L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo

Esposte al valdostano Forte di Bard, 14 preziose opere d’arte “sopravvissute” al terremoto del 2009

 

6 aprile 2009. Sono le 3,32 del mattino quando a L’Aquila, cuore dell’Abruzzo, 37 interminabili secondi di un devastante sisma bastano per uccidere 309 persone, ferirne oltre 1.600 e danneggiare o irrimediabilmente distruggere un patrimonio storico, artistico e architettonico fra i più ricchi e importanti dell’Italia centrale. Un’autentica catastrofe, venuta dal ventre di una Terra, già martoriata nei secoli da vari e distruttivi eventi tellurici: dal primo di cui si ha notizia certa del 13 dicembre 1315 fino a quelli del 1349, del 1461 e del 1703. Inatteso, come tutti i precedenti, e come tutti “sconvolgente”, anche quello del 2009 abbattutosi con ferocia su una grande Città che – nonostante tutto – “Immota Manet”, come coraggiosamente recita la scritta che attornia l’aquila di Svevia, nera su campo argento e sormontata da una corona, che caratterizza lo scudo sannitico, stemma ufficiale de L’Aquila. Orbene, a dieci anni di distanza dall’evento, una suggestiva mostra allestita nella nuova ala del “Museo delle Alpi” al primo piano dell’ “Opera Carlo Alberto” del valdostano Forte di Bard, intende rendere omaggio alla città, ponendosi quale dovuta testimonianza della grande ricchezza della sua arte. Ideata e curata da Marco Zaccarelli, la rassegna è una “storia di sopravvivenze”, di opere – realizzate fra   il XIII ed il XVI secolo – più o meno gravemente danneggiate dal sisma, ma recuperate, restaurate e arrivate a Bard, come prestito delle Chiese Aquilane e del MuNDA, il Museo Nazionale d’Abruzzo. “Nei dieci anni trascorsi d’allora – ricorda infatti Zaccarelli – molti e complessi interventi di recupero, restauro e ricostruzione sono stati portati a compimento e monumenti e palazzi ridisegnano una città dove la sicurezza convive con i principi della tutela e della conservazione, sostenendo il recupero di una bellezza antica e, spesso, inedita”. Fra oreficerie, sculture in terracotta o in pietra e legno, dipinti su tavola e tela, sono in tutto 14 le opere selezionate per essere esposte a Bard. Autentici capolavori che ben testimoniano come L’Aquila, nei suoi ottocento anni di storia, sia stata più volte, oltreché un importante centro economico e di traffici commerciali “un centro artistico –precisa ancora il curatore della mostra – ricco di botteghe e scuole capaci di re-interpretare influenze fiorentine, romane e napoletane, creando un linguaggio personale e immeritatamente ancora poco noto”. Dalle “Madonne con Bambino” del Maestro di Sivignano (pittore abruzzese d’influenza bizantina) e di Matteo da Campli (soggetto arricchito dall’incoronazione di Maria da parte degli angeli e dallo sposalizio mistico di Santa Caterina) fino a quella di Ignoto detta “Delle Grazie”, il percorso espositivo si arricchisce via via di suggestioni che arrivano dall’esemplarità dei manufatti così come realizzati in origine dagli artisti, non meno che dal miracoloso lavoro di restauro su di essi compiuto in questi anni. E prosegue con il grande “Crocefisso” della Cattedrale, anch’esso di Ignoto, fino alla “Croce processionale” di Giovanni di Bartolomeo Rosecci, datata 1575. Di particolare lievità ed eleganza compositiva è il “San Michele Arcangelo” di Silvestro dell’Aquila (al secolo Silvestro Di Giacomo), considerato il più grande scultore del rinascimento abruzzese e, molto probabilmente, praticante a Firenze in età giovanile nella bottega di Donatello o addirittura in quella di Sandro Botticelli; splendidi anche il vigoroso “San Sebastiano” realizzato nel 1517 da Saturnino Gatti ed il “Sant’Equizio” di Pompeo Cesura, fortemente influenzato dall’arte di Raffaello. Degne di particolare menzione, sono infine le due grandi tele realizzate fra il 1594 e il 1595 dal fiammingo (nato a Bruxelles, ma operante principalmente in Italia) Aert Mijtens: la prima rappresenta un’“Adorazione dei Magi” e arriva dalla Badia di Santo Spirito a Sulmona, come la seconda raffigurante la “Presentazione al Tempio” di certosina perfezione descrittiva, così come impeccabile nell’uso sapiente e armonioso di giochi di colore particolarmente attenti all’essenzialità di luci e ombre. Ad affiancare la mostra al Forte di Bard, anche la rassegna fotografica inedita “La città nascosta” con opere del fotoreporter aquilano Marco D’Antonio, a cura di Eleonora Di Gregorio. In parete, si possono ammirare 15 grandi fotografie dedicate a L’Aquila notturna, ripresa nelle aree ancora da ricostruire.

 

Gianni Milani

 

“L’Aquila. Tesori d’arte tra XIII e XVI secolo”

Forte di Bard – Valle d’Aosta; tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it

Fino al 17 novembre

Orari: dal mart. al ven. 10/18, sab. dom. e festivi 10/19, lun. chiuso; dal 29 luglio al 15 settembre, aperta tutti i giorni, lunedì inclusi

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Nelle foto

– Matteo da Campli: “Madonna con Bambino e Sposalizio mistico di Santa Caterina”, tempera su tavola, 1470-1480
– Attr. Silvestro dell’Aquila: “San Michele Arcangelo”, legno policromo, ultimo quarto XV secolo
– Pompeo Cesura: “San Equizio”, scultura lignea dipinta, dorata e argentata, 1560-1570
– Aert Mijtens: “Presentazione al Tempio”, olio su tela, 1594-1595
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