di Pier Franco Quaglieni
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E’ cominciata la settimana dedicata al culto dei morti che culminerà con i ricordi anche pubblici nei cimiteri. Il clima di questi giorni e’ lontano da quello piovoso e freddo che viene collegato di norma a queste festività . Il culto dei Santi appare abbandonato dai più, forse neppure capito. Quello dei propri morti invece resiste ad ogni tentativo paganeggiante di sostituire la nostra tradizione con una festa a noi estranea come quella di Halloween a cui giustamente l’arcivescovo Cesare Nosiglia ha opposto un incontro nella Basilica di Superga.
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IL CULTO DEI MORTI
I fiorai registrano un numero di clienti che forse è persino più alto di quelli che hanno a Natale e sembra che la crisi non impedisca a nessuno o quasi l’acquisto di un fiore. I cimiteri brulicano di visitatori .In passato a Torino veniva diffusa ogni anno la guida storico – artistica che scrissi con Romano Campagnoli e che ebbe tanto successo. L’Amministrazione Chiamparino la abolì in seguito alle dimissioni imposte all’Assessore ai cimiteri Giuseppe Lodi, capro espiatorio di errori gravi non suoi e ideatore della medesima. Oggi i miei testi vengono riprodotti su alcune tombe,ignorando parecchie di quelle che io inserii nella guida. Un criterio che non si comprende. C’è, ad esempio, un monumento al capo degli arditi torinesi Carlo Cherasco che io citai; quest’anno è il centenario della fondazione degli Arditi, ma il monumento manca di ogni spiegazione. E così l’eroe del Montenero nella Grande Guerra il maggiore degli Alpini Vincenzo Arbarello a cui pure è dedicata un’importante piazza torinese, è addirittura abbandonato a sè stesso senza neppure un fiore, almeno da parte dell’Associazione Alpini. Ovviamente delle tombe dei caduti della RSI a Torino neppure si parla. Eppure anche quei caduti appartengono alla storia di Torino, una storia tormentata e drammatica, ma pur sempre da ricordare come ogni altra pagina. Mi sembra che l’aspetto del ricordo delle figure storiche nel Cimitero Monumentale, in quello Parco e nei cimiteri di Cavoretto e di Sassi sia stato quasi totalmente abbandonato in controtendenza ad altre grandi città come Genova che fanno del cimitero di Staglieno addirittura un richiamo turistico. Anche i molti torinesi che vanno fuori Torino per il ponte dei Santi, non dimenticano i propri morti. Non è solo il rito cristiano dei morti, ma anche e soprattutto la <<corrispondenza di amorosi sensi>> che lega i vivi ai morti, di cui parlava Foscolo. E’ un culto antico che precede il Cristianesimo e si ritrova in civiltà lontane come quella delle Egizi, degli Etruschi, dei Romani. A Torino da alcune decine d’anni è attecchita l’usanza tipicamente meridionale dei lumini davanti alle tombe, lumini volti a “illuminare la sotterranea notte” come scriveva Foscolo, di morti.
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LA CREMAZIONE
Ormai da molti anni ha preso piede l’abitudine della cremazione che fino ad un certo punto venne vietata dalla Chiesa. La cremazione ,come rivela anche il nostro cimitero monumentale nella parte riservata ad essa,fu inizialmente un atto di esplicita miscredenza volta a negare l’esistenza dell’anima immortale dell’uomo. Mangiapreti e massoni scelsero quella sepoltura come sfida esplicita alla Chiesa. Poi le cose sono cambiate e oggi la Chiesa cattolica ammette il rito della cremazione. Le cellette occupano poco spazio e la cremazione appare una soluzione igienica. Certamente gli spazi angusti riservati a tutti senza distinzione (La livella di Totò) cozzano contro il valore della tomba che non è solo un privilegio dei ricchi che possono permettersi monumenti, mentre i poveri finiscono inumati nella nuda terra. I sepolcri hanno anche un valore storico e quello delle donne e degli uomini che hanno lasciato di sè un ricordo importante, è giusto e non legato alla posizione economica dei medesimi. Il tempio di Santa Croce a Firenze con le tombe dei grandi Italiani da Machiavelli ad Alfieri è forse l’esempio più illustre di come una Nazione possa trovare in alcune tombe il senso della propria storia, venendo esse indicate ad esempio delle future generazioni. L’idea della celletta con le ceneri o addirittura la dispersione delle ceneri è un modo di intendere la morte eguagliatrice( che annulla in certa misura anche il valore della vita)non sempre accettabile ,anche se non c’è nulla di più privato della morte e quindi ciascuno ha diritto a scegliere la sua ultima dimora come e dove meglio crede. Diceva Orazio che egli non sarebbe morto per intero perché lasciava la sua opera. In questi casi il ricordo dei posteri è dato dall’opera lasciata che sopravvive alla fine della vita mortale.
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ANCHE GLI ANIMALI HANNO UN’ ANIMA
Anche gli animali hanno diritto di essere ricordati ,adesso ci sono piccoli cimiteri privati per loro o c’è la possibilità di conservarne le ceneri in casa. Scriveva Goffredo Parise che “tutti gli animali hanno un’anima”. Ed è proprio così. Quando penso ai miei cani e gatti non li penso nell’Ade tenebroso ma li penso che corrono felici nel Paradiso degli animali. Ho riletto Il giorno dei morti di Pascoli e nella lacrimevole poesia pascoliana ho ritrovato il senso profondo dell’affetto che lo legava ai propri defunti. In modi totalmente diversi, siamo in tanti a dedicare il nostro pensiero ai nostri morti, non solo attraverso la preghiera cristiana, ma anche attraverso il ricordo. Non è necessario andare in visita alle loro tombe , a volte basta un pensiero, un oggetto ,un libro. I morti vivono anche attraverso le loro opere e loro cose. Io indosso spesso un orologio di mio padre e mi sembra di averlo insieme a me.
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HALLOWEEN E IL NICHILISMO
Anche i nostri amici che non sono più ritornano alla mente in modo più forte nel ricordo. Quando vado al Camposanto per i miei, per mio Padre in modo particolare, passo sempre alla tomba di Mario Soldati e parlo un attimo con il suo <<cenere muto>>. E poi il 4 novembre, Giorno della Vittoria, parlerò come sempre nella piazza del Comune di Alassio con un ricordo ai Caduti di tutte le guerre ,compresi implicitamente anche i miei zii volontari morti nella Grande Guerra. Per me questi giorni sono una commistione di ricordi famigliari e patriottici profondi che non riesco e non voglio disgiungere. Alla faccia di Halloween e di un processo di imbarbarimento in atto che non posso accettare, come mi risulta inaccettabile il nichilismo che distrugge ogni speranza oltre la morte. Il laico Benedetto Croce scriveva che “la vita intera è preparazione alla morte”: di fronte ad essa siamo colti da quel senso del mistero che oggi non si vuole più riconoscere. Siamo tornati quasi inconsciamente a certo meccanicismo settecentesco e successivamente al positivismo tardo ottocentesco che faceva delle vita un fatto meramente materialistico e biologico. Queste giornate dedicate al ricordo dei defunti ci dimostrano che per tante persone il rapporto con i morti è un qualcosa che travalica le fedi religiose e ci richiama a valori intimi e di civiltà che rendono l’uomo del 2000 non diverso da quello dei millenni passati. Io ho cominciato ad apprezzare la sensibilità di un’amica, quando ho saputo che ogni domenica si reca alla tomba del marito morto. Un atto di amore che va oltre la morte.
quaglieni@gmail.com
La ricorrenza dei defunti resiste ancora tra culto e ricordi, sentimento e tradizione
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