Dicembre 2018- Pagina 3

Semplicemente amici di Barriera

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
Il tempo è galantuomo con i galantuomini. Noi modestamente ci siamo nati. Siamo nati in Barriera e siamo cresciuti all’oratorio Monterosa. Siamo cresciuti giocando al campetto. Rigorosamente di cemento con uno dei due canestri leggermente più basso dell’altro. Tutti i pomeriggi, estate e inverno. E quando pioveva nessun problema, ci trasferivamo sotto i portici. Mini canestro.  L’importante avere una palla da basket e tutto era possibile. Persino una palla talmente liscia che aveva una bolla esterna della camera interna. Invincibili quando giocavamo in casa, conoscevamo tutte le imperfezioni del campo. E quando si giocava nelle palestre si volava. Un giorno addirittura due partite, ovviamente tutte e due vinte. Per i compiti c’era sempre tempo. Soldi pochi, pochissimi. E la tuta un lusso che non ci potevamo permettere. Se poi c’era tanto freddo non era importante. Giù di canfora, maglioncini e via.  Gli allenamenti tre volte settimana erano un altro modo per continuare quelle nostre giornate insieme. Eravamo e siamo degli amici. Gli amici di ieri, di oggi e di domani. Enfatico? Sì, perché il tempo (almeno in questo caso) ritorna. Non ritorna solo nel ricordo . E ritrovandosi ci siamo domandati chi eravamo, chi volevamo essere e ciò che siamo diventati. Dandoci positive risposte. Ma il tempo porta dolore per chi non c è più. Non ci sei più Bumba. Mitico numero 6 talmente veloce che palleggi e correndo ti perdi il pallone. Con quella incipiente balbuzie che non ti ha impedito di laurearti con il tuo desiderio di riscatto. Fervido credente. E Tu Ricky numero 16 sempre alla ricerca di un angolo del campo per tirare e segnare. Il tuo cuore non ce l’ha fatta, troppo affaticato. Ma voi c’ eravate venerdì sera in Pizzeria, rigorosamente in Barriera di Milano. Corso Vercelli, pizza al padellino e farinata.  Renato il capitano. Gli avversari non tentavano di guardarlo negli occhi per capire dove avrebbe passato la palla e regolarmente sbagliavano. Ora incallito tanghero. Mai fermarsi. Angelo ed Ivan, professori da 40 anni. Il primo con un cuore grande cosi con specialità spalle a canestro finta e tiro. Ha finito la carriera statistica come play. Ivan testardo fino all’ inverosimile. Se qualche movimento non gli riusciva lo ripeteva per ore intere. Gianni decisamente fisicato che andava e si prendeva un sacco i botte per farsi spazio e prendere i rimbalzi . Ora tra i più rinomati fotografi sportivi italiani. Che con naturalezza ci racconta di essere stato a tutte le olimpiadi e campionati del mondo di scherma. E tu, Claudio, stiloso ieri come oggi . Anche per te il tempo è passato e questo pizzetto ti dà un non so che. Sempre pronto ad entrare in campo. Oggi in pensione dopo sanità e tabacchino. Sempre in pista con sci ed altre pratiche sportive. Chi si ferma è perduto. Come i fratelli Foligno. Inseparabili anche ora. Giova’ coordinatore della panchina fino nel fare carriera e da segna punti a coordinatore del tavolo segna punti. Obbiettivo quando giocavamo in casa. Guardingo quando giocavamo fuori casa. Tony, anche Lui roccioso ma straordinariamente calmo, che interveniva nel reprimere le possibili risse. Tutti e  e due dopo una vita di lavoro ora in pensione. Dario, che la passione lo faceva arrivare fino da Vercelli ed ora passa le consegne lavorative al figlio della sua agenzia di promozione di enciclopedie giuridiche. Noi non ci facciamo mancare nulla. Anche i supporter tifosi incalliti e correttissimi. Il Conte, alias Nicola con l’ inseparabile amico Gianni. In fondo il sottoscritto. Il più giovane e il più scalpitante  Al punto di lasciarli per poi tornare con le pive nel sacco. Mi mancava quel gioco anarchico. Eppure all’Agnelli si vinceva. Sempre primi o tra i primi nei campionati nazionali giovanili. Forlì Benevento Rapallo Caserta. Ottima entrata e velocissimo. Quando non bastava e ci dovevo mettere testa ed abnegazione mi sono fermato. Tra i pochi rimorsi della mia vita. Un gruppo. Un gruppo ieri e tutto sommato un gruppo oggi. Amicizia e una passione per lo sport indubbiamente indispensabile per cementare il tutto. Forse non eravamo i migliori. Sicuramente tra i giovani eravamo puliti dentro. L’altra sera fuori dalla pizzeria continuava lo spaccio e gli spacciatori con pretesti tentavano di venderti droga. Corso Vercelli non si fa mancare nulla. Anche per questo rimpiangiamo i nostri tempi. Preferendo il nostro passato a questo presente. Costruendoci per un momento una piccola ed assediata isola felice. Felice per un momento ma pur sempre felice. Un lusso ultimamente negato.  Piccole storie di Barriera che diventano piccole storie di città. Piccole storie ma  per noi grandi storie. E come ha detto il poeta: nessuno si senta escluso. Magari sono solo nostri dettagli. Per noi hanno fatto la differenza positiva della nostra esistenza. Ci ritroveremo per riscoprire questa leggera felicità. Semplicemente. 

