Tra le opere esposte in passato ad Artissima ci ha colpiti una in particolare denominata “Il macigno della crisi”, affiancata da un cartello che abbiamo denominato “L’arte della vendita e la vendita dell’Arte”. Vendere, si sa, non è mai stata una cosa semplice, neanche nei periodi in cui si acquistava di tutto; chi vendeva aveva vita facile perché, ad esempio, ai tempi della rivoluzione industriale, le aziende dovevano avere un prezzo contenuto e molta disponibilità di prodotto. La massima attenzione era rivolta alla produzione, non certo al consumatore. Il marketing era ancora sconosciuto, anzi, inconsapevolmente misconosciuto.
Per contenere il prezzo era necessario ridurre i costi aumentando la produzione ed eliminando tutte le variabili possibili.
Molti ricorderanno Henry FORD, fondatore della nota casa automobilistica americana, quando diceva: “Tutto ciò che non c’è non si rompe” oppure la ancor più chiara affermazione “Ogni cliente può ottenere un’auto colorata di qualunque colore desideri, purché sia nero”.
L’offerta era rigida e la domanda elastica. Il cliente doveva pagare e accontentarsi.
Solo dopo il 1929 s’iniziò a parlare di marketing, quando, cioè, il modello di mercato e la crisi economica avevano riempito i magazzini d’invenduti. Solo allora si cominciò a pensare al compratore in termini di Cliente per arrivare ai giorni nostri in cui la domanda è diventata rigida e l’offerta elastica (il più possibile…).
Questo cambiamento radicale ha stravolto anche il ruolo del Venditore e del Buyer al punto che in alcune aziende il fornitore è definito: “Partner esterno” perché il detto popolare “Chi compra bene vende meglio “ è una realtà quindi, meglio collaborare in una negoziazione win win che contrapporsi.Se saper comprare è necessario, saper vendere è fondamentale perché ancora oggi, in diverse piccole realtà, il fornitore rappresenta un vero e proprio fattore critico di successo.
Ma come si deve vendere quindi e come si deve comprare? Si narra di una trattativa, svolta in un’azienda torinese, andata pressappoco cosi: “Guardi dott. Verdi, disse il venditore dopo aver illustrato la propria offerta, proprio perché è lei e parliamo di quantità importanti, posso farle 50 euro cent a pezzo. La prego di considerare il prezzo non ripetibile e “riservato alla sua azienda”. Il buyer con molta calma disse: “Guardi, le offro 15 euro cent al pezzo ”.
Il venditore sconcertato rispose: “Ma scusi, come può farmi un’offerta simile, io ho detto 50 per accordarle lo sconto che sono certo, mi avrebbe chiesto di lì a poco. Non potrei mai scendere sotto i 40 euro cent”.Il Compratore sorridendo allora disse: ” Ha ragione dott. Rossi ma lei ha dimenticato che, circa sei mesi fa, eravamo entrambi al corso di negoziazione e le tecniche le conosco anch’io quindi, possiamo sederci uno accanto all’altro e trovare la soluzione adeguata.”
Poveri commerciali allora! Se chi compra conosce le tecniche vendere sarà difficilissimo! Niente di più falso. Confrontarsi con persone competenti facilita enormemente l’attività e, riducendo i tempi di trattativa, aumenta la redditività.
Un buyer che ha chiaro ciò di cui ha bisogno, conosce l’offerta del mercato ed è attento a mantenersi aggiornato ascoltando e chiedendo suggerimenti alle aziende, è il partner ideale per un venditore.
Il processo di acquisto e di vendita devono essere assolutamente speculari tra loro. Se il processo di acquisto “standard” è costituito dalle seguenti fasi:
- Percezione del bisogno
- Ricerca della soluzione
- Analisi e Valutazione delle soluzioni
- Presa della decisione
Il Processo di Vendita deve necessariamente prevedere queste fasi:
- Analisi dei bisogni
- Proposta delle soluzioni
- Superamento delle obiezioni
- Chiusura
Il vero problema purtroppo è che fra i tantissimi Compratori e Venditori professionisti ci sono alcuni che, pur avendo capacità straordinarie, sono “fuori ruolo”.
