“Prima della civiltà c’è la foresta. Dopo la civiltà c’è il deserto”.
Lo ha detto, più o meno con queste parole visto che vado a memoria, Renè de Chateaubriand. Lui, l’autore di “Memorie del sottosuolo” e de “L’ultimo degli Abenceraghi” conosceva bene la foresta. Vi aveva vissuto nelle lontane Americhe, quando aveva dovuto abbandonare la Francia perché avverso, aristocratico cadetto di Navarra, alla Rivoluzione e ai giacobini. Vi tornerà, poi, per combattere nell’Armata degli emigrati. E resterà ferito… Ma questa è altra storia…
In America visse nella foreste. Con i Natchez. Una vasta confederazione tribale appartenente alla stirpe dei Creek. E imparentata con i più famosi Cherokee. Sperimentò così la vita dei nostri antenati, cacciatori e raccoglitori. Prima dell’inizio di quella che chiamiamo Civiltà. E la cantò, quella vita, in uno dei suoi poemi.
Fu lì, probabilmente, che l’aristocratico controrivoluzionario, uno dei primi romantici francesi, ebbe l’intuizione che la civiltà viene dalla Foresta. Che la precede e ne rappresenta la matrice culturale. Una cultura, però, anzi una Kultur magmatica, selvaggia, feroce. E proprio per questo vitale…
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