Il mare in collina, minerali a Brozolo

Come avviene da alcuni anni a questa parte nel periodo a cavallo tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio la Biblioteca civica di Brozolo propone, nel palazzo municipale, una mostra su argomenti che hanno, comunque, come denominatore comune il territorio. E se lo scorso anno i protagonisti erano stati i giochi del tempo andato, quest’anno i protagonisti sono “Minerali e fossili” con il significativo sottotitolo del ‘mare in collina’ perché un tempo tutta la zona della Valcerrina era sommersa dalle acque, anche se dai rilievi sembra che quello che oggi è il territorio di Brozolo, fosse emerso già sei milioni di anni fa. Dalla fine dell’estate il consigliere Guido Balzola e la moglie Ileana, nei ritagli di tempo libero, hanno lavorato a produrre un percorso che è stato reso possibile grazie anche alla preziosa collaborazione del Museo Paleontologico Territoriale dell’Astigiano e di collezioni private. La mostra si compone di una parte dedicata ai fossili, tra cui un reperto che risale ad oltre 20 milioni di anni e di una parte dedicata ai minerali, accompagnate da un’efficace cartellonistica che spiega quelle che sono le esposizioni, non dimenticando la ‘Pietra da Cantone’ che ha consentito al Monferrato di diventare Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco o l’amianto, legato al territorio non solo monferrino, sabato 29 dicembre, domenica 30 dicembre, martedì 1 gennaio, Capodanno, sabato 5 e domenica 6 gennaio, Epifania, quando chiuderà i battenti.

Massimo Iaretti

Chiude il ristorante del grattacielo

Chiude temporaneamente il ristorante Piano 35 sul grattacielo Intesa San Paolo. La banca, scrive il quotidiano Repubblica,  smentisce una trasformazione in foresteria, dopo il 31 dicembre, quando il locale si fermerà. Il Piano 35 e il lounge bar collocato al 37esimo piano dell’edificio di corso Inghilterra forse riapriranno  in piazza San Carlo (nei locali del vecchio Caval ‘d Brons?). Il contratto tra la banca e la coop Cir Food che gestiva il ristorante e il bar è stato interrotto, così come non è stato rinnovato  il contratto con lo chef da due stelle Michelin  Marco Sacco del “Piccolo Lago” di Verbania, che da settembre 2018 era responsabile delle cucine del ristorante in cima alla torre Intesa san Paolo.

Con l’app Autodoc risolvi i tuoi problemi

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Giornata mondiale della Pace, incontro a Torino

Il 1° gennaio 2019, tra le  18 e le 20, presso il Sermig – Arsenale della Pace,  di Via Borgo Dora, 61 si terrà un incontro interconfessionale per celebrare la Giornata mondiale della Pace. Saranno presenti autorità tra le quali l’arcivescovo Cesare Nosiglia e fedeli di tutte le confessioni religiose esistenti in Piemonte, e sarà presentato un documento rappresentativo  di tutte queste realtà, a testimonianza della tensione al dialogo e alla convergenza per il Bene Comune che animerà tutti i presenti. L’ampiezza, la varietà e la convergenza delle religioni presenti insieme nel coordinamento rappresenta – a questo livello – un “unicum” anche in Italia. 
Giampiero Leo

