“Paolo Icaro. Antologia / Anthology 1964 – 2019”

In mostra alla GAM di Torino, il lungo viaggio fra spazio – forme – vita dello scultore torinese. Fino al primo dicembre


Un’antologica, nella sua (non sempre verso di lui attenta) Torino, come dovuto omaggio a una delle più importanti figure dell’arte italiana d’avanguardia degli ultimi decenni. Mostra esaustiva e intelligentemente e volutamente didattica, pur nell’obbligatorietà della selezione dei pezzi esposti; specchio importante della lunga esperienza operativa dell’artista, in cui sempre s’ha da fare i conti con la “diagonale del pazzo”, sempre lì che t’aspetta a sconvolgere l’ordine spaziale e mentale delle cose, delle forme, delle idee e dell’ambiente che il tutto contiene. Ad affermarlo, nella conferenza stampa di presentazione, è Bernard Blistène, direttore del parigino Centre Georges Pompidou, che continua sul tema: “Entrare nello spazio di Icaro è come giocare a scacchi”, dove sempre hai da aspettarti quella “trappola d’apertura” o “diagonale del pazzo” che inevitabilmente porta allo scacco matto più veloce impensabile e inatteso. E sì, perché nelle esili, essenziali, minimaliste sculture di Paolo Icaro Chissotti c’è sempre lo zampino della ricerca , dell’imprevista e immediata e assillante e del tutto singolare sperimentazione, in cui si mescolano senza mai profondamente attecchire i dogmi dell’Arte Povera o Concettuale o delle Avanguardie americane, ma che in sé accarezza anche i sogni e i gesti di memorie antiche (che partono dai segni michelangioleschi della “Pietà Rondanini”, bene in vista in un’amatissima riproduzione fotografica mai spostata dal suo tavolo di lavoro), insieme alla “spudorata eccezione del gioco” (Icaro dixit). Gioco come scarto bizzarro del fare che ti spariglia le carte, ma anche condizione di vita – e non semplice momento di dispersione superficiale – ad un tempo seria (con la vittoria) e drammatica (con la sconfitta). Gioco come vita. Come inizio e fine. Come nascita e morte. Come continuo divenire. Come distruzione e ricostruzione fra macerie dell’anima e macerie fisiche, simili a quelle delle case bombardate in tempo di guerra e che “da bambino- ricorda l’artista che nel ’43 abitava a Torino in piazza della Consolata – sono state la mia prima grande scuola di fantasia”. E questo è e vuole essere il pesante bagaglio, le grandi ingombranti valigie che Paolo Icaro si porta dietro in quel suo ormai lungo viaggio esistenziale rappresentato simbolicamente, in mostra, dal “Viaggio senza data”, scultura lineare site specific realizzata nel 2019 appositamente per la rassegna alla GAM, con filo di alluminio e un complesso ghirigori di curve, ripresa in video per essere proiettata sul fondale della stanza (in tutto sono nove a percorso circolare-cronologico) raddoppiandola. L’installazione si pone al termine di un percorso che, nel Museo di via Magenta, assembla una cinquantina di opere, raccontando 55 anni (dal 1964 al 2019) del lavoro dell’artista, nato a Torino nel ’36, allievo agli esordi di Umberto Mastroianni (fu lui ad affibbiargli il nome Icaro) e poi transfuga (volontario,vigile e curioso) a Roma, a Genova – dove partecipa alla mostra, basilare nell’Italia del ’67, “Arte Povera Im-Spazio” alla “Bertesca” – e altrove in patria e due volte negli States, a New York prima e poi, dal ’71 e per una decina d’anni, nel Connecticut. Oggi Icaro vive e lavora a Tavullia, nelle Marche.

 

“L’esposizione – scrive Elena Volpato, curatrice dell’antologica – propone una rilettura dell’opera di Icaro che intende mostrare la continuità e l’evoluzione del pensiero poetico dell’artista attraverso i decenni, la sua cifra più propria, la costante riflessione dell’artista che incessantemente rilegge lo spazio e la scultura alla luce di un principio trascendente per il quale la vita delle forme coincide con il senso del divenire”. Dal gesso, all’acciaio, al legno o al cemento, molteplici sono i materiali da lui impiegati e che in mostra vengono esaltati da opere come il “Nido di Torino”, anch’essa realizzata in occasione della mostra (dove lo spruzzo di rosa sulla grande parete bianca è segno di rinascita a dispetto dell’inospitale “boccone di gesso” privo dell’accogliente cavità propria del luogo-dimora) o la “Cornice” in gesso e pigmento, così come i “Lunatici” (secchi di acciaio zincato) o quell’improbabile “Cuborto” in acciaio del ’68, che a Blistène suggerisce addirittura un “rapporto d’instabilità quasi sismica”. Non nuovo alla GAM, lo scultore già cinquant’anni fa, nel 1967, entrò per la prima volta nelle sue Collezioni, con l’opera “Bicilindrica”, un cemento del ’65, acquisita con il nucleo di opere del Museo Sperimentale di Eugenio Battisti cui, nel Duemila, si sono aggiunte altre sei opere realizzate nella stagione dei primi anni Ottanta, grazie al sostegno della Città di Torino e della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.

Gianni Milani


“Paolo Icaro. Antologia /Anthology 1964 – 2019”
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it
Fino al primo dicembre
Orari: da mart. a dom. 10/18; lun. chiuso

***

Photo: Michele Alberto Sereni

– “Viaggio senza data”, proiezione video, tondino di alluminio, 2019
– “Nido di Torino”, gesso – pigmento – vetro, 2019
– “Cornice”, gesso e pigmento, 1982
– “Cuborto”, acciaio ossidato e corda, 1968
– Particolare dell’esposizione
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