Pensiamo ad esempio a chi basa la scelta solo sul prezzo per dire” Ho fatto il 5% di saving” o a chi vende un prodotto inadeguato giusto per “fare l’ordine”.
Questi sono lavori non adatti a tutti. Ecco un paio di casi realmente accaduti sui quali riflettere.
Il primo riguarda una persona con esperienze da libero professionista incontrata prima delle vacanze estive. Diceva di sé: “ Amo parlare con la gente e risulto spesso simpatica. Chi mi conosce mi segue. Potrei vendere mia madre tanto sono convincente”. Dopo due mesi, alla domanda: “Allora come va? Come si trova nel mondo delle vendite?” rispondeva: ” Non credevo fosse così difficile. La gente si lamenta di tutto e non vuole spendere ….”.
Il secondo caso invece riguarda il consultant cinquantenne di un noto brand italiano che, in un momento di sfogo ci ha detto: ” Faccio questo lavoro da oltre 20 anni e forse, non era proprio quello che desideravo.
Ho sempre guadagnato bene e lavoro in ambiti molto qualificati oggi però, non riesco più a sopportare le lamentele della gente e fatico il doppio per mantenere elevati i miei guadagni ”.
Queste affermazioni fatte, in totale buona fede, ci riconfermano quanto già detto e cioè: La facilità nei rapporti e la buona “parlantina” non sono sufficienti, occorre molto di più.
Avere un mandato di vendita non significa essere un buon venditore, ci sono squadre di serie A e di serie B. La differenza non sta solo nella maglia ma, soprattutto nei giocatori.
Se qualcuno pensa di essere bravo solo perché opera per una grande azienda si sbaglia.
Abbiamo conosciuto venditori di brand importanti poco abili nella vendita perché non hanno mai “dovuto vendere”. Sono i loro clienti che hanno comprato grazie ad una sapiente campagna di comunicazione o a una brillante iniziativa di marketing. I vantaggi offerti dal grande marchio devono servire a ottenere performance superiori alla media. Limitarsi a ”fare il compitino” ci porterà sino a un certo punto poi, ci bloccheremo inevitabilmente. Meglio allora performare bene in una piccola azienda perché saremo destinati a crescere.
Il successo professionale però, in questo mestiere come in molti altri, richiede anche la capacità di gestire aspetti psicologici che spesso sono sottovalutati.
Un atteggiamento positivo ad esempio, è indispensabile e, quando le cose vanno bene, è semplice averlo. Riuscire a considerare i momenti di difficoltà come passeggeri e legati al momento lo è invece molto meno.
Dice il maestro ZEN: “Ogni cosa intorno a noi è in continuo cambiamento. Ogni giorno, il sole splende su un nuovo mondo. Ciò che chiamiamo routine è piena di nuovi propositi e opportunità. Ma noi non percepiamo che ogni giorno è differente dagli altri. Oggi, da qualche parte, un tesoro ti aspetta. Può essere un breve sorriso, può essere una grande vittoria , non importa”.
Oltre alla visione positiva è necessario resistere allo stress e per farlo dobbiamo avere quella che in psicologia, mutuando un termine che nella metallurgia indica la capacità di un materiale di reagire alle sollecitazioni, viene definita: Resilienza Psicologica.
Motivazione, convinzione, concentrazione e resilienza psicologica, cose che abbiamo dentro di noi ma che dobbiamo verificare e gestire quotidianamente.
Concludendo mi permetto di parafrasare Pietro Trabucchi che si occupa di resistenza nella prestazione sportiva ed è stato psicologo della squadra Italiana di sci di fondo alle Olimpiadi di Torino 2006.
Chi è motivato a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato riesce a vedere i problemi come opportunità e, contrariamente alla principessa della favola di Hans Christian Andersen, riesce a dormire anche con la noce di cocco sotto il materasso.
ANTONIO DE CAROLIS
(Presidente CDVM − Club Dirigenti Vendite e Marketing)
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