Valeria Tabasso, una vita per gli altri

Era sostenuta dalla fede. Un’esistenza spezzata troppo presto

 

In una società sempre più orientata all’individualismo, è stata esemplare ed unica la vita di Valeria Tabasso, scomparsa a soli 49 anni, ricoverata a Candiolo, dopo aver combattuto con fierezza per quattordici anni contro un male incurabile.

Unica perché era una persona di rara sensibilità, trasparenza, coerenza ed amore della verità; esemplare perché Valeria ha sempre mostrato una salda fede in Dio. La sua lunga malattia è stata, infatti, per Lei strumento capace di diventare palestra d’amore donato e ricevuto, di fede e speranza.

Nata a Chieri, Valeria aveva conseguito a pieni voti ( 110 lode e dignità di stampa) la laurea in Matematica, che l’aveva poi portata, dopo una breve esperienza universitaria, ad insegnare al Liceo, prima di abbracciare la scelta di lavorare nell’azienda di famiglia, fondata dal padre Nanni. Qui i suoi compiti sono stati molteplici, dall’occuparsi del “sistema di controllo di qualità” a quello della sicurezza sul lavoro. Valeria ha sempre dimostrato, soprattutto, di possedere doti di grande umanità unite a quella capacità di avere una visione globale del lavoro aziendale. Era capace di trovare, in azienda, per le persone il ruolo a loro più congeniale, era attenta alle necessità di ognuno, con un forte rispetto per la persona.  Uno dei suoi ultimi impegni è stato rivolto all’acquisto del DAE (defibrillatore), per l’azienda di famiglia Eidos spa, non obbligatorio per legge, ma da lei tanto desiderato.

Sposata con Federico, che considerava un uomo “eccezionale” e che è stato un valido supporto emotivo e spirituale nel suo percorso medico, viveva a Pino Torinese. Era molto legata ed attiva nella sua comunità parrocchiale. Lascia due figlie, Anna e Elena, 16 e 14 anni, entrambe liceali.

Insieme alla sorella Silvia era entrata a far parte del’UCID ( Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti), costituì, insieme ad alcuni amici, il gruppo Giovani e conobbe nell’associazione il futuro marito. E anche stata presidente del Consiglio di istituto dell’Istituto Santa Teresa.

“Uno dei suoi desideri più sentiti – ricorda la sorella Silvia – era quellondi mantenere viva l’unità della famiglia, oltre all’impegno ad improntare la quotidianità ai veri valori umani e cristiani. Era una persona sempre incline a sottolineare gli aspetti positivi negli altri  e a non far pesare sul prossimo la sua sofferenza. Nell’ultima settimana le figlie sono state accanto a lei, conoscendo bene la gravità della sue condizioni di salute. Nonostante la malattia, Valeria si è sempre dimostrata tenace e combattiva. Negli anni delle cure a Candiolo, spesso, la sera salutava il marito e le figlie, incoraggiandoli a non arrendersi e ad andare a casa a “fare famiglia””.

Valeria ha insegnato a coloro che la conoscevano il coraggio di vivere la malattia come occasione di preghiera e come atto di generosità, perché la sua storia di referti potesse servire, un giorno, a trovare una soluzione ad un male ancora oggi incurabile; era sempre pronta a tranquillizzare genitori e familiari ed univa all’altruismo un grande coraggio, che è stata capace di trasmettere alle sue figlie.

 

Mara Martellotta

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