Federica Bertino, il colore invade la tela tra la Natura e la Storia

Ha detto una volta Federica Bertino: “Mentre il lavoro che faccio sulla fotografia e sui disegni mi spinge all’organizzazione, allo studio, alla necessità di inquadrare un’opera in ogni suo momento di nascita e di svolgimento, il lavoro della pittura è quanto di più casuale ci possa essere”. Un ordine messo a confronto con quello che può sembrare un disordine, un’avventura che non sai dove possa portarti. Da un lato la cognizione prestabilita, vorremmo quasi dire il geometrico, la regola, l’imposizione fredda, dall’altro la libertà, la suggestione prepotente, il racconto inventato, il caldo ardito ma rassicurante del colore. Sono i pensieri che immediati ti tornano alla mente non appena entri nelle sale del MIIT di corso Cairoli 4 dove Federica sta esponendo (sino al 6 gennaio), Federica Bertino. Emozioni è il titolo della mostra, da un lato le fotografie (i ricordi dei suoi viaggi) e i disegni (per tutti, una parte della raccolta Disegni per Nives, del 2009, con cui vinse il primo premio del pubblico a “Grafò” l’anno successivo) e gli acquerelli dai tratti morbidi, dalle dimensioni contenute. Dall’altro la presenza forte, importante, felicemente prepotente delle sue tele, dalle grandi dimensioni, queste masse di colore – pastelli a olio e acrilici – che invadono le stanze, moderni affreschi su tele bianchissime pronte a essere riavvolte una volta terminata la mostra e riposte negli scaffali dello studio, sulle colline dell’Astigiano.

Sono immagini costruite sulle emozioni, sul sentimento dell’attimo (Mi devi rassicurare), sulla lacrima e sul sorriso, su di una spinta istintiva che irrompe; ma anche sulla riflessione, su di un pensiero protratto a lungo, sulla realtà trasfigurata. Bertino, come perdendosi in quei colori che riempiono la tela, gioca con la fiaba (giunge persino a servirsi di titoli che provano a lambire il ritornello pubblicitario o la narrazione fumettistica, In questo bosco è nascosto il mio amore, con quel piccolo cuore giallo difficilmente rintracciabile dentro un oceano di blu e verdi e intermittenze violacee), con la natura innocente e da salvaguardare, nella sua unicità e nella irruenza (uno degli angoli più belli e convincenti della mostra è quel Ruscello dorato che attraversa in obliquo la tela e fregandosene di ogni misura sembra inoltrarsi sul pavimento della sala d’esposizione), con i tanti animali che qua e là compaiono (strappa un sorriso al canguro rappacificato o laicizza il messaggio francescano, Laudato si’, 2017, con A noi due – 132 x 185 cm – invade la tela di animali, quasi immersi in un sogno chagaliano), con il verde che favolisticamente (ma neppure troppo) fatica a riscoprire una manciata di serenità (I giardini di Roma, 2018 o La luce te la devi cercare del 2014), laddove pare che le invasioni e le fasce di colore diventino ancora più presenti, in questa necessità della natura di affermarsi; e ancora si pone di fronte alla realtà, al mondo con cui ci ritroviamo ogni giorno a confrontarci, alla Storia da cui una umanità impoverita si vede sconvolta, trafitta, insanguinata – “quasi un reportage sulla società contemporanea”, sottolinea il curatore Guido Folco -, e qui maggiormente t’accorgi di quanto il tratto sia forte e trascinante, drammatico, di quanto voglia reclamare una ribellione, una propria personale ribellione. Nascono – sono opere recenti, datate 2018 – Pace in Siria e Pace a Gerusalemme, di grande impatto visivo, dove ancora una volta i colori e le grandi dimensioni accrescono l’emozione, il pathos dell’immagine e del ricordo, dove l’artista s’immerge e maggiormente si svela, lanciando simboli a chi guarda (una colomba bianca, una sagoma umana imperfetta) in una decifrazione dell’opera che in Federica non si visualizza mai al primo istante. L’esplosione di emozioni e di colore che è sulla tela non si tramuta soltanto in un “quadro ben fatto”, è qualcosa di molto più personale, un viaggio intimo, vuole essere una partecipazione, la consapevolezza di quanto “posso fare io” per quella pace che il mondo da anni va inseguendo.

