Se il Salone del libro diventa “comunale”

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni    Il Salone internazionale del libro “Vita nova” aperto ieri a Torino rivela tutte le difficoltà create dal Covid e si rivela un’impresa di cortissimo respiro culturale

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Quando venne scelto Nicola La Gioia a dirigere il Salone ,si capì subito che quella scelta, così dettata da motivazioni prevalentemente  politiche ,non avrebbe potuto portare a buoni risultati  e infatti il Salone  si impantanò subito nelle polemichette sull’editore del libro di Salvini a cui venne negato lo spazio espositivo che aveva regolarmente acquistato.
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Ma che adesso La Gioia voglia farci passare per Salone internazionale del libro venti lezioni da alcuni teatri italiani e promozioni librarie in 34 librerie torinesi  con un po’ di bonus da dieci euro riservati a studenti piemontesi  (malgrado le scuole chiuse), appare un’ azione  leggermente sfrontata e priva di significato e di respiro editoriale. Utilizzare il Salone internazionale per dare un po’ di soccorso a 34 librerie torinesi in difficoltà’ ci sembra una scelta assai discutibile  che riporta il Salone, che raramente fu davvero internazionale, ad ambito comunale, come le tante iniziative simili che si tengono in Italia per promuovere il libro. Era una cosa da non fare perché non consona con le tradizioni del Salone la cui caratteristica era il pluralismo e il fervore di iniziative promosse da grandi  e piccoli editori. Non basta mettere in un programma Saviano e Sgarbi per garantire la pluralità delle voci, così come  non bastano 34 librerie  torinesi per dare l’idea anche remota  di quello che era il Salone in passato. E’ un Salone fatto con i fichi secchi per fare un favore a 34 librai che  ci auguriamo possano trarne  un qualche auspicabile e legittimo  profitto in tempi difficili.
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Un appoggio appunto forse utile per sostenere questi librai in affanno, ma non certo per sostenere  la cultura intesa in modo adeguato. In ogni caso  un progetto di difficile realizzazione, considerato il divieto di assembramento anche nei negozi. Nessuno può pretendere grandi cose da  una Torino divenuta zona arancione, ma nessuno sentiva la necessità di una edizione così ridotta da far apparire il Salone un’iniziativa totalmente  priva del suo spirito originario. Il libraio Pezzana che fu il vero ideatore del Salone, non avrebbe mai pensato ad una cosa del genere perché il libraio Pezzana, ideando il Salone, seppe andar oltre gli interessi delle librerie torinesi. Cercando sul sito del Salone  non appare  inoltre un programma concreto e non capisce cosa accadrà nelle 34 librerie che hanno aderito al progetto a cui auguriamo la massima fortuna anche se non contribuisce certo a riaffermare il nome di  Torino come città del libro che la fine miserevole della UTET Grandi  opere ha definitivamente cancellato. Appare emblematico dell’ importanza di questo Salone “ internazionale“ il fatto che il settimanale “Torinosette“  gli dedichi  un articolo a quattro colonnine, il doppio dello spazio riservato ad un  piccolo convegno da remoto su Vittorio Emanuele II i cui relatori sono così noti da non essere neppure nominati.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com
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