IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Abbassare i toni sembra la parola d’ordine di questi ultimi giorni di campagna elettorale ed e’ giusto il richiamo al senso di responsabilità nella polemica politica. Un paese civile ha valori condivisi che limitano la dialettica elettorale ad alcuni temi, evitando anche gli attacchi personali tra candidati perché quelli attaccabili sono stati esclusi dagli stessi partiti. In Italia non accade proprio così, per cui l’invito ad abbassare i toni appare utile , se non indispensabile. Ciò che non si può dimenticare e’ il corteo sedicente antifascista che voleva impedire la propaganda di CasaPound a Torino e che ha ingaggiato una guerriglia urbana molto violenta con la Polizia che doveva invece garantire il diritto di CasaPound di tenere la propria manifestazione. Nel denunciare questo fatto non si devono abbassare i toni, ma alzarli. Pensate cosa sarebbe accaduto se a manifestare in quel modo fosse stata CasaPound ? Ci sarebbe stato giustamente il finimondo .Forse si sarebbe scomodato persino il Papa. E ben a ragione. Ma le reazioni nei confronti dei centri sociali sono invece apparse troppo blande. Qui non si tratta tanto di dire se abbiano o non abbiano titolo a dirsi antifascisti, ma si tratta di condannarne le azioni e la loro stessa esistenza.
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In periodo elettorale va garantita a tutti i contendenti se non una vera par condicio, come sarebbe auspicabile e giusto, almeno una qualche parità di trattamento . Altrimenti torniamo alla guerra civile degli anni immediatamente precedenti alla dittatura fascista in cui gli oppositori finivano come don Minzoni e Giacomo Matteotti o, se vogliamo pensare a fatti più vicini a noi , al 1968 e dintorni in cui si impediva, con il ricorso alla violenza, l’agibilità politica degli avversari, considerati nemici. Ci fu chi cinquant’anni fa ritenne di riprendere la “Resistenza tradita“ prima con le intolleranze politiche e poi con la violenza del terrorismo. Pochi allora dissero che gli estremisti non potevano considerarsi eredi e continuatori della Resistenza e che dovevano essere isolati. Anche allora, di fatto, certi melliflui democristiani invitarono ad abbassare i toni e non presero i provvedimenti necessari a salvaguardare le regole democratiche e lo Stato di diritto. La generazione dei Moro e dei Rumor ha in proposito colpe storiche gravissime. Chiunque dissentiva, veniva tout- court considerato fascista .E nessuno apriva bocca. L’intimidazione politica era la regola.
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Oggi quella esperienza di 50 anni fa ha indotto l’Anpi a dissociarsi. Ma dissociarsi non basta. E’ necessaria una condanna totale dei centri sociali. Io sarei, riprendendo l’idea di Carlo Casalegno, per proporre di chiudere i covi della sovversione, anche non posso non condividere l’idea del filosofo Maurizio Ferraris che ritiene che, così come sono ubicati nelle loro tane abusive, gli “antagonisti” sono più se non più controllabili, almeno più individuabili. Il punto vero e’ un altro: i primi fascisti sono proprio questi sedicenti antifascisti che risuscitano una violenza che, in verità, non avevano mai nascosto. L’esperienza No Tav in Valle di Susa e’ un esempio evidente che non si può dimenticare.
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