Nel discorso che Federica Bertino ha proseguito, verso il mondo asiatico e i suoi conflitti, intorno alla Storia, bene ieri si era inserita quell’opera, Maelbeek, del 2016, che rimane una delle prove più convincenti dell’artista, un’opera che non era stata la risposta immediata, dettata dalla rabbia e dallo sconforto, ad un atto delittuoso, ma che aveva dovuto attendere alcuni mesi per essere realizzata, come a lasciar decantare l’orrore, l’insulto, i corpi martoriati, il sangue, il pugno nello stomaco: e la partecipazione anche, fortunatamente della durata di poche ore, ma disperata, dal momento che in quella prima mattina del 22 marzo di due anni fa, nell’attentato alla metropolitana di Bruxelles, il secondo vagone che sta viaggiando tra le stazioni di Maelbeek e Schuman e rimane sventrato, trentadue morti di tredici nazionalità diverse, sarebbe potuta esserci sua nipote, come ogni altra mattina, per il tragitto verso la scuola. Cinque mesi e Federica, scaricata dello choc, delle incertezze, del terrore, pone sulla tela una grande tela di 370 x 210 cm, quei corpi che paiono l’appendice moderna e altrettanto dolorosa della “Guernica” picassiana, accumulati sulla sinistra, uniti in quella richiesta d’aiuto che ha il proprio simbolo in quel braccio levato, al centro, rossastro. Al di sopra, come in un vortice dantesco, tre corpi ricercano un angolo di pace: e l’artista non solo fissa sulla tela la frantumazione di quei corpi, la tragicità di quelle morti, ma se ne fa interprete, vive l’accaduto, cerca l’immedesimazione con le vittima, in un momento di grande maturità e di passione, capace di renderci appieno quella disperazione che troppo spesso avvolge certi angoli del mondo.

 

Elio Rabbione

 

 

 Le immagini

“Mi devi rassicurare”, acrilici e pastelli ad olio, 2014

“ Pace in Siria”, acrilici e pasteli ad olio, 184 x 210 cm, 2018

“Pace a Gerusalemme”, acrilici e pastelli ad olio, 166 x 208 cm, 2018

Auto contro bus: nove feriti nella notte

Nove feriti di cui uno grave. È’ il bilancio dell’incidente avvenuto alle 3 di notte  tra via Chiesa della Salute e via Boccardo tra una Opel Astra e un bus “night buster”. L’autobus  pubblico che trasporta i giovani della movida stava giungendo  da via Stradella verso corso Grosseto e aveva la precedenza. L’auto con guida a destra e targa inglese era guidata da un iracheno. La vettura si è scontrata con il bus e si è schiantata  contro un muro. L’autobus è finito invece contro la vetrina di un negozio che è andata distrutta. Feriti otto passeggeri medicati in ospedale. Grave il conducente dell’Astra.
(Foto archivio – il Torinese)

L’Adorazione dei pastori al grattacielo Intesa

L’opera arriva in prestito dal Museo Hermitage di San Pietroburgo nel quadro dell’accordo triennale di collaborazione

 

 Intesa Sanpaolo espone dal 22 dicembre al 6 gennaio 2019, l’Adorazione dei pastori del pittore spagnolo Juan Bautista Maíno. L’opera è stata concessa in prestito dall’Hermitage di San Pietroburgo nel quadro dell’accordo triennale di collaborazione tra la Banca e il museo russo, una delle più autorevoli istituzioni artistiche. È questa opera quindi l’Ospite illustre che la Banca accoglie e offre a cittadini e turisti, insieme all’opportunità di accedere al 36esimo piano, nel cuore della serra bioclimatica del grattacielo, in un allestimento inusuale che integra l’arte classica in un contesto di grande modernità. L’iniziativa è realizzata in sinergia con la Fondazione Torino Musei. Prenotazione obbligatoria su www.grattacielointesasanpaolo.com/news. Juan Bautista Maíno (1581-1649), uno dei maestri del Barocco spagnolo, è stato definito “caravaggista freddo”. Ha soggiornato in Italia dove ha conosciuto e seguito nella sua ricerca artistica Caravaggio, di cui Intesa Sanpaolo ha in collezione il Martirio di sant’Orsola esposto nella sede napoletana delle Gallerie d’Italia, Palazzo Zevallos Stigliano. In questo capolavoro l’artista, seguendo fedelmente il Vangelo di San Luca, raffigura il momento in cui un gruppo di pastori e angeli adorano il Bambino Gesù. Nella tela abbondano elementi riferibili alla cultura figurativa italiana, recepiti dall’autore durante gli anni della propria formazione. La presenza del paesaggio crepuscolare nello sfondo ricorda la pittura bresciana e, in particolare, alcune opere di Giovanni Gerolamo Savoldo; il pastore che volge le spalle mostrando le piante sporche dei piedi rimanda al naturalismo di Caravaggio; gli angeli nella parte superiore richiamano in modo puntuale quelli de L’Assunta di Orazio Gentileschi, custodita a Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica di Torino e proveniente dalla chiesa di Santa Maria al Monte dei Cappuccini; dallo stesso maestro deriva anche lo splendido colore chiaro e smaltato.

