Chiedere ai bambini cosa vogliono diventare significa educarli all’idea che in fondo tutto è possibile e se a cinque anni sognano di diventare astronauta, hanno tutto il diritto di poter esprimere il loro sogno. Influenzano i giochi, gli esempi, le trasmissioni tv
di Paolo Pietro Biancone*
Gli adulti chiedono spesso ai figli, ma anche agli amichetti o ai figli degli amici, cosa vogliono fare da grandi. Perchè poniamo questa domanda? La maggior parte dei bambini risponde di voler diventare calciatore, pompiere, o poliziotto, o dottore. Quando crescono il fascino della divisa comincia a scemare e le risposte virano più su giornalista, scienziato, attore e così via…
Chiedere ai bambini cosa vogliono diventare significa educarli all’idea che in fondo tutto è possibile e se a cinque anni sognano di diventare astronauta, hanno tutto il diritto di poter esprimere il loro sogno. Influenzano i giochi, gli esempi, le trasmissioni tv. È ormai risaputo il potere orientativo delle fiction tv: ha fatto notizia in Olanda il boom di donazioni di organi riscontrato a seguito della messa in onda di una fiction che ne ha raccontato a lungo i benefici.
È notizia di questi giorni: “Provaci ancora prof!”, la fiction che va in onda su Rai 1 dal 2005 è ispirata ai racconti di Margherita Oggero, scrittrice e insegnante torinese, apre i casting per attori e comparse a Torino. Sono aperti i casting per attori, attrici e comparse di “Provaci Ancora Prof! 7”, una delle fiction Rai più amate dal pubblico e che dalla quinta stagione è girata e ambientata proprio a Torino, dove si svolgono le vicende e le indagini della professoressa Camilla Baudino, interpretata da Veronica Pivetti, e del vice questore Gaetano Berardi, personaggio con il volto di Paolo Conticini.
Raccontare la pubblica amministrazione e i il suo valore per la collettività rappresenta un messaggio forte e di orientamento per i giovani, che spesso percepiscono scollamento e distacco. Nessun bambino da piccolo sogna di fare il “posto fisso”, nonostante autorevoli film lo segnalino. Il bambino vuole emulare esempi virtuosi, vuole far parte degli “eroi” che fanno parlare di sé nel mondo, perché fanno cose buone, salvano, migliorano, innovano. Sono tante e sempre di più. Attraversano generi e pubblici diversi. Costano molto ma rendono tanto.
La fiction italiana è tornata di gran moda: dall’autunno 2015 alla primavera del 2016 sono state trasmesse in prime time ben 22 serie televisive con un ascolto medio di circa 4 milioni e mezzo di share. Fuori dal computo, ovviamente, il successo dei «Medici» targato dal Lux Vide e «The Young Pope» di Sky. Ma al di là di queste ultime due produzioni internazionali il racconto italiano – come pure ha sottolineato recentemente il più importante giornale economico francese Les Echos – sta vivendo una grandissima stagione: in Italia, ma soprattutto anche all’estero. Del resto basta citare i grandi successi di Gomorra e The Young Pope per scommettere che anche la saga dei «Medici» della Lux venduta già in mezzo mondo farà altrettanto. Al di là dei numeri quello che maggiormente colpisce del racconto italiano è la capacità di attraversare pubblici e generi diversi e fasce di età disomogenee. Un prodotto, insomma, che unisce e che è trasversale su tutte le piattaforme televisive italiane: dalla generalista alla pay passando per il web. E così, se le donne che guardano «Che Dio ci aiuti» (sempre Lux Vide 32,8% di share) il 25,1% degli uomini segue Don Matteo mentre il 42,1% dei giovani di età compresa tra i 12 anni e i 17 guarda «Braccialetti rossi» che è anche la serie con l’età media più bassa, 49 anni. il vantaggio di investire in fiction è giustificato da un lato dalle aspettative di audience della prima visione e dall’altro dall’elevata replicabilità e sfruttamento del prodotto. Se a questo si aggiunge che il valore medio stimato di costo è di circa 620 mila euro l’ora, allora,si comprendo anche meglio l’attenzione che i grandi network televisivi riversano sul seriale.
E poi il valore sociale. Il cambiamento e l’innovazione partono dall’orientamento: investire sui giovani è saperli indirizzare, saperli valorizzare presentando loro tutte le opportunità possibili con tutte le chiavi di lettura e i linguaggi più persuasivi. E anche le fiction giocano un ruolo importante, di esempio, di incoraggiamento e di immagine, diventando, se ben orientate, diventare da stimolo per i giovani e per il loro futuro. Comunicare ciò che di buono c’è, aiuta a indirizzare il futuro.
*Professore Ordinario di Economia Aziendale e coordinatore del Corso di Dottorato in Business & Management
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