Attenti ai laudatori

DUOMO SINDONE

papa 333papa reale3Effetti perversi degli innesti peronisti sull’enciclica: perchè la “Laudato si” è stata (prevedibilmente) strumentalizzata da Stranamore ecologisti, abortisti e teologi della liberazione

 

Curioso: pare che nelle Sacre Stanze ci si lamenti che la Laudato si sia stata “superficialmente male interpretata”, secondo quanto riferiscono, concordi, vaticanisti autorevoli: per dire, Repubblica titolava trionfante: “Il Papa: decrescita o catastrofe”. Ma non era proprio la cifra del pontificato di Francesco, questo rapporto stretto e spericolato con l’universo di quei media, che fino all’abdicazione di Benedetto XVI formavano il comitato di salute pubblica impegnato a perseguire l’intera Chiesa cattolica come associazione a delinquere? Non aveva forse questo Papa trasformato i media laicisti ostili in curiosi e benevoli interlocutori, attenti a captare ed enfatizzare ogni segnale di rinnovamento?

 

E allora, c’è da stupirsi dello stupore, perché dal punto di vista della comunicazione – non della dottrina – la Laudato si rappresenta un passo ulteriore in questo processo. Intendiamoci: l’enciclica non contiene, in sé, nessun messaggio particolarmente rivoluzionario; è una riaffermazione della dottrina della Chiesa, radicata nelle Scritture, sulla responsabilità dell’Uomo verso il Creato. Smentisce il falso mito del sovrappopolamento, difende il valore della vita umana e la famiglia di diritto naturale, contesta il pensiero ecologista che vuole difendere ogni forma di vita salvo quella umana. Ma proprio perché Francesco conosce e utilizza le dinamiche dei media contemporanei, è difficile credere che non abbia calcolato questi effetti, a maggior ragione chiamando a lavorare al documento una galleria di personaggi improbabili, e intervenendo  su temi specifici e controversi, come il riscaldamento globale, le emissioni, persino il ciclo dei rifiuti.  I primi a mettersi in allarme sono stati i vescovi e i Cattolici americani, che presidiano uno dei fronti più caldi nella battaglia contro un secolarismo particolarmente truce e intollerante. La fondazione Acton Institute, ad esempio, insieme a 90 studiosi firmatari di una lettere al Pontefice, chiede al Papa di non farsi fuorviare da letture parziali e tendenziose.

 

Sono stati delicati, perché a lavorare sull’enciclica “verde”, Francesco ha ripescato Leonardo Boff, ex-francescano, esponente di quella teologia della liberazione duramente combattuta da Ratzinger e Wojtyla (che ne dispose l’allontanamento dall’Ordine), il quale Boff si è preso una bella rivincita morale sugli ultimi due Papi, facendo sapere a mezzo mondo dei ringraziamenti dal Vaticano per il suo contributo; è stato chiamato Jeffrey Sachs, guru mondiale neomalthusiano e promotore dell’aborto come misura strutturale di sostenibilità ambientale (vedasi il suo: Common Wealth: Economics for a Crowded Planet).  Ma la scelta più clamorosa è quella di John Schellnhuber, nominato membro della Pontificia Accademia delle Scienze con tempi e metodi che ricordano da vicino quelli con cui Napolitano nominò Mario Monti senatore a vita: alla conferenza sul clima di Copenhaghen del 2009, si intestò una affermazione curiosa, almeno per uno scienziato che si dica cattolico: “il riscaldamento globale (…) è un trionfo per la scienza, perché almeno abbiamo potuto stabilire qualcosa, ovvero che le stime affinché il pianeta si possa mantenere in equilibrio richiedono una popolazione inferiore al miliardo di persone”. E gli altri cinque virgola qualcosa? Insomma, ora anche il Vaticano ha il suo dottor Stranamore.

 

Ma possiamo davvero accettare con onestà intellettuale la tesi secondo cui Papa Francesco sia semplicemente “mal consigliato”, un debole e influenzabile Re Travicello? È così difficile accettare la spiegazione più semplice, ovvero che il dogma dell’infallibilità del Papa riguarda sì “l’intero deposito della rivelazione divina” (Catechismo della Chiesa cattolica, 891), ma che l’uomo Jorge Bergoglio resta – grazie a Dio – libero di sbagliare in materia di teorie economiche e persino di indulgere a illiberali suggestioni di equità sociale imposta dall’alto, tra le quali è nato e si è formato?

