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Si sono svolti ieri i funerali della prof. Liana De Luca, poetessa, narratrice e saggista di alto livello letterario ed intellettuale, dal 1970 socia del Centro “Pannunzio”,amica di Mario Soldati e di Mario Bonfantini . Era un’autrice prestigiosa di “Genesi” con cui ha pubblicato buona parte della sua vasta produzione letteraria, intrecciando un lungo rapporto d’amicizia con l’editore Sandro Gros- Pietro. La storia di quasi cinquant’anni del Centro “Pannunzio” è scandita dalla figura intellettuale ed umana di Liana, nata a Zara e fondatrice della sezione del Centro” Pannunzio ” “Esuli Istriani e Dalmati” di cui era presidente. E’ stata anche per molti anni mia Vice Presidente nelle Giurie dei Premi “Pannunzio” e “Soldati”.Da qualche anno non poteva più partecipare agli incontri culturali per ragioni di salute, ma non posso non ricordare una telefonata affettuosa e straziante del maggio scorso in cui mi esprimeva tutto il suo dolore per non poter partecipare alla festa dei 50 anni del Centro “Pannunzio”. E’ stata una donna laica, autenticamente laica e libera nelle sue idee e nella sua vita, che ha fatto della letteratura, della cultura e della scuola la ragione stessa della sua esistenza. La conobbi nei primi mesi del 1970 e fu lei a rendermi consapevole del dramma del confine orientale, delle foibe e dell’esodo di cui nessuno mi aveva parlato al liceo e nessuno all’Università di Torino che stavo frequentando ,seguendo l’indirizzo storico. Una volta le feci incontrare lo storico Leo Valiani , antifascista nativo di Fiume, e fu Liana coraggiosaente a dirgli che certe verità non dovevano più essere occultate. Leo mi disse: “Tocca ai giovani come te aprire il discorso ,anche parlando dell’infamia del Trattato di Osimo”. Io non ho la competenza letteraria sufficiente per scrivere di Liana poetessa e scrittrice, paragonabile come importanza a Maria Luisa Spaziani ed altre scrittrici, come ha ricordato nel suo ricordo funebre Sandro Gros – Pietro. Liana ha scritto molto e lascia un’opera poderosa. Sarà il tempo a darne il giudizio più meditato e spassionato. Già Mario Soldati scrisse pagine sulla de Luca che andrebbero riprese e ripubblicate. Soldati era un critico severissimo soprattutto con gli amici e una volta davanti all’hotel principi di Piemonte assistetti ad una sfuriata di Mario nei confronti di Liana che mi amareggiò e mi stupì. Mario ,di fronte alla poesia e alla qualità dei vini era implacabile, ed a volte esagerava. Ma poi era anche generoso ed obiettivo come era stato con Liana, scrivendo quell’elzeviro su “La Stampa”.
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Ricordo che un critico sottile ed esigente come Loris Maria Marchetti ha scritto un saggio su di lei nel 2015 che dovrà essere preso come un riferimento per incominciare a parlare e a scrivere di lei in termini rigorosamente critici. Una volta Liana mi disse, così all’improvviso, che scrivere troppo era autolesionistico perché offriva un’eccesso di materiale per chi voleva svalutare l’opera di uno scrittore. Io le risposi che sbagliava perché la sua scrittura era una pulsione dell’anima irrefrenabile. Il poeta scrive non di testa, come diceva Giovanni Arpino, ma per una necessità naturale ed irrinunciabile come quella di respirare. Io la voglio ricordare come donna non allineata alle mode femministe neppure negli anni sguaiati dopo il ’68.Era una donna che non aveva bisogno di rivendicare le quote rosa per emergere. Aveva dignità ed autorevolezza. Anche durante il lungo periodo in cui fu docente apprezzata di letteratura italiana, rimase ferma nel difendere la serietà della scuola ,schierandosi apertamente contro il facilismo e il permissivismo che stava devastando e desertificando il mondo degli studi. Sono numerosissime le manifestazioni culturali che abbiamo fatto insieme, come sono innumerevoli le serate passate insieme a parlare di letteratura, di storia, di cose leggere e piacevoli. Soffriva profonda l’angoscia della solitudine. Rimasta vedova prima dei quarant’anni, non si era rassegnata alla cattiva sorte. Mario Bonfantini, il grande francesista traduttore di Baudelaire e Rabelais, si era perdutamente innamorato di lei. Stava traducendo da trent’anni les Fleurs du mal senza mai essere appagato dell’impossibile lavoro di traduzione del poeta principe del Decadentismo. Per amore di Liana finì la traduzione pubblicata da Einaudi e volle che fossimo Liana, Valdo Fusi ed io i primi presentatori. Liana aveva alcune idee radicate, ma non si volle mai impegnare sul terreno politico e tanto meno ideologico come la sua amica Dacia Maraini. Anzi, l’engagement politico degli intellettuali lo viveva con fastidio. Ha scoperto anche tanti talenti, ne cito uno per tutti, il giornalista ligure Pier Luigi Camparini che si rivelò anche uno scrittore proprio per merito di Liana. Alassio era la meta delle sue e delle mie vacanze che si trasformavano anche in occasione di incontri culturali alla Biblioteca sul mare dove il comune amico Roberto Baldassarre ,mitico direttore di quella biblioteca e organizzatore culturale di grande talento, ci ospitava volentieri. Lei aveva fondato a Bergamo il prestigioso Cenacolo Orobico di cui era stata presidente per tanti anni ed animatrice anche a distanza. Sapeva cosa voleva dire organizzare la cultura e conosceva, per averle vissute, le frustrazioni e le fatiche a cui si sottopone chi non cerca appoggi nella politica. Bergamo ipercattolica era una città lontana da quella civiltà laica a cui Liana ha aspirato tutta la sua vita, senza mai scadere nel laicismo che nega ogni valore al dato religioso, che le era tuttavia quasi estraneo.
