IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Dopo il maldestro tentativo di giustificare le foibe da parte di un vero e proprio carneade come tal Eric Gobetti ( con il grande Piero non c’entra nulla), adesso ci prova un’altra carneade, anch’essa torinese, tal Chiara Colombini con l’in tento di smontare i libri di Giampaolo Pansa dedicati ai misfatti cruenti dei partigiani comunisti dopo il 25 aprile 1945 . Grande regista delle due operazioni e’ Laterza, la tipografia barese che Benedetto Croce trasformò, pubblicandovi i suoi libri, in una prestigiosa casa editrice, oggi caduta così in basso da essere divenuta l’editrice di fiducia dell’Anpi che sta facendo una politica che è molto simile a quella del partito comunista di Togliatti, anzi di Pietro Secchia , il più violento ed ottuso capo comunista
L’Anpi vuole tornare a ridurre la Resistenza alla vulgata di Roberto Battaglia che era una agiografia e non una storia. Era un grosso volume che nominava di passaggio una sola volta Martini Mauri , il capo della Resistenza autonoma che comandava oltre cinquemila patrioti e ignorava totalmente le inevitabili ombre della guerra partigiana. Essere dalla parte giusta non poteva giustificare ogni azione , anche se ferocemente delittuosa. Battaglia, figlio dell’era in cui la mitologia e l’interesse ideologico dovevano prevalere su tutto, poteva anche essere comprensibile, ma il suo libro appare da tempo un pezzo di un‘archeologia resistenziale improponibile. Gli storici successivi tacquero sui misfatti commessi dai partigiani comunisti in nome del più vieto e interessato conformismo. Solo un partigiano che era stato fascista, Davide Lajolo, dopo una cena insieme, incominciò a narrarmi certi episodi di cui – mi disse – non si doveva scrivere perché altrimenti si faceva il gioco dei fascisti. Erano gli anni in cui non si doveva neppure parlare di guerra civile , espressione diventata lecita dopo che un uomo di sinistra come Claudio Pavone inizio‘ a parlarne, suscitando delle aspre critiche dalla sua parte politica. Solo Bobbio ebbe l’onestà di dire che la Resistenza fu anche guerra civile. Poi venne un giornalista coraggioso che si era laureato con Alessandro Galante Garrone con una tesi sulla Resistenza e che era un giornalista di sinistra, Giampaolo Pansa e incominciò a parlare di sangue dei vinti , documentando quelle drammatiche vicende successive alla Liberazione del 25 aprile in modo rigoroso e inoppugnabile. L’unica replica – ridicola – venne da Angelo d’Orsi che non seppe far altro che obiettare che il libro di Pansa non era storico perché privo di note. Non seppe smentire nulla di quanto scritto da Pansa che non ebbe neppure smentite o querele dai parenti dei personaggi sotto accusa per reati infamanti. Neppure l’altro santone Giovanni de Luna seppe replicare ai fatti raccontati da Pansa che non voleva sostituirsi agli storici , ma voleva far conoscere fatti che gli storici avevano nascosto per decenni, come avevano fatto con le foibe. Un’omertà vergognosa. Pansa venne insultato e sbeffeggiato dai soliti faziosi che cercarono anche di impedirgli di presentare i suoi libri. Pansa era un uomo onesto e scelse di scrivere certi libri come atto di doverosa onestà intellettuale, non priva di profonda eticità civile. Il libro della Colombini vorrebbe contestualizzare i fatti narrati da Pansa, in effetti il suo obiettivo vero e’ quello di giustificarli o minimizzarli . Ha un titolo provocatorio “Anche i partigiani però“. L’ho letto , ma mi rifiuto di recensirlo. E’ un lavoro con un intento meramente propagandistico ed è un’aggressione proditoria a Pansa ad un anno dalla sua morte. Se Colombini avesse scritto con Pansa in vita sarebbe stato diverso, ma forse non ne aveva il coraggio. Contestualizzare non significa giustificare , questo è un principio storico su cui non si può transigere . Persino l’infame episodio di Piazzale Loreto con la plebaglia che piscia e caga sui cadaveri di Mussolini e della Petacci viene visto in una luce diversa. Per me sono cose inconcepibili proprio perché l’antifascismo e’ una scelta che rispetta quei valori umani che i fascisti avevano calpestato. Piazzale Loreto e’ ingiustificabile sotto ogni punto di vista. Parri parlò di “bassa macelleria sudamericana“. Ripeto un’altra volta la battuta di Flaiano: i fascisti sono di due tipi: i fascisti e gli antifascisti. Il libro, come quello di Gobetti, mi ha fatto tornare alla mente Flaiano. Che tristezza che nel 2021 non si riesca a parlare con serenità e distacco storico del nostro passato, ma stia venendo fuori una generazione di faziosi che ci ripropone idee che ritenevamo archiviate per sempre dopo il crollo del muro di Berlino.
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Quanto astio per i giovani storici che cercano di contestualizzare le vicende del periodo 1943-1945! Con l’artificio retorico “l’ho letto ma non lo recensisco” (Cesare taccio…), qui si sbeffeggiano le persone serie (gli storici) e le si liquida senza nemmeno cercare di capire.
Quanto al ben noto libro di Pansa, ben vengano le sue scoperte sull’altra faccia della medaglia, ma da qui a celebrarlo come salvatore della memoria nazionale, ce ne passa! Del resto, la ricerca continua: alcuni episodi continueranno a risultare poco chiari, altri sono dolorose macchie nella guerra partigiana, ne prendiamo atto. Ma ciò che fa la differenza, caro Quaglieni, è l’uso politico degli scritti di Pansa, quell’esultanza di coloro che brandiscono il celebre libro ed esclamano “Avete visto? I resistenti erano dei farabutti!”: questo rovesciamento delle parti è un pericolo concreto. Quindi, occorre restituire agli storici l’unica plausibile “patente” di competenza sui fatti del passato. E invece qui che cosa si fa? Ci si fa gioco di coloro che, viste le carte (le carte, Quaglieni, quelle che ci obbligano a mettere le sacrosante note), messi in ordine gli eventi, ricostruite le responsabilità ed esaminate le conseguenze di ogni azione e decisione, coltivano il nobile intento di raccontare la storia.