 

È sufficiente una modesta familiarità con la storia dell’Argentina per distinguere nell’enciclica la voce non del capo della Chiesa universale di Cristo, quanto quella del vescovo di Buenos Aires e del pastore delle villas miserias: c’è tutta la sofferenza di un sacerdote che si è formato in un Paese tormentato e in un’epoca di violenza e guerra civile, di impoverimento generalizzato, epoca in cui settori del basso clero esprimevano il loro apostolato fondando movimenti di “Sacerdoti per il Terzo Mondo” (e alcuni sostenendo i terroristi Montoneros, come se in Italia certi parroci fossero finiti a fare i cappellani delle BR. Insomma, è difficile scartare la lettura, ormai ampiamente circolante in ambienti cattolici sulle due sponde dell’Atlantico, che Francesco viva con la testa in Argentina e con il cuore saldamente impiantato in Sudamerica, dove effettivamente il capitalismo predatorio, l’industria che sfrutta irresponsabilmente le risorse naturali, l’impermeabilità del clero ai cambiamenti sociali (ovvero, la propensione a cedere a suggestioni marxiste-bolivariane) sono stati responsabili di degrado ambientale, materiale e morale. Che ha colpito innanzitutto quella classe media, unico potente agente di sviluppo equilibrato, ma che agli occhi di certo clero porta comunque la colpa collettiva di essere”borghesia”, perdipiù storicamente influenzata dalla Massoneria.

 

Lungo le 180 pagine, il pastore delle villas miserias risalta nella demonizzazione del sistema di libero mercato individuato come responsabile dei problemi ambientali, nel modo di trattare i temi dello sfruttamento delle risorse e dell’uomo, nell’adesione incondizionata alla tesi antropogenica del cambiamento climatico anche oltre le posizioni del panel dell’Onu;  nell’invettiva contro le banche, contro le città inondate di acciaio, vetro e cemento, contro il “consumismo” e “la cultura usa-e-getta”. Ma si sente soprattutto nell’avversione alle dinamiche sociali del libero mercato, quando siano sottratte a una occhiuta regía superiore, sia essa una futuribile tecnocrazia ecologista con sovranità globale, o l’antico regime social-nazionalista di Perón, uno spettro di cui gli Argentini sono tuttora prigionieri. In effetti, alcuni passaggi dell’enciclica potrebbero essere letteralmente trasposti dai messaggi video che Juan Domingo Perón diffondeva dal suo esilio di Madrid ( oggi tutti disponibili su web), teorizzando una Terza Via, opposta al marxismo e al capitalismo, che avrebbe garantito “più equità sociale a prezzo di un modesto rallentamento del progresso scientifico e tecnologico dei sistemi produttivi”, un “equilibrio nella gestione delle risorse, che sono finite” e uno sviluppo dell’essere umano “in linea con la natura che lo circonda”.

 

La Terza Via, cosmologia del peronismo, non è mai stata calata nella realtà in modo duraturo: nel nostro mondo sublunare, i Paesi in cui certe suggestioni vengono messe in pratica, come il Venezuela di Chávez e Maduro – punto di riferimento di un vasto movimento globale che comprende tanto gli Spagnoli di Podemos quanto la presidente peronista argentina Cristina Fernández  de Kirchner – finiscono per aumentare la povertà, diffondere la dipendenza e il clientelismo, comprimere le libertà individuali, civili, religiose ed economiche.  Un’occasione sprecata: un’enciclica di taglio più prudente e rispettoso delle discussioni, già mature, in ambito internazionale, avrebbe forse aiutato a raggiungere prima soluzioni condivise a problemi che nessuno nega:  gli effetti disumanizzanti della finanziarizzazione dell’economia globale, l’aggancio dell’economia ai fondamentali della produzione, la necessità di sostenere una popolazione in crescita e in graduale uscita dalla povertà con gli strumenti dell’economia sociale di mercato e del controllo sociale esercitato dai consumatori in una moderna società capitalista. Altro che decrescita.

 

Col tempo, le polemiche sulla Laudato si si sedimenteranno, e con esse si calmerà il trionfalismo gongolante dei media imbevuti di superficiale ecologismo, megafoni della teoria irriducibilmente anticristiana secondo cui l’uomo è soltanto una forma di vita tra le altre, irrimediabilmente incline al tradimento della legge di armonia con la natura che presiede il regno animale. Ma il danno sarà in profondità e a lungo termine, soprattutto per quel mondo cattolico-liberale che si sforza di promuovere un modello di pensiero fondato sullo sviluppo sostenibile, in sintonia col principio di custodia del Creato, come via storicamente più efficace per combattere povertà e degrado.

 

(Foto: il Torinese)

EffeVi

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