La poesia di Alessia Savoini
Svestimi dei tuoi occhi,
ho poca presa sui miei dardi:
cosa avrei potuto dire
di questo dio che mi affligge la gola,
di un desiderio che brucia sotto la gonna,
di una mano che inscrive il suo destino sul palmo
e d’una sventura che si estingue in una macchia d’olio.
Ho smistato le linee che collegavano questi nei,
ho tracciato la mappa di questo corpo:
cara mamma, quale conchiglia sostituirà domani il nostro fortino?
Proteggi questo limo,
l’onda consuma sempre una riva;
così come l’onda spinge sempre il suo corpo,
l’onda è mozione e causa di una deriva.
Cosa ci è rimasto di questi occhi antichi
che interpretavano i cardini immortali del cielo?
Quale
parola
indicherà la rotta dei quattro venti che salpano le sponde di questa mano?
Pulsa
sotto questa materia livida
il principio involontario che sospinge fiumi e sangue
e mantiene caldo,
tra i respiri di questa carne,
il regime di un irrinunciabile contatto
– creta, pelle e argille -,
mentre qualcosa di irreversibile e misconosciuto
segna le linee di questo volto.