Cereseto, l’antico luogo dei ciliegi

Cereseto, a una decina di chilometri da Casale Monferrato e ad una distanza ancora minore da Moncalvo, pur non appartenendo propriamente alla Valcerrina, tuttavia ne è quasi un’appendice. Oltre tutto, sotto l’aspetto amministrativo il suo Comune è parte dell’Unione dei Comuni della Valcerrina

Il suo toponimo è in realtà un fitonimo: Ceresa è una della varianti di Cerasa, termine in vernacolo con cui viene indicato l’albero del ciliegio ed il suo frutto. Etum, invece, ha il valore di un semplice suffisso. Cereseto potrebbe quindi indicare un luogo ricco di ciliegi. Nel 1020 compare per la prima volta la forma Cerexetus, nel 1224 Ceresetus. Il paese appare tra le verdi colline del Monferrato come una gemma, dominato dall’imponente castello. E a due passi c’è il Santuario di Crea con il Sacro Monte, patrimonio dell’Umanità proclamato dall’Unesco nel 2004. Il borgo, sorto in vicinanza dell’antica abbazia di San Cassiano, viene infeudato dai seguaci di Arduino d’Ivrea, poi confiscato al cavaliere sassone Granseverto suo sostenitore. In seguito divenne un possedimento dei monasteri della Novalesa e di Breme, del marchesi del Monferrato, Aleramici e Paleologo. Alla fine del 1500 venne concesso da Vincenzo I Gonzaga a Germanico Savorgnan costruttore della Cittadella di Casale Monferrato, che verrà ricordata nei Promessi Sposi come “Quel maledetto Casale”.

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Dopo le devastazioni del 1600 il castello ridotto e restaurato dai conti De-Maistre Lovera di Maria, sino al 1910 quando venne fatto ricostruire sulle fondamenta secondo lo stile eclettico che scaturisce dagli studi di Viollet Le Duc e dagli architetti italiani D’Andrade e Nigra. Lo volle costruire il celebre finanziere Riccardo Gulaino che, in quel momento della vita condivideva questa ideologia e commissionò l’opera all’ingegnere casalese Vittorio Tornielli. Il complesso ha una dimensione monumentale: impegnò per un decennio un numero grandissimo di maestranze che portarono vita e sviluppo nel paese di Cereseto. Riccardo Gualino, scrivendo la sua autobiografia alcuni anni dopo, rinnegò il valore dell’opera che lui stesso aveva realizzato, profondendo vastissime risorse economiche. Il Castello, che non è accessibile al pubblico, in epoche più recenti è stato anche al centro di vicende di cronaca: nel maggio del 1980 un blitz della Guardia di finanza, dopo lunghe indagini, scoprì al suo interno una vera e propria raffineria di droga con tanto di chimici provenienti dalla Francia, che lavoravano alla raffinazione dell’eroina. Poi una serie infinita di aste per arrivare alla vendita dell’immobile che, comunque, domina il paese e la cui vista merita in ogni caso.  Ma non è questo l’unico elemento di interesse per il paese. Nella parte più alta di Cereseto, presso il Castello, c’è la chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo. L’abitato, in origine antica, doveva trovarsi più a Nord presso il luogo di culto, già elencato elevato nella pieve di San Cassiano dal 1299 al 1440 e divenuta parrocchiale forse successivamente a San Cassiano. Nel sedicesimo secolo il paese si era già spostato sul colle e, nel 1590, l’antica parrocchiale era diventata una chiesa campestre, distante e non comoda per il popolo. La chiesa attuale venne edificata dal 1719 al 1723, inaugurata il 19 luglio 1721 e consacrata il 24 giugno 1724 dal vescovo di Casale, monsignor Radicati. In paese ci sono anche le chiese di San Filippo e Giacomo, San Rocco Sn Defendente e da alcuni anni un Tempio Buddista Renkooji che accoglie fedeli da tutte le parti del mondo. Si ringrazia il sindaco Enzo Lavagno per la collaborazione e la documentazione prestata nella realizzazione di questo articolo

Massimo Iaretti

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