Nonostante i notevoli progressi avvenuti negli ultimi quarant’anni in favore
della tutela internazionale delle donne, tra i quali la Convenzione di Beijing
del 1979 (CEDAW) e la Convenzione di Instanbul del 2011, ancora oggi 1
donna su 3, nel mondo, risulta essere stata vittima di violenza
psicologica o sessuale, quasi sempre esercitata dal partner o dall’ex
Sabrina Allegra è una sociologa freelance specializzata in temi riguardanti il genere. Con il fotografo Stefano Di Marco ha realizzato un reportage (Empowering women through their job and passion) focalizzando l’attenzione sull’empowerment delle donne attraverso la loro professione. Il reportage comprende sei storie di donne corredate di foto, che pubblicheremo nei prossimi giorni, successivamente alla presentazione che segue
Nonostante i notevoli progressi avvenuti negli ultimi quarant’anni in favore
della tutela internazionale delle donne, tra i quali la Convenzione di Beijing
del 1979 (CEDAW) e la Convenzione di Instanbul del 2011, ancora oggi 1
donna su 3, nel mondo, risulta essere stata vittima di violenza
psicologica o sessuale, quasi sempre esercitata dal partner o dall’ex.
Vivere esperienze di violenza, comporta seri danni alla salute psico-fisica della
donna che la conduce in uno stato di depressione, isolamento sociale e di
povertà (Rapporto OMS 2002). Le conseguenze di questo fenomeno, diffuso
globalmente e trasversalmente in tutte le classi sociali, costituiscono un
elevato costo sociale ed economico per la società stessa, come sostiene il
Direttore della Banca Mondiale Ede Ijjasz-Vasquez in questa
testimonianza: “To End Poverty, Eliminate Gender-Based Violence”
Uno dei 17 obiettivi della nuova Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile,
approvata dall’Onu il 27 settembre 2015, rimanda alla preminente necessità di
eliminare ogni forma di disuguaglianza di genere promuovendo, al tempo
stesso, la legittimazione di tutte le donne e ragazze (Goal 5. Achieve gender
equality and empower all women and girls).
Parlare di sviluppo sostenibile implica agire su tre fronti interconnessi fra
loro, quello economico, ambientale e sociale, in una prospettiva che, per la
prima volta nella storia, è stata accolta a livello globale e vedrà, nei prossimi
14 anni, i 193 Stati membri dell’Onu impegnati a conseguire i risultati attesi.
Violenza domestica, povertà, barriere socio-culturali nell’accesso
all’istruzione, al lavoro e al credito, fame, malnutrizione, basse o
inesistenti condizioni igienico-sanitarie, sono solo alcuni tra i problemi
che affliggono le donne e le ragazze nel mondo.
Anche in ambito occupazionale il gap di genere nel mondo è ancora marcato:
solo la metà delle donne lavora, contro i 3/4 degli uomini. A parità di
competenze le donne guadagnano meno degli uomini, a livello globale circa
il 24% in meno, oltre che con minori garanzie contrattuali. Se si considerano
le ore investite nel lavoro di cura, in ambito domestico, le donne inserite nel
mercato del lavoro affrontano giornate lavorative ben più lunghe rispetto agli
uomini, senza tuttavia ricevere alcun riconoscimento economico.
Lo sviluppo sostenibile si realizza, dunque, attraverso il programma d’azione
dei singoli Stati membri, definito dall’Agenda 2030, nella direzione di una
progressiva riduzione delle condizioni di vulnerabilità delle donne e
delle ragazze, investendo in istruzione e campagne di sensibilizzazione,
e in secondo luogo nella promozione del loro empowerment economico.
Con il concetto di empowerment, letteralmente “dare o conferire potere a
qualcuno”, le donne diventano attori della nuova strategia globale
attraverso l’accesso ai servizi finanziari, le competenze in ITC
(Information and Communications Technology), l’acquisizione di diritti per
l’accesso a risorse naturali ed economiche e quelli riguardanti l’eredità.
L’indipendenza economica in ambito professionale e l’auto-realizzazione,
rappresentano, oltre all’istruzione, i principali strumenti in grado di limitare i
rischi per le donne di trovarsi in condizioni di abusi e discriminazioni, anche se
come sappiamo tali rischi pervadono tutte le classi sociali, donne in carriera
comprese.
Se investire in sé stesse e nel proprio progetto di vita diventa un atto
rivoluzionario in Paesi come l’India, in altri rimane pur sempre un atto
di coraggio.
INTRODUZIONE AL REPORTAGE
Un progetto a cura di Sabrina Allegra e Stefano Di Marco
Il Reportage Empowering women through their job and passion nasce
dalla volontà di dare voce a quelle donne che conducono, dirigono e gestiscono
la loro attività professionale in modo enstusiasmante e intraprendente.
Obiettivo ultimo del progetto è di infondere quello stesso coraggio, di cui le
donne intervistate si fanno portavoce, fra le altre donne, quelle che per molti e
diversi motivi non trovano la forza e le risorse per credere in se stesse.
Un messaggio, dunque, delle donne per le donne.
Ho scelto di raccontare, attraverso lo strumento dell’intervista discorsiva e
della fotografia, le storie di 6 donne libere professioniste, imprenditrici e
artigiane, indagando le dimensioni di genere nei loro percorsi professionali e
del self-empowerment, ovvero l’auto-realizzazione attraverso la propria
passione, professione e carriera.
“Le fil rouge” di queste 6 storie di vita è la determinazione e il coraggio
(elementi chiave che emergono dalle interviste) nell’aver creduto in se stesse e
nell’essersi messe in gioco realizzando, giorno dopo giorno, la propria
passione, nonostante le difficoltà e gli ostacoli incontrati.
Le donne intervistate rappresentano un campione eterogeneo per età,
provenienza e settore professionale. Le nostre strade si sono incrociate in
alcuni casi per un piacevole caso, in altri per una serie di coincidenze e in un
altro caso ancora è stata la vita a sceglierci come sorelle.
Grazia è artigiana tessile, Francesca è proprietaria e Chef del suo bistrot,
Emanuela è grafica e illustratrice, Paola è fotografa, Adriana è fotografa e
videografa, Elisa è artigiana ceramista.