Con Paolo Macchi Cacherano scompare un colto e umile “dottor Sottile”

Paolo Macchi Cacherano di Bricherasio era il discendente di una nobile e grande famiglia  piemontese,  benemerita verso il Piemonte e l’ Italia

Il generale Cacherano era il condottiero vincitore della battaglia dell’ Assietta, quella in  cui venne coniato il motto “bugia nen” Un altro suo avo era stato il vero fondatore della Fiat a cui Giovanni Agnelli soffiò il primato, annettendosi la proprietà  un modo non limpido.
Era un giovane universitario della facoltà di Filosofia, quando lo conobbi nel 1968 e fondammo insieme il Centro Pannunzio, ad Arrigo Olivetti e Mario Soldati. Eravamo giovani, ma eravamo contro la contestazione distruttiva e violenta  destinata a sfociare nel terrorismo. Una comune lettura fu “L’Atlante ideologico” di Alberto Ronchey che ci preservo’ dai fanatismi ideologici.
Paolo era anche nipote di un astro nascente della Dc, il Conte Edoardo Calleri di Sala, che nel 1970 divenne il primo presidente della Regione Piemonte. Io non ero amico di Calleri, anzi sentivo una distanza abissale da  un ras democristiano di cui coglievo l’arroganza, senza capirne la statura politica. Anni dopo mi fece capire il livello politico di Calleri  che fu  un vero leader rispetto a tanti affaristi democristiani e no. Paolo abitava con la nonna  e la sorella in via Maria Vittoria 35, nell’edificio liberty destinato a divenire sede del Centro Pannunzio dal 1988.
Lui, dal ‘68 in poi, era destinato a diventare le mente pensante del Centro Pannunzio, il vero e proprio  dottor Sottile, molto stimato da Arrigo Olivetti.Paolo parlava poco,ma quando parlava sembrava un libro stampato. Parlammo intere serate a discutere fino a tarda ora, ma l’ultima parola era sempre la sua. Passammo tante ore a parlare di etica e politica ,lui con una cultura molto ricca ed aperta ,io quasi accartocciato tra Machiavelli, Croce e le banalità che ci  ammanniva Firpo. Parlavamo di Weber e di Bobbio , di cultura e politica , dimenticando di essere nel clima della banalizzazione sessantottina che distruggeva la cultura della distinzioni che Croce ci aveva insegnato. Paolo diffidava come me dal facile sociologismo ,dalle ubriacature ideologiche che distruggevano i pilastri della cultura e del vivere civile.  Lui era un aristocratico dell’intelligenza in un mondo becero che imponeva un egualitarismo senza meriti e senza storia.
Fini ‘ di non volersi laureare  in una università massificata diventata un esamificio di massa in cui il diritto alla laurea aveva sostituito il diritto allo studio. In questo fu un vero aristocratico . Paolo che leggeva libri su libri non poteva abbassarsi a fare esami più o meno di gruppo con esami più o meno concordati su Marx , Gramsci e dintorni. Non volle neppure sostenere l’esame con me.  Andava a sentire le lezioni dei docenti più significativi come Franco Venturi, ma non volle laurearsi. E continuò a studiare sempre, a leggere tantissimi libri  e a mantenere la capacità di pensare autonomamente come si deve,per dirla con Pascal ,un autore che amava.
Non so se fosse credente  o no,di religione non abbiamo mai parlato perché tra di noi valeva lo spirito laico,come diceva Bobbio, che non è di per sé irreligioso, ma mantiene nella sfera più profonda della coscienza ogni scelta di fede. Dopo il 1976 ci perdemmo, salvo poi ritrovarci, come se gli anni non fossero passati, nel 2016 quando venne al Circolo della Stampa al ricevimento per il centenario di mia madre. Negli ultimi anni avevamo ripreso a frequentarci a Torino e a Cavour, alla Locanda della Posta dove andavamo da giovani.
Fino a settembre ci vedemmo con piacere e poi venne  anche a Pinerolo alla presentazione del mio libro su Soldati  su cui fece un intervento magistrale.   Non accettò il mio invito a  cena con una scusa. Oggi comprendo che era già gravemente ammalato per un fulminante cancro al fegato e venne egualmente, per amicizia, ad una banale presentazione del mio libro, un estremo dono di amicizia  di cui non dimenticherò mai il valore.
Paolo fu per anni la mia bussola intellettuale e tornò ad esserlo negli ultimi anni. Rinunciò ad una brillante carriera universitaria perché Paolo aveva intelligenza e cultura per arrivare alla cattedra. Forse non ha lasciato scritto nulla perché ha dissipato la sua intelligenza, restando refrattario ai titoli e alle lauree. Accademico di niuna accademia, per dirla con Giordano a Bruno.
Ma la sua cultura, la sua libera intelligenza restano a dimostrare come negli anni delle lauree facili ci furono anche persone che seppero fare il gran rifiuto con dignità ed orgoglio. I poveretti cercarono  di approfittare dell’occasione del declino dell’ Università per diventare dottori, Paolo non si piegò e con ironia e con distacco aristocratico fece la sua scelta. La nonna Calleri di Sala mi esortava a convincere Paolo a fare esami, ma lui era una spanna ed oltre al di sopra di  tutti noi: sapeva distinguere la cultura vera dalla demagogia sessantottina legata al titolo di studio.ù
Dopo la morte crudele di Paolo sarò più solo perché mi mancherà un interlocutore importante e disinteressato ,a modo suo ,un vero monaco del sapere,un maestro, pur essendo noi coetanei. Non ho mai saputo se Paolo abbia mai amato perché non parlammo mai di donne, malgrado la nostra fraterna confidenza. Il rispetto reciproco  non ci consentì  mai di parlare di cose personali, malgrado l’amicizia.
Io mi auguro che sia stato felice. Ne avrebbe avuto diritto. Era un sapiente, un savio come intendeva Platone, anche se non ha mai creduto nella repubblica dei savi ,perché corazzato di una forte cultura storicista che vedeva in Machiavelli un suo riferimento . Forse fu proprio anche  il forte interesse per Machiavelli ad attivare la nostra amicizia, destinata a dura una vita intera. Fu un’eccezione perché era  l’unico amico della mia giovinezza rimasto.
Senza il tuo consiglio, senza la tua parola, caro Paolo, sarà difficile continuare a vivere come prima. Che Dio ci assista, caro Paolo. Spero che anche tu mi assista dai Campi Elisi  in cui vivi una nuova vita. Croce diceva che la vita intera e’ preparazione alla morte, un’affermazione che la tua esistenza riservata, sobria ed umile  dimostra  di essere vera. Tra I tanti mediocri che ci circondano  tu hai dimostrato, ,senza mai ostentarlo, di essere un vero uomo di cultura, un vero chierico che, non ha tradito, come avrebbe detto il nostro Julien Bend, ,una lettura che ci ha reso amici tanti anni fa quando Bobbio ci indicava la strada del confronto civile, della pacatezza, della circospezione di cui anche tu sei stato maestro ineguagliabile.
Da quando tua sorella mi ha comunicato della tua morte questi sono i pensieri disordinati che hanno occupato la mia mente e i miei sentimenti  e che continueranno nel tempo perché la tua  amicizia e’ bene prezioso destinato a restare, di cui sentirò via via sempre di più la mancanza.
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Pier Franco Quaglieni
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(nella foto: da sinistra il prof. Quaglieni e Paolo Macchi Cacherano di Bricherasio)
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