile era immaginarsi ciò che sarebbe successo. Marzo ’73 , primo anno di liceo scientifico. E primo anno di Basket Auxilium Agnelli . Dall’oratorio. Michele Rua ero stato bandito perché avevo cambiato casacca.
Poco male, i giardini di via Mercadante mi aspettavano. Molti gli amici, compagni di scuola della Baretti. Al netto degli allenamenti, bighellonavamo sulle panchine. Si proprio così, sulle panchine, appollaiati, nell’aspettare per tirar tardi. Poi il rientro a casa per cena. Si arrivava verso le 16 , giusto dopo aver fatto un po’ di compiti. Dalle medie erano passati solo alcuni mesi , ma era un’ altra cosa, un’ altra dimensione. Sentivamo che il limite tra essere ragazzi e diventare uomini l’avevamo superato. Non era vero. Comunque bello pensarlo ancora oggi. Sarà anche arrivata la primavera, ma i geloni alle mani continuavano. Arrivava sempre l’ amico che strimpellava la chitarra e tra Battisti e De André passavamo almeno una mezz’ora. Verso le sei transitavano le ragazze. Passavano a braccetto , con passo veloce e sguardi bassi. Lei si chiamava Patrizia. Non mi ricordo il cognome. Abitava in via Mercadante al fondo. A fianco dell’ ospedale Martini. Bella, era proprio bella, di un anno più giovane. Terza media alla Baretti. Cuore in gola, ebbi il coraggio di chiederle : posso accompagnarti a casa?. Guardò le amiche che in un amen si dileguarono. Si va bene. Come ti chiami? Patrizia, e tu come ti chiami? Patrizio. Un buon inizio direi. Francamente non mi ricordavo. Non l’avevo mai notata. Giusto l’anno prima era sbocciata. Anche Lei aveva superato il limite tra essere una ragazza e diventare una donna. 15 giorni di corteggiamento ed il più era fatto. In una panchina nel tramonto di un marzo tiepido, il primo bacio. In un giorno di Marzo al tramonto nasceva il mio primo amore. Il primo piccolo amore. Si baciava ad occhi chiusi. Con quella brezza, con quella leggera brezza di un Marzo di una primavera ancora da venire. Non che fosse la prima volta in assoluto. Galeotta fu Rimini. O Lucia alla fine dell’ ultimo dell’anno scolastico delle medie.
Ero solo, ancora e solo un ragazzo. Ora decisamente un uomo. Con Patrizia si fantasticava. Tipico, no ? Intuivi che quegli amori ti facevano crescere. Presuntuosamente credevi di essere già cresciuto. Chi parlava di più ero io. Ovvio no ? Faceva parte del gioco, ed ora , mi sembra di ricordare una sottile tristezza di Patrizia rotta da occhi castano scuri. Una volta, persino, siamo andati in discoteca. Domenica pomeriggio. Niente di che. Dalle parti di piazza Statuto. Vestiti di tutto punto. I mitici e diciamocelo decisamente bruttini pantaloni a zampa d’elefante. Camicia bianca attillatissima. Tony Manero sarebbe arrivato anni dopo. Patrizia bella e leggermente truccata, maglietta di lana attillata e limitrofa ai pantaloni. L’ombelico si doveva intravedere appena. Che ardori giovanili. Fui chiamato dall’ allenatore di basket. Che hai Patrizio, corri di meno. Mica ti sei innamorato? Negai , ma in cuor mio sapevo che la vita stava proprio cambiando. Una volta mi venne a vedere a giocare a Pallacanestro. Volevo giocare e giocai benissimo. Visto? potenza dell’amore. Potenza dell’innamoramento in un Marzo del 1973, in Barriera di Milano. Ai giardini di Via Mercadante. Potenza di tanta voglia di crescere.
Patrizio Tosetto
(Foto Museo Torino)
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