 

Quella con l’Adorazione dei Pastori di Maíno è l’ottava edizione de L’Ospite illustre, la rassegna curata e promossa da Intesa Sanpaolo che propone un’opera di rilievo in prestito temporaneo da prestigiosi musei italiani e stranieri ospitata nelle sedi espositive della Banca, le Gallerie d’Italia di Milano, Napoli e Vicenza e il grattacielo di Torino.L’accordo triennale con il museo di San Pietroburgo prevede collaborazioni sul piano dei contenuti scientifici, prestiti e scambi di opere delle rispettive collezioni, iniziative culturali e sostegno a mostre. In particolare, il 6 dicembre 2018 ha aperto a San Pietroburgo la grande mostra su Piero della Francesca di cui Intesa Sanpaolo è main partner italiano.È un onore ospitare nella nostra Città un’opera così prestigiosa quale è L’adorazione dei pastori di Juan Bautista Maìno. Un’opera che richiama alle tradizioni cristiane del Natale e che, proprio sotto questa luce, leggiamo come un dono di Intesa Sanpaolo alla comunità che potrà goderne.Questa rassegna di Intesa Sanpaolo – che ringrazio – è un esempio virtuoso di come pubblico e privato possano guardare nella stessa direzione, impegnandosi all’unisono per arricchire le opportunità del nostro territorio” dichiara Chiara Appendino, Sindaca di Torino.

 

La presenza al grattacielo di Torino di un ospite illustre nel periodo di Natale è diventato ormai un appuntamento fisso e atteso. Dopo il dipinto di Bronzino da Capodimonte, che lo scorso anno ha avuto uno straordinario successo di pubblico, protagonista di questa nuova edizione è il capolavoro di Maino dall’Hermitage di San Pietroburgo. L’iniziativa è in piena sintonia con il Progetto Cultura della nostra Banca, sempre più inserito in un contesto di relazioni internazionali con i principali musei del mondo. Si inserisce in questa visione la partnership con il prestigioso museo russo, che pochi giorni fa ha prodotto la mostra a San Pietroburgo dedicata a Piero della Francesca, che ha permesso oggi di portare a Torino un dipinto meraviglioso e, il prossimo anno, di organizzare alle Gallerie d’Italia una grande esposizione su Canova e Thorvaldsen. La mostra di Maino è strettamente legata anche a Torino e a Palazzo Madama, a conferma dell’impegno che ci siamo assunti di realizzare, in città, momenti espositivi importanti e originali che promuovano conoscenza, approfondimento e bellezza dei patrimoni d’arte custoditi nei musei italiani e stranieri” commenta Michele Coppola, Direzione Centrale Arte, Cultura e Beni Storici, Intesa Sanpaolo.

