Una creazione collettiva che ha avuto origine da Roque Fucci, artista e artigiano di origine argentina, e Andrès Aguirre, attore e regista messicano. Il Teatro Garabato o Piccolo Piccolo nasce dalla collaborazione tra un numero imprecisato di artisti e persone del quartiere che hanno voluto regalare una perla a Barriera di Milano. Una stanza con un piccolo palco, diverse sedie, tutte regalate dalla gente che vive in questa zona della città, un piccolo soppalco dove si siede il regista a dirigere l’opera. Dietro al palco c’è una zona dedicata al laboratorio di ceramica di Roque, una Wunderkammer piena di piatti, vasi e altri oggetti che sembrano vitali nella perfetta imperfezione del fatto a mano. Su una parete sono esposte una serie di fotografie che stanno a rappresentare una specie di rito. Ogni volta che viene messo in scena uno spettacolo, una fotografia, firmata e datata dall’artista di turno, immortala l’evento.
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“L’idea è quella di esporle nel bar qui a fianco, come se fosse il nostro foyer”, dice Nella Caffaratti, una delle artiste che fa parte del collettivo e si occupa di arte visuale.Come spesso accade con le belle idee, il Garabato nasce per caso. Racconta Roque: “Andrès doveva preparare uno spettacolo e aveva bisogno di un posto in cui fare le prove. Io gli ho proposto di venire da me, nella stanza adiacente al mio laboratorio. Lui ha messo due stracci neri, uno per lato. E quando sono entrato in quella stanza e l’ho visto provare non avevo dubbi: quello era proprio un teatro”. Tutte le cose che si trovano qui sono recuperate e ognuno ha una storia. Chi vuole sostenere il teatro può donare un oggetto e ricevere in cambio la mappa di questo luogo che ne racconta la storia, un modo per partecipare a un’opera di creazione artistica collettiva.
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Al Garabato tutto è sperimentazione di livello e contaminazione di diverse discipline. Un luogo così intimo in cui è concesso inventare e reinventarsi, senza la pressione del rendere, di fare il tutto esaurito. Un luogo come contenitore di attività che di solito non entrano in teatro. Qui si possono trovare performance di artisti torinesi importanti che vogliono mettersi in gioco, reinventandosi ogni volta con regole diverse. Mettere in scena un disegno e operazioni di poesia collettiva sono solo alcune delle attività che sono state proposte in questo spazio. Maria Abbrescia, poetessa torinese, ricorda che le mura non sono un limite: “Usciamo dal teatro per riprendere contatto con il territorio. Abbiamo preso possesso di Piazza Bottesini organizzando un presidio artistico fatto di giochi, disegno, poesia”. Perché il Garabato è più un laboratorio di idee che un teatro e può diventare il faro dell’arte che illumina Barriera. Quanto al nome, sì, è una citazione al famoso Piccolo di Milano, come se fosse un augurio per il futuro.
Elisa Speroni
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