L’autore pubblicò nel 1749 un “Trionfo del sesso” a causa del quale entrò in grave attrito con la sua gerarchia fino al punto di essere scomunicato. L’arte di tacere è un trattato sul tema del silenzio che diverte e racconta molte verità che sarebbero oltremodo necessarie ai nostri tempi
Al quarto capitolo del suo trattato (“Principi necessari per esprimersi nei libri e nei saggi”) l’abate Joseph Antoine Tousaint Dinouart (Amiens, 1716-1786) scriveva, descrivendo il primo principio, che “è bene trattenere la penna, se non si ha da scrivere qualcosa che valga più del silenzio”. Mi sono chiesto cos’avrebbe detto se avesse gettato uno sguardo, seppur fugace, su questa mia nota. Me l’avrebbe stroncata, in un impeto di riservatezza e modestia, oppure l’avrebbe silenziosamente accettata, per compiacimento o vanità? Non potendo contare su di una risposta, nella speranza di un’indulgenza, continuerò a scrivere questa breve recensione di un libretto straordinariamente attuale. “L’art de se taire” ( l’arte di tacere) fu pubblicato a Parigi nel 1771,presso l’editore Simon Bénard ed è – forse – l’opera più famosa dell’abate Dinouart , ecclesiastico «mondano» e scrittore versatile del XVIII secolo. Infatti, il nostro abate, scrisse sui più svariati argomenti, soprattutto sulle donne – compresi rifacimenti di opere altrui che gli guadagnarono il titolo di «Alessandro dei plagiari» -, e pubblicò nel 1749 un “Trionfo del sesso” a causa del quale entrò in grave attrito con la sua gerarchia fino al punto di essere scomunicato. L’arte di tacere è un trattato sul tema del silenzio che diverte e racconta molte verità che sarebbero oltremodo necessarie ai nostri tempi. Ad esempio sostiene che l’uomo che parla poco e scrive solo cose essenziali sarà migliore scrittore, e miglior politico: “Il silenzio politico è quello di un uomo prudente, che si contiene, che si comporta con circospezione, che non si apre sempre, che non dice tutto ciò che pensa, che non chiarisce sempre la sua condotta e le sue intenzioni. È un uomo che, senza tradire le giuste ragioni, non risponde sempre esplicitamente per non lasciarsi scoprire». E si comporta così perché, in generale, “ è sicuramente meno rischioso tacere che parlare”. Una piccola opera sapiente che racconta dell’arte del parlare a proposito, del non aprire bocca a vanvera. L’arte del tacere è anche un’arte dell’eloquenza del corpo, che la civiltà cristiana per lungo tempo ha ignorato, pur essendo un capitolo importante dalla retorica classica. L’arte del tacere è padronanza di sé e della relazione con gli altri: «L’uomo non si appartiene mai così tanto che nel silenzio». Diviso in due parti ( nella prima descrive i principi necessari per tacere, i diversi tipi di silenzio e le cause che li determinano; nella seconda si sofferma sul fatto che “si scrive male, si scrive troppo, non si scrive abbastanza” e su come esprimersi nei libri), questo libro si presta ad una lettura godibilissima e, al tempo stesso, utile. E’ vero che l’abate ricorda come i torchi nella Francia del settecento gemevano per i troppi libri pubblicati (e ancor oggi è così) ma “L’arte di tacere” non rientra tra le pubblicazioni colpevoli di aver sprecato la cellulosa.
Marco Travaglini
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