 

Il tempo del Natale è il tempo dei regali che noi tutti aspettiamo e quel rituale risale proprio al miracoloso evento in cui i Re Magi hanno portato al bambin Gesù i loro doni. E’ il valore di questo gesto che ha fatto sì che Intesa Sanpaolo abbia scelto questo quadro dell’Adorazione dei pastori per fare un regalo ai cittadini e alla città di Torino, attraverso un dipinto che raffigura il miracolo che noi tutti attendiamo in questo periodo di festeggiamenti, Per me è un grande piacere che sia stato scelto un quadro dell’Hermitage del pittore spagnolo del Seicento, Juan Batista Maino, perché questo può evidenziare la stretta relazione che esiste tra Intesa Sanpaolo ed il Museo. Intesa Sanpaolo, con la sua partecipazione all’evento più significativo dell’anno del Museo Statale Hermitage, ossia la mostra dedicata a Piero della Francesca, ha già fatto un grande dono al nostro Museo e a tutti i nostri visitatori e questa vuol essere la nostra risposta che speriamo avrà tante conseguenze nel futuro” afferma Irina Artemieva, Conservatrice Dipartimento di Pittura Veneta del Museo Hermitage.

Musicoterapia, una cura per l’anima e per la mente

Suoni, armonie, vibrazioni, echi della natura, rumori alternati a silenzi creano le nostre colonne sonore quotidiane. Ogni giorno della nostra vita è accompagnato dalla musica, o da altri effetti acustici, che scandiscono i nostri ritmi, stimolano le nostre emozioni e lavorano sul nostro sistema nervoso

Ogni suono ci ricollega ad una sensazione o ad un sentimento, ci rievoca una esperienza, ci riporta alla nostra infanzia, fa riemergere momenti che ci hanno segnato facendo di un ricordo una vera e propria emozione, forte e indimenticabile. Un cd di musica classica mentre lavoriamo, la nostra playlist preferita mentre facciamo ginnastica, il rumore della pioggia che cade o il ritmo del treno che viaggia, ogni suono può avere una influenza benefica su di noi, favorendo la calma e il buon umore. Questo effetto risanante e curativo della musica si può considerare una vera e propria terapia complementare, un trattamento efficace che, in sinergia con altre terapie mediche e psicoterapeutiche, può essere un valido rimedio a problematiche legate alla depressione, all’insonnia o un importante supporto nell’affrontare disabilità più complesse come l’autismo. La Federazione Mondiale di Musicoterapia ne parla come “un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive”, un autentico percorso di riabilitazione che agisce sulle attività neuronali stimolando la produzione di betaendorfine, potenti ormoni con importanti capacità analgesiche. Esistono vari modelli clinici relativi a questa terapia musicale che si ispirano ad approcci e teorie diverse, quello di Benezon, per esempio, è di stampo psicoanalitico e affronta maggiormente problemi legati alla comunicazione e alle relazioni. Abbiamo poi la Musicoterapia Creativa di Nordoff e Robbins, un metodo rivolto maggiormente a bambini affetti da disturbi lievi e gravi di apprendimento, autismo e disabilità psico-fisiche: durante una seduta di gruppo il ritmo musicale appreso aiuta la coordinazione dei movimenti del corpo. Sull’improvvisazione della parola e sulla musica simbolica è incentrata invece la Musicoterapia Analiticamente Orientata di Mary Priestley che, ricalcando l’analisi di Jung, mira alla crescita personale. Infine la Musicoterapia Comportamentale, teorizzata da Madsen, propone l’utilizzo della musica per modificare comportamenti adattivi o rimuovere comportamenti distorti mentre il metodo GIM, di Helen Bonny, mira ad esplorare la coscienza attraverso i suoni facilitando il dialogo con il mondo interiore.  Esprimersi, far emergere le emozioni, saperle riconoscere e percepire, vincere le proprie paure o lenire le ansie che ci condizionano l’esistenza sono solo alcune straordinarie capacità che la musicoterapia possiede. Aprire nuovi canali di comunicazione, affrontando così la chiusura provocata da una depressione o da patologie croniche, è la facoltà che si riconosce a questa “cura” che sempre di più viene utilizzata per affrontare disturbi di diversa natura, per comunicare con pazienti in coma o per alleviare i disagi della vecchiaia come la demenza senile. Gli strumenti utilizzati non sono solo quelli canonici, ma anche il proprio corpo o i rumori ambientali, dispositivi elettronici o invenzioni vere e proprie create per il paziente in base al disagio da trattare. Attraverso ritmo, melodia e armonia e un programma specifico si dà voce alle emozioni, a dinamiche psichiche e si cerca, per quanto possibile in relazione alla patologia e alle possibilità di questo specifico intervento, di riorganizzare la vita interiore dell’individuo o quantomeno di supportarlo e sostenerlo.

Maria La Barbera