In mostra al Castello Gamba di Chatillon l’opera, fra le più emblematiche, dell’artista gran “cancellatore”
 

“I miei genitori,amici e parenti dicono di non conoscermi: quindi affermano di più la mia identità”. Parola di Emilio Isgrò. Classe ’37, origini siciliane e milanese d’adozione, Isgrò è artista (pittore, ma anche poeta, scrittore, drammaturgo e regista) fra i più rivoluzionari ed eccentrici delle cosiddette seconde Avanguardie degli anni Sessanta; anni in cui s’inventa, con profonde ragioni di causa, quel nuovo linguaggio passato alla storia come “linguaggio delle cancellature” che lo renderanno celebre a livello internazionale, aprendogli le porte di Musei fra i più prestigiosi al mondo (nel 2017, tre sue importanti opere sono state acquisite nella collezione permanente del “Centre Georges Pompidou” di Parigi), oltreché la strada a nuovi modi di intendere il “valore della parola e della comunicazione”. Ne sono un chiaro esempio “I Promessi Sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati”, opera del 2016 (con chiaro riferimento all’ironia del Manzoni sul numero dei lettori che lo scrittore s’aspettava interessati alla lettura del suo romanzo) e primo appuntamento espositivo, a cura di Casa Testori, della rassegna Détails con cui il Castello Gamba – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea della Regione Autonoma Valle d’Aosta intende valorizzare il proprio patrimonio legato al Contemporaneo. Partendo quindi da “Quel che è scritto”, opera realizzata da Isgrò nel ’91 e di certo fra le più significative di quelle già custodite nel Museo valdostano, prende corpo l’attuale allestimento incentrato sulla cancellatura con inchiostro nero o tempera bianca dei 35 volumi della “Quarantana”, l’edizione definitiva del romanzo manzoniano, illustrata da Francesco Gonin e pubblicata fra il 1840 e il 1842. Cancellatura da cui Isgrò salva, con personale filosofica lungimiranza, solo alcune parole-chiave. “L’opera che si sviluppa nello spazio con la sequenza di un film – scriveva Marco Bazzini, curando la stessa mostra nell’edizione meneghina di tre anni fa – rappresenta la più attuale riscrittura del romanzo”. E ancora: “Isgrò attraverso la cancellatura invita lo spettatore a  riconsiderare il grande romanziere italiano sotto una nuova luce rispetto agli stereotipi trasmessi dal nozionismo scolastico”. Non dunque atto oltraggioso o azione nichilista, ma strumento attraverso cui far emergere la “dignità” e il valore portante di alcune parole e di alcune frasi su altre. E in questo senso, si può anche parlare di lavoro particolarmente impegnativo sul piano etico oltreché estetico per chi, come Isgrò, è arrivato negli anni a fare opera di cancellatura perfino sull’“Enciclopedia Britannica” e sulla “Costituzione”. Non meno che su pagine di giornali, carte geografiche, spartiti musicali o fotografie, declinando il tutto “in installazioni o in opere dall’originale sapore concettuale”. “La cancellatura – sottolinea l’artista – non è una banale negazione ma piuttosto l’affermazione di nuovi significati: è la trasformazione di un segno negativo in gesto positivo”. Un vero e proprio atto d’amore, di ricostruzione attraverso l’impeto distruttivo del segno, da cui spesso si salvano solo – nel caso dei “Promessi Sposi” e al di là di quello che avrebbe potuto pensarne lo stesso Manzoni – poche parole, come quelle portentose narranti la conversione dell’Innominato: “Io, Dio”. E non manca la concretezza del gesto pittorico, come nelle due anime della Monaca di Monza, contemporaneamente bianca e nera. O nei tracciati della scrittura, armoniosamente giocati sulla sinuosità del segno e sul contrasto di chiari e scuri, di pieni e vuoti. E’ la parola a portare Isgrò alla formulazione della composizione artistica, concettuale nell’esteriorità della forma e profondamente intima nel messaggio di emozionale singolarità. E proprio da qui deve partire l’atto di comprensione vera dell’opera in mostra nelle sale del novecentesco Castello Gamba della Vallée.
riconsiderare il grande romanziere italiano sotto una nuova luce rispetto agli stereotipi trasmessi dal nozionismo scolastico”. Non dunque atto oltraggioso o azione nichilista, ma strumento attraverso cui far emergere la “dignità” e il valore portante di alcune parole e di alcune frasi su altre. E in questo senso, si può anche parlare di lavoro particolarmente impegnativo sul piano etico oltreché estetico per chi, come Isgrò, è arrivato negli anni a fare opera di cancellatura perfino sull’“Enciclopedia Britannica” e sulla “Costituzione”. Non meno che su pagine di giornali, carte geografiche, spartiti musicali o fotografie, declinando il tutto “in installazioni o in opere dall’originale sapore concettuale”. “La cancellatura – sottolinea l’artista – non è una banale negazione ma piuttosto l’affermazione di nuovi significati: è la trasformazione di un segno negativo in gesto positivo”. Un vero e proprio atto d’amore, di ricostruzione attraverso l’impeto distruttivo del segno, da cui spesso si salvano solo – nel caso dei “Promessi Sposi” e al di là di quello che avrebbe potuto pensarne lo stesso Manzoni – poche parole, come quelle portentose narranti la conversione dell’Innominato: “Io, Dio”. E non manca la concretezza del gesto pittorico, come nelle due anime della Monaca di Monza, contemporaneamente bianca e nera. O nei tracciati della scrittura, armoniosamente giocati sulla sinuosità del segno e sul contrasto di chiari e scuri, di pieni e vuoti. E’ la parola a portare Isgrò alla formulazione della composizione artistica, concettuale nell’esteriorità della forma e profondamente intima nel messaggio di emozionale singolarità. E proprio da qui deve partire l’atto di comprensione vera dell’opera in mostra nelle sale del novecentesco Castello Gamba della Vallée.
Gianni Milani
“Emilio Isgrò: i 35 libri dei Promessi Sposi ‘cancellati’”
Castello Gamba – Località Cret-de-Breil, Chatillon (Aosta); tel. 0166/563252 o www.castellogamba.vda.it
Fino al 16 giugno
Orari: tutti i giorni 9/19

Nelle foto
 
                    

 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
