Covid-19, cosa ci riserva il futuro? Ce lo spiega chi analizza i dati

Dal 22 febbraio, con un appuntamento praticamente giornaliero (che dura ancora oggi nonostante lo scioglimento dell’Unità di crisi) la dottoressa Chiara Pasqualini sta vivendo l’emergenza sanitaria conseguente all’epidemia di Covid 19.

Dottoressa in biologia specializzata in statistica sanitaria è la referente del Seremi, acronimo che sta a significare Servizio di riferimento regionale di Epidemiologia per la sorveglianza, la prevenzione ed il controllo delle malattie infettive.

Al di là della lunga sigla questo significa che è la persona che tutti i giorni, ancora oggi, acquisisce i dati sull’evoluzione del dramma Covid, richiedendoli alle varie realtà. Con lei, che gentilmente non si è sottratta alle nostre domande abbiamo voluto fare un punto anche in virtù della sua posizione di osservatore dell’evoluzione del Covid – 19 in Piemonte.

Dottoressa come siamo messi in Piemonte oggi, alla luce dei dati che vengono forniti giornalmente?

“Al momento siamo messi bene, anche gli indicatori ci danno un valore basso di rischio, il numero dei focolai è basso, la pandemia è sotto controllo”.

Però si parla di una ‘seconda ondata’ in autunno …

“Può esserci, le possibilità di contagio sono scese, ma il virus non è azzerato, le strategia messe in atto possono garantire che la soglia rimanga bassa, che i nuovi casi siano tenuti sotto controllo”.

C’è  chi ha parlato del fatto che le riaperture possano provocare un aumento dei contagi …

“Occorre vedere adesso che cosa succederà. In Piemonte c’è stata una decrescita ridotta dei contagi, percentualmente, rispetto a prima, meno forte nelle ultime due settimane. E’ una riduzione minore ma i numeri ci sono”.

Insisto nella domanda, ma c’è il rischio di una recrudescenza?

“Non è da escludere ma è basso. Ci sono luoghi a maggior rischio, come le Rsa, gli ospedali, ma dove c’è attenzione, con controlli, tamponi è bassa, ma non esclusa. Occorre mantenere un comportamento responsabile per incidere anche su quel rischio. I cittadini devono fare la loro parte, non possiamo ancora dire che la battaglia sia vinta, assolutamente”.

In sintesi in questa ‘nuova normalità’ cosa si deve fare?

Occorre monitorare con attenzione cosa sta succedendo. Il punto interrogativo sarà capire a settembre/ottobre, come si comporterà il virus, in una fase dove si tornerà a condividere spazio e luoghi chiusi. Per questo è importante prendere delle misure.

Ma il virus di è modificato o no?

“Ci sono delle variazioni nella carica virale dei pazienti, modificazioni di cui non si è ancora a dare una chiara interpretazione. Certo c’è una carica inferiore con casi meno gravi ed una quota sempre maggiore di asintomatici. In ogni caso la vera sfida è azzerare la circolazione. Abbiamo imparato a tenerlo, per ora, a bada, ma dobbiamo continuare oppure lui va per la sua strada”.

Può dire qualcosa sul vaccino che per molti è la soluzione salvifica?

“C’è, a livello mondiale, uno sforzo notevolissimo, i segnali per ottenere un vaccino efficace ci sono, anche perché non si è sostanzialmente modificato il virus”.

Quale è stato il momento più brutto?

“Le prime settimane di marzo quando ad Alessandria ci siamo resi conto che dal pronto soccorso, dal medicina interna, dai reparti ospedalieri, erano emersi in pochi giorni, poi in poche ore, moltissimi casi di polmonite interstiziale”.

Cosa occorre fare adesso?

“Continuare a controllare, risalire ai contatti, cercare di ricostruire le catene di contagio, identificare le nuove soglie di positività”.

Massimo Iaretti

 

 

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