Com'è cambiato il mese di agosto a Torino

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porta palazzo66PORTA PALAZZO2STORIE DI CITTA’ /

di Patrizio Tosetto

 

Cazzate il parallelo tra la nostra emigrazione e la loro. Se non altro perchè i nostri emigranti trovavano lavoro. Loro rischiano di trovare solo assistenza.Decido di gustare un gelato in Barriera di Milano, ore 22. Sono tutti di “loro”. Ci si rallegra nel vedere le famiglie. Siano esse magrebine, o dei paesi dell’Est. Questa si chiama integrazione. Ci si spaventa quando gruppi di giovani di colore hanno l’aria di spacciatori che aspettano l’inevitabile cliente, probabilmente italianissimo

 

Che direbbe Giovanni Arpino di questo Agosto Torinese? Come la Fiat e la famiglia Agnelli sono un’altra cosa, anche le quattro settimane del mese sono un’altra cosa. Torino è un’altra cosa. Bello vedere i turisti accaldati che “battono” il centro, rapiti da bellezze architettoniche. Bello constatare la pacifica invasione dei giovani salesiani. Direi, nonostante la calura, freschi. Portano una ventata di freschezza. Viene subito naturale il confronto con chi, in discoteca mette a rischio la propria vita, con i genitori pronti a dire che le eventuali colpe non sono loro. Sicuramente dello Stato. Come i gestori di discoteca che sostengono che le colpe sono, appunto, di altri. Bello vedere e sentire i giovani che in nome del Santo cercano d’essere. Solo di essere. Ricercando la propria essenza nel gruppo e nella fede. La città gli accoglie e  il loro vociare si stempera nel traffico che ancora c’è. Caro Giovanni, Agosto a Torino è cambiato. Ma non solo in centro.

 

Rientro e verso le 21 sono dalle parti di Settimo. A piedi in autostrada, con zigzaganti biciclette, ragazzi di colore hanno invaso, pacificamente, la zona. Hanno età compresa tra i 16 e 25 anni. Viene subito il pensiero al centro d’accoglienza. Secondo pensiero: organizzazione! Sicuramente punto dolente per noi italiani. Non abbiamo soldi e capacità di ospitarli. Dobbiamo porci il problema di cosa fargli fare. Combattere l’inevitabile inedia. Cazzate il parallelo tra la nostra emigrazione e la loro. Se non altro perchè i nostri emigranti trovavano lavoro. Loro rischiano di trovare solo assistenza.

 

Decido di gustare un gelato in Barriera di Milano, ore 22. Sono tutti di “loro”. Ci si rallegra nel vedere le famiglie. Siano esse magrebine, o dei paesi dell’Est. Questa si chiama integrazione. Ci si spaventa quando gruppi di giovani di colore hanno l’aria di spacciatori che aspettano l’inevitabile cliente, probabilmente italianissimo. In via Crescentino, sola, una donna di colore mi fa segno di fermarmi. Cosa che non faccio.Negozi e Kebab aperti. Sicuramente da orientali e magrebini. Corso Giulio Cesare: finalmente una famiglia italiana. Inequivocabilmente. Ma s’infila velocemente in auto salutando il nonno. Caro Giovanni Arpino anche in questo pezzo di città le cose sono cambiate. Ma non in meglio. Ci pare.

 

Sui muri le scritte degli anarchici sicuri d’aver trovato in questo variegato sottoproletariato un nuovo soggetto rivoluzionario.Come i polli di Renzo Tramaglino , i politici in televisione bisticciano. Tra la fastidiosa Santanchè, e l’evanescente e inconcludente presidente della Camera. Tanto, anche per loro la colpa è dell’altro. A noi non rimane che la scelta di tornare a casa. Il gelato era buono.  

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