Di e con Marco Gobetti L’incredibile storia di un uomo dell’Ottocento che si trasforma in un uccellino, per diventare un uomo del Novecento e oltre. La violenza usata con disinvoltura dai poteri forti dello Stato – quegli stessi che dovrebbero essere garanti di giustizia – segna il processo che porta all’unificazione formale dell’Italia, dando luogo a una inquietante deriva verso un sistema viziato e pericoloso: un’oligarchia che, sotto la maschera di un’apparente legalità, infetta tuttora i poteri dello Stato e agisce manipolando il diritto, per perseguire interessi di parte e per ridurre intere masse di cittadini all’ignavia culturale e politica.
LA STORIA
Uno strano personaggio evoca una vicenda che, correndo sul filo di tre attimi e tre vite, unisce indissolubilmente il XIX secolo e l’evento dell’Unità d’Italia, all’Italia del XX secolo e oltre.
Giovanni Corrao, saldatore di scafi al porto di Palermo, organizza una cospirazione dopo l’altra contro i Borboni. Dopo essere stato in prigione ed in esilio, nel 1858 stringe un forte rapporto di corrispondenza con Rosolino Pilo, assieme al quale prepara una spedizione in Sicilia. Nell’aprile del 1860 i due sono a Palermo, dove organizzano gruppi di volontari: promettono ai contadini la proprietà delle terre che lavorano, libertà e giustizia, se combatteranno al fianco di Giuseppe Garibaldi, che sta per sbarcare a Marsala. Rosolino Pilo muore in battaglia e Giovanni Corrao combatte valorosamente per tutta la campagna dei Mille, tanto da essere nominato generale dallo stesso Garibaldi. Dopo l’Unità d’Italia assume il grado di colonnello dell’esercito Regio, dal quale si dimette poco tempo dopo, in polemica con la politica adottata dai Piemontesi in Sicilia. Nel 1862 partecipa alla spedizione per liberare Roma, conclusasi sul nascere con la battaglia dell’Aspromonte e l’arresto di Garibaldi.
Si rifugia allora vicino a Palermo, rimanendo il punto di riferimento per tutti i siciliani che rivendicano lo stato di diritto. Il 3 agosto 1863, mentre ritorna in calesse nel suo agrumeto, viene assassinato con tre colpi di lupara nel petto: le cronache dell’epoca descrivono gli assassini come due sicari travestiti da carabinieri. Negli atti di indagine è usato per la prima volta nella storia del Regno d’Italia il termine mafia. Il delitto rimane impunito e gli atti di indagine, fatti ricercare dieci anni dopo la sua morte da un senatore del Regno d’Italia che intende fare luce sull’omicidio, risultano scomparsi. Verosimilmente, è il primo delitto commissionato alla mafia da parti deviate dello Stato. Su un prato verdissimo, sotto un cielo meraviglioso, fra un’infinità di salme, giace quella di Giovanni Corrao.
La stranezza del personaggio che evoca questa vicenda, deriva innanzitutto dal fatto che conosce storie di ogni tempo.
Quel prato verdissimo è simile a quello che Er, soldato dell’antica Grecia, ebbe la fortuna di vedere e – ritornato in vita – di descrivere, come racconta Platone nel finale della sua “Repubblica”: su quel prato, davanti ad ogni salma, tre Moire tirano a sorte dei numeri. Via via, la salma che ottiene il numero più alto, ha diritto di scegliere in quale corpo del futuro trasferirsi: di fronte, dove quel prato incontra il cielo, perfettamente allineati all’orizzonte, i corpi del futuro, corpi di uomini e donne e animali di ogni genere. Certamente i primi estratti hanno un’amplissima scelta: è però anche vero che qualcuno, proprio nella foga di scegliere il meglio, deciderà magari di incarnarsi in un tiranno, che avrà sì molto potere e tante ricchezze, ma probabilmente morirà sgozzato.
Diversa la sorte degli ultimi estratti, fra i quali Giovanni Corrao, che, terzultima salma a dovere scegliere, si trova di fronte là all’orizzonte solo più tre esseri viventi del futuro: due barboni e un uccellino. Ragione vorrebbe che un uomo scegliesse sempre di rimanere un uomo, se messo di fronte alla possibilità di scegliere fra un uomo e un animale: foss’anche il più reietto degli uomini colui nel quale si deve trasformare. Ma Corrao non ha dubbi: in un attimo lunghissimo ripercorre la sua vita, le battaglie, i discorsi infuocati di speranza alla sua gente, la criniera del cavallo che gli ondeggia davanti agli occhi e la polvere alta alle spalle e il cigolare del calesse e gli aranci e i limoni a destra e a sinistra e le due divise che sbarrano la strada all’improvviso e la criniera del cavallo lanciata verso l’alto da un nitrito e i colpi di lupara e il buio e poi il cielo, all’improvviso solo cielo. E fra quei due uomini e il passerotto, sceglie la pace e la serenità, sceglie di diventare il passerotto.
Il passerotto vive poco tempo, perché un giorno d’estate tornando nel nido, è ucciso con un colpo di fucile nel petto. Anche lui finisce nel prato verdissimo: tre Moire tirano i numeri; davanti a lui, dove quel prato incontra il cielo, perfettamente allineati all’orizzonte, i corpi del futuro, corpi di uomini e donne e animali di ogni genere. Lui è il penultimo estratto, ha due possibilità di scelta: davanti, sulla linea dell’orizzonte, un cacciatore e un giudice. Il passerotto in un attimo lunghissimo ripercorre la sua vita, l’abbandonarsi coraggioso al vento, il cinguettare festoso fra le fronde, il nido sempre più vicino di ritorno da un campo di grano e il tramonto del sole alle sue spalle e poi il colpo di fucile, l’esplosione dentro di sé e il buio e poi negli occhi terra, all’improvviso solo terra. E non ha dubbi: fra l’assassino e l’uomo di legge, fra il cacciatore e il magistrato, sceglie di diventare il magistrato. Il nome di quel magistrato è Giovanni Falcone.
Lo strano personaggio che evoca questa vicenda, conosce sì storie di ogni tempo: ma anche quelle non ancora accadute. Si lancia con forza a evocare la vita di Giovanni Falcone, tutta quanta, fino a un viaggio in macchina e a un’esplosione, poco prima di una galleria. Vuole assolutamente arrivare a ciò che di questa infinita vicenda non è ancora accaduto: ciò che può accadere solo se si viene a sapere.
Giovanni Falcone è ora nel prato verdissimo di Er: tre Moire tirano i numeri; davanti a lui, dove quel prato incontra il cielo, perfettamente allineati all’orizzonte, i corpi del futuro, corpi di uomini e donne e animali di ogni genere. Lui è l’ultimo estratto, ha un’unica possibilità di scelta: davanti, sulla linea dell’orizzonte, chi gli rimane da scegliere? Chi c’è, là dove quel prato incontra il cielo?Lo strano personaggio finirà per rispondere alla domanda, anche a costo di svelare il segreto della sua identità: evocare l’incredibile vicenda di un uomo dell’800 che grazie a un passerotto diventa un uomo del 900 e oltre, era davvero l’unico mezzo che aveva per farlo.
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