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Il nostro fu amore culturale a prima vista. Fu lei a farmi conferire nel 1982 il primo prestigioso riconoscimento a Torino, la città che si è rivelata più avara con me di ogni altra. Di questo Liana si era accorta con tanti anni di anticipo e fu lieta di venire nella sala del Consiglio comunale di Torino nel 2013 quando il Sindaco Fassino volle festeggiarmi ed in una manifestazione molto importante in cui si diede appuntamento la Torino civile, come si potrebbe dire parafrasando Bobbio. Amava in me il “realismo machiavelliano”, come diceva lei, che non giudicava frutto solo dei miei lunghi studi sul Segretario Fiorentino. Sostenne sempre le mie decisioni a volte dure, a volte imprevedibili che non esitai ad assumere per difendere dalle aggressioni più diverse il nostro Centro “Pannunzio” verso cui dimostrò lealtà e passione assoluta. Una volta andò persino contro Mario Bonfantini ,allora presidente del Centro, per sostenermi. Un esempio di suprema amicizia,ma anche di una visione identica della realtà che a volte non è affatto poetica. Al Centro Pannunzio, tanti anni prima di Baricco e della sua scuola Holden, tenne i primi affollati corsi di scrittura creativa. Baricco con i suoi appoggi politici ebbe notorietà ed onori, Liana non ebbe quei riconoscimenti che per altro non cercava e non voleva, anzi disprezzava come Pannunzio. Da donna nata a Zara amava il mare che per lei era un’attrattiva vitale come la poesia e l’amore. Pensando all’animo di Liana, ho spesso pensato al volo di un gabbiano che svetta alto nel cielo e si posa sul mare. Un gabbiano libero che è volato il 3 novembre nel cielo riservato ai poeti. L’ho ricordata anch’io in Chiesa ,ma forse la commozione dei ricordi ,parlando a braccio, ha preso un po’ il sopravvento. La cerimonia si è tenuta in una chiesa retta dai padri domenicani. Uscendo, ho visto, in fondo all’edificio, un medaglione che raffigura e ricorda il padre domenicano Reginaldo Giuliani ,medaglia d’Oro al Valor Militare, caduto in terra d’Africa. Mi sono ricordato che Liana era figlia di un ufficiale di carriera dell’Esercito e che una volta mi aveva detto che suo padre aveva conosciuto Padre Giuliani. A volte la vita riserva strane, impensabili e dolci sorprese anche nei momenti più dolorosi. Se l’avessi visto entrando, mi sarebbe venuto in mente anche questo ricordo: Liana era orgogliosa di essere stata figlia di un ufficiale che aveva prestato servizio a Zara italiana dove lei era nata nel 1931. Una volta ci incontrammo Ottavio Missoni, Sindaco del libero Comune di Zara in esilio, Liana ed io in occasione del primo giorno del ricordo del 10 febbraio festeggiato a Palazzo Carignano di Torino dove fui oratore ufficiale con Violante e Fini. Fu un momento in cui vidi Liana felice ed orgogliosa, più che se avesse vinto un ambìto premio letterario. Era la gioia di una grande italiana che aveva visto finalmente riconosciute le sue radici personali e quelle storiche della sua città dalmata ricca di storia romana e veneziana di cui Liana andava fierissima.
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