Intervista di Alberto Vanelli
Noi torinesi abbiamo sempre paura di essere sul punto di precipitare a terra, svegliandoci da un sogno. E invece non è così. Torino si è ormai affermata come città d’arte e importante meta turistica. Probabilmente facciamo ancora un po’ di fatica a rendercene conto. Occorre però che la cultura, pur senza rinunciare agli aiuti dovuti, impari a diventare anche un business di tipo commerciale, dotandosi di strumenti che le consentano di sopravvivere in questo periodo di mancanza di risorse.
Maria Luisa Coppa è la presidente dell’Ascom, la più importante associazione di commercianti, esercenti e albergatori di Torino e del Piemonte. Presidente Coppa, l’inchiesta condotta recentemente dal Torinese mette in luce l’importanza del turismo e il suo ruolo nell’economia della città. Il New York Times, addirittura, indica Torino come uno dei luoghi da visitare nel 2016. Come la vedono i commercianti che lei rappresenta?
I commercianti partecipano a questo clima con entusiasmo. Dicembre è stato per il turismo un mese sorprendentemente positivo, contro le previsioni di chi riteneva che Torino non fosse propriamente una meta invernale. Al contrario, grazie ad alcune importanti mostre, all’Egizio, alle luci d’artista, le cose sono andate molto bene. Come accade ormai molto spesso. Noi torinesi abbiamo sempre paura che, una volta finita una stagione (il 2006 delle Olimpiadi, poi il 2011 dei 150 dell’Unità d’Italia), si sia destinati a precipitare a terra e a svegliarsi da un sogno. E invece non è così. Torino si è ormai affermata come città d’arte e importante meta turistica. Probabilmente facciamo ancora un po’ di fatica a rendercene conto.
In effetti, a guardare i flussi turistici di quindici anni fa, certi risultati possono sembrare incredibili.
L’Ascom, l’associazione dei Commercianti, ci ha sempre creduto. C’è stato un momento in cui, quando parlavamo delle potenzialità turistiche di Torino, ci ridevano dietro, ma ora i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La città è stata premiata nel suo insieme: come luogo di cultura, di storia e di bellezza, con il pregio della vicinanza alle montagne più belle e ai mari più belli; ma anche per la sua capacità di accogliere, e per essere stata capace di valorizzare il suo ruolo di città del food e dello shopping.
Che il turismo abbia favorito il commercio nelle aree centrali non può esservi dubbio. Ma cosa dicono i commercianti del resto della città?
Il centro è sicuramente l’area trainante. Devo dire, però, che anche nelle zone non centrali, soprattutto nei quartieri in cui si trova un’importante concentrazione di negozi, come a Santa Rita, gli acquisti natalizi hanno dato qualche segnale positivo. E anche i primi giorni di saldi, con un 5-10% di crescita, inducono a essere ottimisti. Certo, si tratta di dati parziali: non sappiamo come potrà andare nelle prossime settimane.
Come lei stessa ha sottolineato, la forza attrattiva di Torino deriva in gran parte da musei e mostre, e poi dagli eventi: culturali, musicali, sportivi, enogastronomici. Con vantaggi evidenti tanto per il settore alberghiero che per il commercio. È anche vero, però, che negli ultimi anni il comparto della cultura e degli eventi ha subito dei forti tagli, che potrebbero avere delle ripercussioni anche in altri settori dell’economia. Non vede la necessità di un coordinamento, non solo economico, ma anche operativo, tra il mondo del turismo, quello del commercio e quello della cultura?
Assolutamente sì. Come operatori del commercio, dobbiamo essere consapevoli che l’appeal di Torino e della Provincia è strettamente legato alla vivacità culturale della città. E dobbiamo diventare, sempre più, un soggetto attivo di questo processo. Quando sono diventata presidente dell’Ascom, uno dei primi progetti su cui ho lavorato è stato quello del commercio-turismo-cultura: tre settori che, per forza di cose, devono viaggiare in sintonia. Non a caso, come associazione, siamo soliti portare i nostri impenditori in visita ai luoghi culturali: all’Egizio rinnovato, alla mostra di Monet, a Venaria…
E qual è stato l’effetto di queste visite, al di là dell’esperienza personale dei singoli? Gli imprenditori del commercio sono consapevoli del contributo che la cultura offre al loro business?
Assolutamente sì. Credo, anzi, che si debbano aprire dei rapporti concreti di collaborazione. Penso in particolare a una raccolta di fondi (crowd funding) a favore di una o più importanti iniziative culturali, a cui i nostri imprenditori potrebbero offrire il loro aiuto. Certo, il sogno è sempre quello di trovare un mecenate alla Della Valle. Ma non sottovaluterei l’entità del contributo che migliaia di imprenditori potrebbero fornire unendo le forze. D’altra parte, sarebbe anche il caso che il mondo della cultura si togliesse di dosso un certo snobismo da primi della classe, e che cominciasse a interloquire con l’imprenditore, specialmente il piccolo, magari non così acculturato, ma spesso capace di vedere ciò che il fine intellettuale talvolta non indovina. Lei, come direttore della Reggia di Venaria, è stato tra i pochi esempi di operatori culturali che hanno avuto l’intelligenza e la capacità di unire alla cultura anche un business di tipo commerciale, senza considerarlo un fatto peccaminoso, ma, al contrario, facendone uno strumento per far vivere la cultura in un periodo di mancanza di risorse.
Facendo la nostra indagine, abbiamo avuto conferma della diffusione di un fenomeno come Air B&B, il portale che consente di prenotare stanze e alloggi privati come se si trattasse di residence e alberghi. Qual è il suo giudizio in proposito?
In generale, penso che non si debbano mettere le sbarre contro niente e contro nessuno: il mondo si evolve, siamo nell’era di internet ed è naturale che l’economia digitale abbia guadagnato un ruolo di primo piano anche nel turismo. Il problema è un altro. Gli operatori dell’economia reale, che io rappresento, sono sommersi da regole, obblighi, vincoli e quindi anche da costi molto elevati. Non si può pensare che da una parte ci sia un’economia reale soggiogata, e dall’altra un’economia digitale completamente libera di by passare le regole. Non mi riferisco soltanto a AirB&B, naturalmente, ma anche a Huber, che fa concorrenza sleale ai tassisti, oppure ai siti che offrono la possibilità di prenotare la cena in case private, mettendo in difficoltà i ristoranti che devono disporre di certificazioni di ogni tipo, di personale in regola, registratore di cassa e via dicendo. Ben venga l’innovazione, insomma, ma tutti devono essere sottoposti alle stesse regole. Non è possibile consentire che si viaggi su binari diversi.
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(Foto: www.confcommercio.it)
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